Roberto Giordano: un clarinetto all'Opera - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Roberto Giordano: un clarinetto all’Opera

Roberto Giordano: un clarinetto all’Opera

 

Questa sera il clarinettista in duo con la pianista Annamaria Minichiello sarà ospite dell’Associazione “A.Vivaldi” nell’auditorium di Sapri

 

Di OLGA CHIEFFI

Il clarinetto sarà protagonista, questa sera, alle ore 19,45, degli appuntamenti domenicali promossi dall’Associazione “Antonio Vivaldi” di Sapri. I riflettori dell’auditorium “G.Cesarini” si accenderanno sul clarinettista Roberto Giordano, il quale si presenterà in duo con la pianista Annamaria Minichiello. La prima parte della serata vedrà una scaletta che raccoglierà la Salon Musik ottocentesca, d’ispirazione operistica, che richiede ai suoi cultori una robusta preparazione tecnica, fantasia pronta e versatilità, doti non solo esecutive ma anche d’invenzione e soprattutto di solido mestiere e gusto sicuro. Pagine quelle, che vedrà assoluto protagonista il clarinetto, segnato da una forte carica di sentimentalismo, unito a uno spirito brillante che spesso trova espressione in forme di levigata eleganza, forse, in qualche momento, un po’ troppo alla ricerca dell’effetto esteriore, ma ricche di invenzioni sonore. S’inizierà con una fantasia su “La Traviata” firmata da Donato Lovreglio, uno schizzo del salotto di Violetta, una festa frizzante attraversata da fulgide agilità e anche la sua eclissi, con un duplice profilo di spensieratezza e sofferenza. E siamo al pout pourrè dei Puritani di Vincenzo Bellini, composto da Luigi Bassi, vertiginose le difficoltà nel ruolo tenorile di quest’opera e anche nella “follia” di Elvira, un’altra delle celebri pazzie al centro del dramma, cui si ispira l’autore, un uragano lucente di suono, senza troppi straniamenti virtuosistici, affidata alla dolcezza, con qualche slancio lirico. Si continua con Bassi  e il suo divertimento sul grand opera di Gaetano Donizetti “La favorite” che possiede un virtuosistico pas de deux e due splendide cabalette dei protagonisti, Lèonor e Fernard che hanno ispirato le variazioni del compositore. Quello delle variazioni dai temi operistici più amati, ad esempio, per attirare verso lidi sconosciuti gli appassionati della musica teatrale; quello dei brani ‘da salotto’ capaci di soddisfare invece gli abili dilettanti, quello del virtuosismo estroverso e accattivante, per rapire il pubblico straniero e, infine, quello della ‘musica nazionale’ che, paradossalmente, proprio grazie ai viaggiatori, godeva di fama e popolarità e quindi poteva agevolmente trovare pubblico non solo in Italia ma, soprattutto, al di là delle Alpi. In questa posizione si colloca il milanese Ernesto Cavallini (1807-1874), clarinettista alla Scala e all’Opera di San Pietroburgo (è proprio pensando a lui che Verdi scrisse il celebre assolo della Forza del Destino), insegnante del suo strumento a Milano e in Russia e virtuoso a tal punto da essere ricordato con l‘appellativo di “Paganini del clarinetto”. Sarà questa sera omaggiato con il suo Adagio e Tarantella, che sembrano quasi la sintesi di tutto ciò che ci si aspettava, in quel momento, da un compositore italiano di musica strumentale. L’Adagio è quasi un preludio, fantastico e improvvisativo, cui segue un tema di andamento ‘quasi vocale’ che, nella mutevolezza armonica e nel continuo cambio di modo, punta a coinvolgere emotivamente l’ascoltatore fino alla cadenza che porta direttamente alla Tarantella. Qui il danzante ritmo ternario non è mai inutilmente e vanamente virtuosistico: è infatti il senso della gioia serena a prevalere fino al congedo, dove (inevitabilmente) entrano in gioco tutte le possibilità del virtuoso in una sorta di ‘fuoco d’artificio’, descrittivo e musicale insieme, degna conclusione di una festa piena di suoni e colori. Si continuerà con i virtuosi e innovatori del clarinetto in terra tedesca, ascoltando la brillante pagina di Heinrich Baermann Introduzione e Polonaise op.25, prima di ascoltare Peregi Verbunk op.40 di Weiner, una csardas che evoca l’immagine di un violinista gitano che intrattiene il pubblico in una raffinata caffetteria. La serata verrà chiusa da un portrait di Astor Piazzolla che principierà con l’Ave Maria in realtà il brano  “Tanti anni prima”, tratto dalla colonna sonora del film “Enrico IV” di Marco Bellocchio, un’ elegia d’infinita espressività, unitamente ad Oblivion dolcissimo, struggente, in cui il ritmo serrato della danza lascia spazio ad una melodia lirica e introspettiva. La performance sarà inaugurata da Libertango di Astor Piazzolla, attraverso cui ricorderemo le “Lezioni di tango” di Potter , con il suo moto tutto barocco di tensione e distensione esteso sia alla minima frase che all’intera composizione, per sottolineare quei momenti regolarmente ed emozionalmente in bilico – dato caratterizzante della musica argentina – fra un lirismo allentato e dolente, talora fino alla rarefazione, e picchi di alta drammaticità e forza penetrativa.