Nicola Ramagnano e Romina Varallo, responsabili della Rsa “Nicola Ramagnano” di Marsicovetere, e suor Fulgenzia Sangermano, direttrice della Casa “San Giuseppe” di Brienza sono stati rinviati a giudizio per omicidio colposo e falso per la morte di 22 anziani ospiti nelle due case di riposo, tutti uccisi nel giro di pochi giorni dal Covid nel 2020. A decidere il rinvio a giudizio è stato il gup del Tribunale di Potenza Lucio Setola. La Pm Antonella Mariniello aveva chiesto di procedere per epidemia colposa, ma il Gup ha ritenuto fondate le eccezioni dei difensori. Il proscioglimento dall’epidemia colposa è stato accolto con grande soddisfazione dai difensori perché tale accusa avrebbe portato i loro assistiti davanti alla Corte d’assise. I tre gestori delle Rsa saranno invece giudicati dal Tribunale di Potenza e la prima udienza è stata fissata per il 17 novembre. Romina Varallo, rinviata a giudizio per quanto accaduto nella casa di riposo di Marsicovetere è originaria di Polla, ma da tempo residente in Val d’Agri. Tra le 22 persone decedute c’è anche un anziano sacerdote di Teggiano, don Vincenzo Manzione, deceduto il 19 ottobre dello scorso anno. L’inchiesta “casa Covid” condotta dalla Procura della Repubblica di Potenza è stato il primo caso accertato in Italia di nesso di causalità tra le condotte negligenti degli indagati e la morte per coronavirus di 22 anziani. Nell’ambito dell’inchiesta a marzo erano stati arrestati Ramagnano e Varallo. Il Procuratore della Repubblica di Potenza Francesco Curcio aveva definito “un altoforno” la situazione della diffusione del contagio nella struttura di Marsicovetere e nella sua ordinanza di arresto il gip aveva scritto che vi era avvenuta “una vera e propria strage, con pochi sopravvissuti”. Marsicovetere si trova quasi al confine con il Vallo di Diano tant’è che il comune del comprensorio più vicino di trova a poco più di venti chilometri di distanza. Nella casa di riposo la situazione era finita ben presto fuori controllo: troppi anziani ospitati, 49, rispetto allo spazio disponibile (i posti autorizzati erano 22) in una “struttura assolutamente inadeguata”: secondo l’accusa, i gestori risparmiavano “su tutte le più elementari procedure anti-Covid” a cominciare dalla mancata sorveglianza su chi entrava e sulle sue condizioni di salute. Alcuni anziani soggiornavano nella camera mortuaria. Nel corso delle indagini era venuto alla luce un episodio sconcertante: “in presenza di epidemia accertata” all’interno della casa di riposo di Marsicovetere, i titolari senza sottoporre al tampone una ospite per accertarsi se avesse o meno contratto ne avevano disposto “abusivamente” il trasferimento in un’altra struttura, la casa di riposo “San Giuseppe” di Brienza, comune che si trova a pochi chilometri di distanza da Marsicovetere dove era poi scoppiato un altro focolaio che aveva portato alla morte di sei persone.
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