Teatri in Blu: Omaggio a Piero Ciampi - Le Cronache
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Teatri in Blu: Omaggio a Piero Ciampi

Teatri in Blu: Omaggio a Piero Ciampi

Oggi alle ore 21, al via in piazzetta Grotta la quarta edizione della rassegna di teatro e musica ideata da Vincenzo Albano per il borgo marinaro di Cetara, con “E bastava un’inutile carezza a capovolgere il mondo” di Atir Teatro Ringhiera

Di OLGA CHIEFFI

Stasera alle ore 21, al via in piazzetta Grotta la quarta edizione di Teatri in Blu, rassegna di teatro e musica ideata da Vincenzo Albano per il borgo marinaro di Cetara. Ad inaugurare il cartellone, sarà “E bastava un’inutile carezza a capovolgere il mondo” di Atir Teatro Ringhiera vede in scena Arianna Scommegna, attrice premio Ubu 2014, e alla fisarmonica Giulia Bertasi, che firma anche arrangiamento e drammaturgia della pièce. Lo spettacolo diretto da Massimo Luconi, in prima in Campania, è un viaggio nell’universo poetico di Piero Ciampi, artista incompreso che reinventerà la nostra musica d’autore. E’ questo uno spettacolo che il lockdown totale ha fatto saltare dalla stagione Mutaverso di Erre Teatro, un cartellone che prevedeva ben 22 appuntamenti tra cui questo previsto al Teatro Ghirelli di Salerno il 20 maggio. Vincenzo Albano ha pensato bene di offrire la possibilità al Teatro di Ringhiera di esibirsi e recuperare l’applauso del pubblico al duo femminile. A Piero Ciampi la musica italiana non ha fatto in tempo a regalare lo stesso riscatto da vivo: il cantautore livornese è morto il 19 gennaio del 1980, quarant’anni fa, appena 46enne. Ancora dimenticato, ancora in guerra col Paese, ancora orgogliosamente per conto proprio. Solo poi – come da copione, insomma – sarebbe arrivata la fatidica riscoperta. E il parallelo con Hank (o coi poeti maledetti dell’Ottocento, volendo) non è assurdo: anche lui era un maudit, un alcolizzato che sputava su ogni possibilità di successo; poeta e cantante (nel senso: era entrambe le cose insieme), vagabondo con una sensibilità fuori dal comune, reietto tanto della società quanto dello spettacolo. E anche lui, dopo una carriera da cane sciolto, fatta di mitologia da live ubriachi finiti a scazzottate e litigate, è stato rivalutato ai limiti dell’idolatria, nell’ottica di come l’eccesso ne abbia segnato l’arte, così intima e inimitabile. Oggi, per dire, c’è un premio a lui dedicato (il Ciampi, appunto), e anche a Cetara verrà ricordato con questo spettacolo, a 40 anni dalla scomparsa, con le sue canzoni che puzzano di whisky continuano a essere adorate, citate, spiegate, reinterpretate. Roba impensabile rispetto a ciò che ha rappresentato da vivo: un poeta di strada, incazzato e malinconico, avulso dagli applausi e dai salotti, il randagio della bohème intravista nella Parigi di fine anni ‘50 (dove lo chiamano Piero “Litaliano”) e vissuta dal porto di Livorno che l’ha cresciuto alla Milano delle case discografiche. Fra i pionieri del nostro cantautorato all’inizio dei ’60, Ciampi è stato il più ‘francese’ della schiera, e su canzoni sgangherate versava testi a mo’ di spoken e recital, collimanti con le poesie che leggeva in giro, piene – come i pezzi che scriveva, e come la sua vita – di donne impossibili, romanticismo, emarginazione, periferie, il vino, fame. Cronache sincere di un’esistenza di eccessi, con tutte le conseguenze negative che poteva comportare. Non c’è trucco, non c’è inganno: era davvero la scheggia impazzita della scena, l’osceno, e i suoi pezzi ne rappresentavano lo specchio perfetto. Testi tipo il vaffanculo di Adius o la grottesca dichiarazione d’intenti di Te lo faccio vedere chi sono io restano, sì, oasi popolate da goliardia, arroganza e scorze di malinconia e romanticismo, ma prendono quota soprattutto in relazione ai suoi stessi trascorsi. Un po’ come le altre opere di Ciampi, del resto, in cui i difetti (le cadute di stile, gli arrangiamenti mai davvero curati, i testi non sempre ispirati) e i pregi compongono un unico pacchetto, sensibile e violento. Spigoloso, certo, ma comunque originalissimo. Insomma, Ciampi non è – e forse non è mai voluto essere – al livello dei giganti del cantautorato italiano, ma è forse l’artista più sincero e selvaggio che abbiamo avuto.