Il rettore Aurelio Tommasetti lo ha detto apertamente commentando la classifica stilata dal Sole 24 ore sui migliori atenei della Penisola: il proverbiale Tallone d’Achille della nostra facoltà è la didattica. A pesare come macigni sull’offertta allo studente, sempre per il quotidiano economico nazionale, sarebbero a salerno la scarsa integrazione tra realtà universitaria e mondo del lavoro o di “aprirsi” verso l’estero, attraverso esperienze internazionali, che non si ffermino agli scambi interculturali “Erasmus”. Questi sono considerati elementi fiondamentali, le armi vincenti, per preparare i giovani alle esperienze lavorative. Altro parametro che va a pesare sul giudizio finale è il rapporto tra iscritti ritenuti idonei per il conferimento di una borsa di studio e quanti, realmente la ottengono. La responsabilità della mancata copertura totale, e quindi della presenza di studenti a cui viene negato un diritto certificato, è in genere delle Regioni, ma il dato è di sicuro interesse per le famiglie. Molto importante, poi, il giudizio dei laureandi sul corso che stanno completando. Secondo la riforma, anche i parametri ministeriali sui “premi” agli atenei avrebbero dovuto considerare questo dato, ma nei fatti è sempre stato trascurato: dopo qualche anno di “deroghe”, il parametro ha finito addirittura per scomparire in silenzio dai decreti con l’assegnazione dei fondi”. ma mettendo da parte i freddi numeri e paramentri di giudizio, quanto pesa il fattore umano sulle falle rilevate dallo stesso rettore della didattica dell’Università degli Studi di Salerno? Ci ha aiutato a fare un’analisi concreta il professore Michele Ingenito, docente di Lingua Inglese presso la Facoltà di Giurisprudenza, che ha spiegato a cosa sono da imputare le “inadeguatezze didattiche” «Non c’è un numero adeguato di professori – spiega il professor Ingenito – in rapporto al numero di studenti, quindi, per questo, l’offerta didattica risulta inadeguata. Questo va anche imputato ai ricercatori che non svolgono più il ruolo di professori -supplenti in quanto tenuti a svolgere didattica, si sono rifiutati per legittime rivendicazioni professionali. L’insieme di questi fattori provocano un calo del monte ore – lezione e un conseguente calo dell’offerta didattica. Per effetto domino, venendo meno i ricercatori, tutto il peso della formazione ricade sui professori di ruolo che sono costretti a farsi carico didattico superiore alle loro effettive possibilità». «Importante da sottolineare come- ribadisce il professore Ingenito – è che lo Stato investe molti soldi per i giovani, ricerche scientifiche, dottorati di ricerca, ma per i giovani molto validi e con potenzialità non sussiste uno sbocco naturale per mancanza di fondi che facciano trovare “spazi” ai giovani fuori dagli Atenei». Mariangela Molinari
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