Vino adulterato, salernitano nei guai - Le Cronache
Salerno

Vino adulterato, salernitano nei guai

Vino adulterato, salernitano nei guai

Anche un salernitano tra le persone finite nei guai con l’accusa di adulterare il vino con zucchero serbo e sloveno. Ieri mattina a Vincenzo Bevilacqua, 39 anni di Capaccio è stato notificato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Nove le misure cautelari eseguite di cui 4 ai domiciliari e 5 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria sono stati notificati ad altrettanti soggetti, al termine di una complessa attività investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Caserta, unitamente agli ispettori dell’Icqrf (Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari) del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Eseguito anche un decreto di sequestro preventivo di beni immobili, rapporti finanziari e partecipazioni societarie per oltre 12 milioni di euro. Secondo l’accusa i soggetti destinatari dell’ordinanza avrebbero costituito e fatto parte di un’associazione per delinquere, con base operativa in provincia di Napoli, attiva nella commissione di plurimi reati tributari nonché nell’immissione illecita sul mercato nazionale di partite di zucchero, soprattutto di origine serba e slovena, commercializzate da una società con sede a Sant’Antimo (Na) e luogo di esercizio a Carinaro, che le vendeva “in nero” a numerosi operatori nazionali del settore vitivinicolo per la sofisticazione dei loro prodotti. L’articolata attività di indagine è stata svolta attraverso l’incrocio dei dati risultanti dalle intercettazioni telefoniche, dalle registrazioni video, dall’attività di osservazione, controllo e pedinamento e dalla comparazione di tali evidenze con le annotazioni ufficiali sul registro telematico di carico e scarico delle sostanze zuccherine presente sulla piattaforma Sian (Sistema Informativo Agricolo Nazionale). L’elaborazione di tutte le evidenze investigative ha portato alla luce l’esistenza di una ramificata compagine criminale, con proiezione transnazionale, che ha operato fraudolentemente nel mercato vitivinicolo avvalendosi di una fitta rete di persone e imprese compiacenti dislocate, tra l’altro, in Campania, Puglia, Sicilia e Veneto. Sono 36 le persone indagate, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere, frode nell’esercizio del commercio, vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, falsità in registri e notificazioni, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione fiscale, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed autoriciclaggio. In particolare, l’associazione per delinquere si approvvigionava di masse di saccarosio di provenienza estera (Croazia, Isole Mauritius, Serbia e Slovenia) che venivano veicolate alla società con sede a Sant’Antimo (Na) attraverso l’interposizione fittizia di imprese “cartiere” nazionali, cioè formalmente attive ma di fatto non operative, risultate essere anche inadempienti agli obblighi fiscali. Quindi, attraverso tale complesso sistema di frode, la compagine criminale riusciva a commercializzare zucchero in evasione di imposta e a prezzi estremamente competitivi a compiacenti imprenditori vitivinicoli. In tal modo, questi ultimi compravano “in nero” partite di saccarosio che non avrebbero potuto, invece, acquistare atteso che la normativa nazionale e comunitaria non consente loro la detenzione di sostanze zuccherine e, ancor più, il loro impiego nei rispettivi opifici. In spregio alle regole, invece, tali imprenditori utilizzavano lo zucchero così acquistato (perpetrando il cosiddetto “autoriciclaggio merceologico”) per la sofisticazione del vino, attraverso l’incremento della gradazione alcolometrica, nonché per la produzione di mosti, mosti concentrati e zuccheri liquidi d’uva, successivamente oggetto di vendita ad ignari acquirenti. Oltre alle misure cautelari personali è in atto il sequestro per oltre 12 milioni di euro, anche per importo equivalente al profitto dei reati tributari, di autoriciclaggio e di vendita di sostanze alimentari come genuine contestati agli indagati. Si è anche fatto ricorso all’istituto della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche che consente – sussistendo determinati presupposti (nel caso di specie, la contestazione di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine) – di aggredire il patrimonio delle società che hanno tratto vantaggio dalla commissione delle fattispecie criminose da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione all’interno delle stesse.