Se comandassero gli zampognari - Le Cronache
Spettacolo e Cultura lettura

Se comandassero gli zampognari

Se comandassero gli zampognari

Come la musica salvò il mio Natale…….

Di Giulia Werth

 Quel Natale non si sarebbe festeggiato nella nostra casa. I  miei genitori avevano litigato per problemi economici  e familiari , purtroppo nell’imminenza della Vigilia del Santo Natale.  Mio padre era andato via sbattendo la porta, ma  sarebbe, rientrato prima o poi . Molte parole dette troppo in fretta, avevano portato in casa un clima di particolare silenzio, tristezza, ansia e malumore. Il salone in cui era stato allestito, come ogni anno, l’albero di Natale ed il presepio erano spenti. C’ era poca  voglia di  fare festa, sinceramente.  Ma mia madre, che aveva a cuore la felicità e la solidità dei valori della nostra vita che provengono dall’infanzia, non poteva permettere che le difficoltà dell’esistenza quotidiana potessero fermare il Natale. Esso era lì, sopito, imbandito, già quasi pronto, mentre bussava alla porta, e noi non potevamo respingerlo, dovevamo solo farlo entrare, ricordandoci che il Redentore nasceva pellegrino, tra gli ultimi ed umili, i più semplici, accolto in una fredda stalla e scaldato solo dal respiro di un Bue ed un  asinello, illuminato dalla stella cometa ed accolto dagli angeli. Credo che il Buon Dio non si dimentichi mai di mettere sul nostro cammino il miracolo di una nascita, di una nuova speranza, di una ancora di salvezza, inviandoci i suoi messaggeri, spesso anche sotto umane sembianze. Basta solo saper riconoscere i segni. Suonarono alla porta, pensammo fosse rientrato mio padre, ma non era lui. In casa, come spesso accadeva, eravamo noi soli la famiglia :  mia madre, mia nonna materna, mia sorella ed io. “Siamo gli zampognari” dissero “ “siamo venuti a suonare avanti al vostro Presepio, se vi va di farci entrare” aggiunsero ancora. “Chi sono gli zampognari e cosa fanno?” chiesi a gran voce incuriosita  a mia madre. Noi bambine di casa, non li avevamo mai sentiti nominare, e per di più questa visita non era attesa. Mia madre, riconobbe questo come un segno del cielo, e sorrise. “ Adesso li facciamo entrare e ci facciamo spiegare cosa fanno!” ecco il segno ribadisco: la musica quell’anno e per sempre negli anni a venire, fu ed è la nostra luce, la nostra cometa salvifica che riporta energia e ci guida fuori dalle tenebre, dalle difficoltà, ed asperità dei nostri momenti, perché la musica nello spartito della vita con le sue note ha molti volti, molte emozioni, che toccano le corde del cuore e della mente e dei nostri sentimenti. Mi rivedo ancora in quella sera, tutti “noi  famiglia” davanti alla nostra sacra rappresentazione:  riaccendemmo le luci dell’albero, della stanza e del presepio di mia madre, allestito  con tutte le figure della sua casa di origine. Appena iniziarono ad intonare “Tu scendi dalle stelle” ben altro prese a vivere tra quei pastori di coccio, la grotta di sughero, la stella cometa di carta dorata. Perché la valle, il muschio, i sentieri di pietra triturata, la stagnola e tutti i simboli che il nostro presepe conteneva, furono vivi e si animarono, di magiche vibrazioni, di vigore, di famiglia, di accoglienza, di umanità che guarda ed attende ed accoglie il mistero del natale. Fu in quell’istante che vidi gli occhi di mia nonna e mia madre riempirsi di lacrime perché quel suono di zampogne le riportava indietro, ai loro natali in Abruzzo, che si stavano mescolando a quel Natale presente di me bambina, che non capivo e sapevo che sarebbe stato per sempre un momento a cui tornare con nostalgia e dolce malinconia e rimpianto, desiderio. Quella musica, che ci salvò e ci salva sempre, durò per tutte le feste natalizie, ed anche per altri Natali. Ora che mia nonna, mia madre e quella casa – come era vissuta allora- non ci sono più, porto per sempre nel mio cuore il magico suono di quei due zampognari ai quali offrivamo sempre doni e dolcetti preparati con le nostre mani. Mi piace paragonarli ad   angeli nel buio della solitudine e del deserto dell’anima, giunti  a scaldare e salvare quel Natale e a metterci in salvo dalla fragilità e debolezza e tristezza, nel ricordo di quelle lacrime sui volti delle donne della mia infanzia. Esse rappresentano lo spirito del Natale, il senso del Natale, della rinascita, della rigenerazione, della buona novella, che si rinnova e ripete per tutti ogni anno, nei nostri cuori, basta saper attendere il segno ed aprire la porta agli Angeli.