"Referendum giustizia, Gargani: votare sì" - Le Cronache
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“Referendum giustizia, Gargani: votare sì”

“Referendum giustizia, Gargani: votare sì”

di Erika Noschese

Popolari e Moderati a lavoro per le Politiche del 2023. Il partito, nato dall’impegno di Giuseppe Gargani, già europarlamentare, è al lavoro per essere protagonista del più importante appuntamento elettorale. “Finalmente, credo siano superati i leghisti, i 5 Stelle, le proteste, abbiamo bisogno di una classe dirigente che sia in grado di gestire quanto accade nel mondo”, ha dichiarato l’ex parlamentare della Dc che ieri, presso il Polo Nautico di Salerno, ha presentato il suo ultimo libro, “La storia fatta con le manette, storia d’Italia e dei magistrati che hanno provato a riscriverla”. Quella di ieri è stata l’occasione, per l’onorevole Gargani, di fare il punto anche sul referendum Giustizia: “È importante l’appuntamento referendario del 12 giugno perché i problemi della giustizia vengono discussi e valutati dalla società civile nel suo complesso. Dopo oltre quarant’anni di nuovo l’elettore è chiamato ad esprimersi su cinque domande e le risposte possono costituire una inversione di marcia, una discontinuità utile per correggere le deviazioni che la giustizia subisce da molti anni”, ha infatti detto, dicendosi favorevole ai quesiti proposti. “A distanza di tanti anni constatiamo che la magistratura è diventata più autonoma a scapito della indipendenza e il magistrato si sente non responsabile, in qualche modo al di sopra e al di fuori di qualunque contestazione e a malincuore accetta il giudizio della Corte d’appello e della Cassazione. Di conseguenza la fiducia nei riguardi dalla funzione giudiziaria nel suo complesso è calata di molto anche per le vicende degli ultimi anni denunziate da Palamara per la mancanza di trasparenza del Csm, per la prevalenza delle correnti che regolano con faziosità l’organizzazione giudiziaria e per tante altre ragioni sistematiche o meramente organizzative”, ha aggiunto l’ex parlamentare della Democrazia Cristiana che più volte ha ribadito la necessità di una riforma della giustizia. Onorevole, la presentazione del suo libro è l’occasione per parlare del referendum Giustizia… “Sì, lo sto presentando ovunque. Ne approfitto per attirare l’attenzione del lettore sul referendum perché ritengo che -siccome la mia analisi sulla questione giustizia porta alla necessità di avere una riforma seria – ciò che è stato fatto alla Camera è un inizio di riforma, il secondo round può essere il referendum perché tratta alcuni problemi che possono essere propedeutici alla soluzione dei problemi che affliggono la magistratura. In ogni caso, bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica: avere un rapporto tra la società e la magistratura, se la società si interessa a questi problemi allora credo che il fatto sia particolarmente importante e può darsi che i magistrati arrivino a capire che hanno bisogno di una riforma perché c’è un divario tra il magistrato, la giustizia e oggi; non si rendono conto che la crisi è profonda, c’è bisogno di rimedi che loro non accettano e questa è la rissa che c’è, il contrasto tra politica e magistratura perché, pur essendo giuristi, non si rendono conto di questo divario forte che c’è con l’opinione pubblica, hanno un potere illimitato e irresponsabile, la giustizia non funziona – ha infatti detto in un suo intervento pubblicato attraverso queste colonne, presentando la sua ultima opera letteraria che pone l’accento sulle vicende degli ultimi 30 anni e che, in qualche modo hanno cambiato il corso della storia- La giustizia attraversa una crisi profonda per ragioni generali per una in particolare. La società civile è profondamente mutata, vi è stata un’esplosione di diritti, nuove libertà si intravedono diverse e proprie di una società complessa, vi è stato un progresso della tecnologia che fa cambiare i rapporti tra i cittadini. Le istituzioni, l’organizzazione dello Stato non possono essere uguale ad un secolo fa o anche a trent’anni fa. Tutti avvertono questa esigenza, magari senza risultati concreti, esclusa la magistratura che si adagia e si compiace dello stato attuale perché nella crisi degli altri poteri dello Stato pensa di rafforzare il proprio. Eppure è la domanda di giustizia che è cambiata profondamente e che dà un’identità diversa alla società e di questo dovrebbe essere consapevole il magistrato”. Occorre sensibilizzare la cittadinanza che spesso non si reca alle urne… “Il punto è questo. Le cinque domande referendarie non esauriscono tutto il problema. Uno importante è proprio quello che divide il ruolo del pubblico ministero da quello del giudice; una delle patologie forti è questa commistione tra accusa e decisione per cui il giudice non appare più terzo e siccome il pubblico ministero non può e non deve esser terzo deve essere diverso dal giudice, a lui il compito di decidere e di essere al di sopra delle parti. Deve essere una delle parti che, insieme alla difesa, preparano un processo dinanzi ad un terzo che è indipendente, al di sopra delle parti. Questo quesito è importante, bisogna rispondere sì come le altre quattro domande”. Popolari e Moderati si sta strutturando a livello regionale… “Questo movimento ha l’unico scopo di aggregare tutti, non vuole essere un movimento che si aggiunge agli altri bensì che aggrega per far finire la diaspora che da 30 anni offusca la politica italiana e ha reso debole i partiti. Lavoriamo per questo, crede che se il parlamento modificherà la legge elettorale e farà la legge proporzionale davvero c’è la possibilità davvero che tutti quelli che hanno un’identità si mettono insieme, questa è la filosofia di una campagna elettorale e di un parlamento che deve essere espressione di tutto questo. Se non c’è il proporzionale manca l’identità delle forze politiche”. Politiche 2023, il partito sarà protagonista? “Noi ci stiamo lavorando, stiamo programmando questa linea e sono personalmente impegnato. Sono ottimista, credo si possa ottenere qualcosa. Finalmente, credo siano superati i leghisti, i 5 Stelle, le proteste, abbiamo bisogno di una classe dirigente che sia in grado di gestire quanto accade nel mondo, tra la guerra e la pandemia; problemi che angustiano il mondo e abbiamo bisogno di una classe dirigente che si fa con una selezione da parte dell’elettorato, impegnato a decidere e per farlo deve sapere il voto a chi lo da. La mancanza di identità scoraggia gli elettori e abbiamo un 50% di popolazione che sceglie di non votare”. Il convegno al Polo Nautico, moderato dal giornalista Antonio Manzo, ha visto la partecipazione dei deputati Piero De Luca e Federico Conte e dell’ex magistrato Erminio Rinaldi.