Scafati. 8 marzo, Maria Rosaria Vitiello si racconta a Cronache - Le Cronache
Attualità Provincia Agro Nocerino Sarnese scafati

Scafati. 8 marzo, Maria Rosaria Vitiello si racconta a Cronache

Scafati. 8 marzo, Maria Rosaria Vitiello si racconta a Cronache

Di Adriano Falanga

“La donna uscì dalla costola dell'uomo, non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore ma dal lato, per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata”. Così scriveva Shakespeare. Nel 2016, in tempi in cui tutto sembra andare veloce, e soprattutto nel nome di un abusato “progressismo”, la donna che ruolo ricopre? Ne parliamo con una scafatese doc, la giornalista e conduttrice Maria Rosaria Vitiello. Sposata con l'ingegnere Michele Russo, madre di due figli, Francesco, 20 anni, e Gaetano, 16, una laurea in Lettere moderne, è giornalista pubblicista dal 2009. Ha collaborato con i quotidiani Cronache del Mezzogiorno, La Città è oggi a Il Mattino. E’ direttore del sito web di notizie/media glispazi.it. Conosciutissima in città, ha tenuto tutti con il fiato sospeso quando nel dicembre 2014 fu vittima di un gravissimo incidente stradale che la tenne per alcune settimane in bilico tra la vita e la morte. Archiviata ma non dimenticata questa fase, oggi è testimonial di “Scegli la vita”, campagna di sensibilizzazione stradale avviata dall’amministrazione comunale di Scafati. “Le eroine interpreti della rivoluzione femminista ci hanno aperto la strada – esordisce Maria Rosaria – Oggi di quelle battaglie resta il ricordo, ma la nostra società, pur avendo imparato a riconoscere alla donna la forza di cui si è mostrata capace, resta imprigionata in una cultura in cui il maschio predomina e per le donne affermarsi è più arduo, ma non impossibile”.

La parità di genere è stata raggiunta? “Io sono entusiasta dei traguardi raggiunti dalle donne. Che, nel contempo, riescono ad essere mogli, madri e a governare la casa. Una prova di forza, di energia vitale di cui solo le donne sono capaci. Restiamo indietro, se ci confrontiamo con i traguardi raggiunti dalle donne dei paesi nordici. Dobbiamo ancora impegnarci per riuscire ad abbattere la cultura maschilista”.

Sei giornalista, presentatrice, mamma e moglie. “Mi impegno per riuscire a conciliare le mie passioni con i doveri della famiglia. Non è facile, ma chi nutre una passione, come accade a me con il giornalismo e con il lavoro di presentatrice e moderatrice, può capire quanto io possa sforzarmi per trovare il modo di mettere insieme tutto. Il mio asso nella manica è il rispetto di mio marito per il mio lavoro e per me così come la sua sensibilità”.

Dopo l’incidente, hai detto di essere rinata. “La rinascita è da me intesa come rigenerazione dell’amore per la vita, per la famiglia e per gli affetti. Mi sento in una seconda vita per la gioia che provo ogni giorno ad esserci e ad avere recuperato i tesori che custodivo e che ho rischiato all’improvviso di perdere”.

Credi nella maternità surrogata? Secondo te, l’utero in affitto è davvero un segno del progresso? “Sono mamma, ho due figli che adoro, nati entrambi con un parto spontaneo, e conosco il privilegio ma anche i sacrifici che le donne devono affrontare nei nove lunghi mesi di gravidanza e poi al momento del parto. Ho sempre pensato di vivere uno stato di grazia, mentre osservavo crescere il mio pancione. Si entra in simbiosi, si comincia a dialogare con l’esserino che ci cresce dentro e si accarezza la pancia come se si accarezzasse lui. Ed è proprio questo che rende tale esperienza preziosa per una donna. Indimenticabile. Premessa doverosa per chiarire quanto io sia poco comprensiva e aperta verso la maternità surrogata e l’utero in affitto. Mercificare questa condizione della donna, la gioia della gravidanza, è pensabile solo se quella stessa donna si veda costretta a scendere al compromesso per questioni economiche, per necessità. Solo in questo caso riesco a spiegarmi questa pratica. Una donna che fitta il proprio utero per affrontare una gravidanza e un parto e poi cedere il neonato non è simbolo del progresso, secondo me”.

Cosa ti senti di dire alle donne che per il proprio uomo o per i figli rinunciano al proprio lavoro? “L’immagine che ne ho io, nella mia realtà, è di una donna che sa cosa vuole dalla vita, sicura di sé, determinata ad essere vincente. Ma, come ho detto, si trova a fare i conti con una realtà lavorativa che spesso la mette in difficoltà, non supportandola nelle sue necessità e facendola, a volte, giungere alla decisione di lasciare l’attività per dedicarsi alla famiglia. Io, che so quanto oggi le donne ci tengano ad emergere e dimostrare le proprie capacità, capisco che quando si giunge alla decisione di lasciare vuol dire che non c’è alternativa”.