Sax per dodici - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Sax per dodici

Sax per dodici

Stasera, alle ore 20, nella chiesa di Santa Apollonia, terzo appuntamento della V edizione del Festival di musica da camera promosso dal dipartimento di Musica d’insieme del Conservatorio “G.Martucci” di Salerno

Di OLGA CHIEFFI

Terzo appuntamento, questa sera, all’orario canonico delle 20, della V edizione del Festival di Musica da Camera Sant’Apollonia. Un evento, nato dalla sinergia del Conservatorio di Musica “G.Martucci” di Salerno, promotore di un progetto del Dipartimento di Musica d’Insieme, presieduto da Francesca Taviani, con la Bottega San Lazzaro di Chiara Natella che nella Chiesa di Santa Apollonia offre di ospitare la rassegna. Sarà il sassofono, l’assoluto protagonista della serata nei suoi diversi tagli e nella sua piena e felice ecletticità. Dodici i sassofonisti che daranno vita nella prima parte della serata a tre diversi quartetti. S’inizierà con Carmela Iovieno al sax soprano, Gianmatteo Ferrentino al contralto, Tommaso Paribello al tenore e Leo Rocco al baritono, per “raccontare” l’Histoire du Tango di Astor Piazzolla. Nella musica di Piazzolla si completa in realtà un lungo percorso artistico che include la storia del tango e l’Argentina delle origini, sublimate in una metamorfica capacità di assumere più registri linguistici, di vivere esperienze solo apparentemente diverse, di essere permanente terreno contrastato di contaminazione. Lo scrittore Ernesto Sabato sosteneva che “il tango di Piazzolla ha gli occhi, il naso e la bocca di suo nonno il tango; il resto è di Piazzolla”, e Astor, che affermava di far musica sopra una base di tango, non disprezzava affatto il passato, conservando una sottile relazione con la tradizione, che ne costituì l’humus rigenerativo. Piazzolla descrive le varie tappe dell’evoluzione di questa danza nell’ “Histoire du tango” del 1986, opera formata da quattro brani. “Bordel 1900” è il primo, di temperamento giocoso e leggero; “Cafè 1930”, simboleggia un’altra epoca del tango dando largo spazio all’intenzione espressiva tanto da trasformarlo in brano d’ascolto, “Night-club 1960”, il terzo, testimonia l’apertura a nuove correnti musicali, segnale di modernità e cultura che convergono nel quarto ed ultimo brano, il movimentato “Concert d’aujour d’hui” che rivela l’influenza di importanti autori del ‘900 quali Bartok e Stravinsky. Si continuerà con Lucia Acampora al soprano, Alessandro Saturno al sax alto, Maria Giovanna Palumbo al sax tenore e ancora Leo Rocco al baritono, per trasferirci nella Francia impressionista con l’ Andante e scherzo di Eugène Bozza, datato 1938. Flou melodico e lussureggiante per il tempo lento quasi un’evocazione del caposcuola Gabriel Fauré, per poi lasciarsi andare ad un dialogo incalzante tra i quattro strumenti, fresco e molto ironico, ricco d’inventiva e di grande comunicatività. La stessa formazione proporrà un divertissement di Pedro Iturralde, “Dixie for saxes”, un omaggio allo stile Dixieland. Nel 1917, dopo essersi spostati da Chicago a New York, alcuni veterani bianchi di New Orleans, guidati dall’italo-americano Nick LaRocca, Original Dixieland Jass Band e registrarono il primo disco jazz: Dixie Jass Band One Step, la cui caratteristica era l’ improvvisazione di gruppo, con uno stile staccato influenzato dal ragtime, appunto il dixieland. Ultimo turno in quartetto per Simone Palumbo al soprano, Gianluca Liberti all’alto, Piervito Rinaldi al tenore e Marzio De Nardo al sax baritono per ascoltare i Four Jazz Saxes di Rick Pelckmans, che continua ad omaggiare il mondo del jazz, che ha azzeccato subito la fisionomia espressiva e altamente tecnica del sax, oltre che un volto individuale a ciascuno dei tagli dello strumento. I dodici sassofoni, tutti riuniti in un unico ensemble, si congederanno con Bluelight di Paolo Carlomè, datato 1996, una ricca e complessa pagina, dai colori cangianti, un omaggio alle colonne sonore di Nino Rota, specchio delle sue ragioni estetiche sospese in un’aerea grazia, che divennero la sua inconfondibile cifra, e l’immancabile Libertango, di Astor Piazzolla, attraverso cui ricorderemo le “Lezioni di tango” di Potter, con il suo moto tutto barocco di tensione e distensione fra un lirismo allentato e dolente, talora fino alla rarefazione, e picchi di alta drammaticità e forza penetrativa. La serata di domani, sarà dedicata al trio con pianoforte, affidata per intero al Trio Wanderlust che eseguirà l’op.1 n°3 in Do Minore di Ludwig Van Beethoven, improvvisa rivelazione d’un compositore capace di dire senza timori qualcosa d’audacemente nuovo e d’imporsi all’attenzione del mondo musicale viennese con opere piene di forza e d’originalità, collocandosi subito allo stesso livello del grande Haydn; il Trio Elegiaco n°1 in Sol Minore di Sergej Rachmaninov, col quale, nonostante la giovane e età e l’oggettiva mancanza di esperienza, colpisce subito nel segno, svelando un tema proposto inizialmente dal pianoforte ed in seguito ripreso in dialogo dal violoncello e violino che è inconfondibilmente “suo” ed al tempo stesso nel solco della tradizione dei grandi autori russi, chiudendo con Otono Porteno, dalle Estaciones di Astor Piazzolla, un tango di violenta passionalità che nell’inciso rallenta tanto da riuscire a farsi languido, attraverso passione e lirismo.