Spirito allegro, spirito inglese - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Spirito allegro, spirito inglese

Spirito allegro, spirito inglese

 

Trionfa al teatro Verdi di Salerno, la commedia più amata di Noel Coward, interpretata nella sua essenza originaria da Leo Gullotta, per la regia di Fabio Grossi. Ultima replica stasera alle ore 18,30

Di OLGA CHIEFFI

 Coward fu l’interprete dello spirito dell’Inghilterra del suo tempo (o, almeno, di una certa Inghilterra), anche rispetto al modo di reagire alle circostanze più drammatiche della sua storia recente. In cinque giorni, nel 1941, sotto i bombardamenti che martoriavano Londra, Coward scrisse Blithe Spirit “Spirito Allegro”, una commedia che lasciava parties e salotti per la tranquilla casa di uno scrittore abitata dal fantasma della prima moglie, a cui, poi, si aggiungeva il fantasma della seconda, morta per sbaglio al posto del marito. Oggi, 74 anni dopo la prima, in momenti disperati per la nostra Europa e il mondo intero, il teatro Verdi, fino a questa sera, ospita “Spirito Allegro”, splendidamente recitato da Leo Gullotta, con a fianco Madame Arcati, interpretata da Betti Pedrazzi e ancora, la cameriera Edith, Rita Abela, le due mogli Federica Bern e Valentina Gristina, e i coniugi Bradman, Chiara Cavalieri e Sergio Mascherpa, diretti in una regia dal sapore storico-filologico, ma con effetti video modernissimi, da Fabio Grossi. Un classico paesino della campagna inglese, una casa, una coppia di coniugi affiatati, una serata dagli eventi imprevedibili. Un gioco, le cui regole sono dettate da fili nascosti in luoghi impensabili. Charles Condomine (Leo Gullotta) è uno scrittore dal carattere brillante che ha trovato nella seconda moglie una compagna ideale, solida e colta. Donna energica e pragmatica, Ruth Condomine è una perfetta padrona di casa, che ordina e organizza attraverso il lavoro della timida, volenterosa e catastrofica cameriera Edith. A far da contraltare i coniugi Bradman, il dottor George e la moglie Violetta, specchio dell’universo esterno medio e mediocre in cui si svolge la storia. Una storia assurda, bizzarra che comincia quando Charles decide di organizzare una seduta spiritica, in casa sua, con l’idea di documentarsi perché il suo prossimo libro avrà come protagonista una medium. A presiedere la seduta la sensitiva Madame Arcati – donna “surreale” – che, involontariamente, evoca la prima moglie di Charles, Elvira. Quest’ultima, ben decisa a portarsi il marito nell’al di là, si installa in casa e fa di tutto per raggiungere il suo scopo, anche a provocare un incidente d’auto in cui, però, a rimetterci le penne sarà Ruth. Charles, ormai con entrambe le “mogli fantasma” in casa, fa di tutto per liberarsene. Ma chi sarà veramente lo Spirito Allegro? E’ Charles Condomine, che in un colpo solo si libera delle due donne e inizia una nuova vita. Blithe Spirit è l’esorcizzazione ilare e rasserenante della morte da parte di Coward, di cui festosamente si appropriarono le folle londinesi che riempirono il teatro per le centinaia di repliche che si susseguirono durante tutti i luttuosi anni della guerra, grazie alla perfezione della macchina teatrale, e a quel rapporto con l’al di là che noi italiani e che, in particolare, noi uomini del Sud possediamo da sempre. Il pregio maggiore di questa pièce, costruita su di un formidabile movimento di entrate, uscite, ricomparse e coincidenze degno del miglior Feydau, sta, però, nel linguaggio, nell’orecchio straordinario con cui l’autore afferra le nuove espressioni e i modi di dire che circolavano all’epoca tra i giovani mondani dell’upper middle class. Paradossalmente la sua comicità, però, non si può definire verbale in senso stretto, molte delle sue battute più riuscite non sono infatti comiche in sé, ma lo diventano in rapporto alle circostanze in cui sono pronunciate. Il segreto del suo linguaggio, carpito alla perfezione dall’intera compagnia e dal regista, il quale ha firmato un allestimento misurato ed elegante, sta nella capacità di nascondere, piuttosto che di rivelare, di non dire piuttosto che di dichiarare, un precursore di Pinter, questo Coward, in cui il senso è comunicato dalla pausa tra le parole più che dalle parole stesse, dal ritmo non facile da scegliere che le lega. Tutto ciò però, non deve farci dimenticare che sono proprio le parole, la sostanza della commedia, che è attraverso le parole dette e non altro, non la trama, non la tipicità delle situazioni che l’autore ha saputo far giungere fino a noi il folgorante ritratto della borghesia inglese tra le due guerre, e conquistare il plauso di un pubblico entusiasta ancora oggi.