Ravello, il sogno, l’assenza - Le Cronache
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Ravello, il sogno, l’assenza

Ravello, il sogno, l’assenza

Concluse le riprese del video che ha salutato protagonisti nei Giardini di Villa Rufolo Eleonora Abbagnato, Alessandro Preziosi e Carmen Giannattasio. Il regista ha richiesto ai performer l’evocazione, il sogno, l’idea di assenza, purtroppo specchio della realtà dei grandi eventi in regione 

Di OLGA CHIEFFI

“Beauty is truth, truth beauty, – that is all/ Ye know on earth, and all ye need to know”, la tensione, compositiva e metaletteraria dell’ “Ode on a Grecian Urn” di John Keats, ben sposa l’essenza del video che, nella giornata di martedì è stato girato nei giardini di Villa Rufolo a Ravello, in occasione del CXL anniversario dell’ascesa al gioiello della costiera di Richard Wagner. Sul belvedere a strapiombo sul mare nostrum, l’immaginazione porta alla coincidenza tra bellezza e verità, dove, però, alla verità corrisponde il sogno, la poesia, la danza, la musica, il canto. Una specie di passaggio di testimone, queste scene, che diverranno l’invito della regione Campania allo straniero, al turista, agli eredi dei protagonisti del gran tour, come lo fu Wagner, a venire nella nostra regione, lasciando risuonare le parole di Rilke quale dedica a Marina Cvetaeva “Ci tocchiamo. Come? con un battere di ali”. Parole che si formano nella mente di Wagner al cospetto di un’estasi, anche selvaggia,  sublime, evocate da Alessandro Preziosi, che subito si fanno silenzio o frastuono, desiderio o malinconia, musica dove la lingua tace. Musica conoscibile solo da chi canta le stesse note di chi ascolta, e ne custodisce parimenti il segreto. Attraverso il velo di quel segreto, traspaiono le verità e le armonie capaci di colmare le assenze, l’Assenza. Queste le richieste del regista Gino Aveta a tutti gli interpreti e l’idea della coreografia firmata da Simone Valastro per Eleonora Abbagnato, sulle “note sospese” del Preludio del Parsifal. “E’ la musica di Wagner ad essere ispirata dal gesto di Eleonora che ora è fanciulla-fiore di questo magnifico giardino, ora si trasforma in sirena, in acqua, quando va ad animare la fontana del giardino, prima di rituffarsi nel blu del mare che ha alle spalle, cedendo la ribalta al soprano”, un quadro, ci sentiamo di aggiungere, che circolarmente si conclude con l’abbraccio con l’arte, col mare e la dissoluzione nei ricordi, del cromatismo wagneriano. Fantasmi che appaiono e scompaiono nella voce di Carmen Giannattasio, chiamata ad un omaggio alla musica tedesca e italiana, con il primo “Der Engel” dei cinque famosi “Wesendonck-Lieder”, scritti da Wagner negli anni del “Tristano”, su poesie, invero non eccelse, di Mathilde Wesendonck, una delle donne che la frequentazione personale con il sommo musicista ha consegnato “in nomine” all’immortalità. Libertà di fraseggio per Carmen Giannattasio e il pianista Maurizio Agostini, che ha reso il “respiro” delle frasi musicali con un’espressività di grande naturalezza, “quasi parlando”, prima di  elevare, ma in pieno sole, “Casta Diva”, il declamato drammatico iniziale, il lirico sacrale dell’invocazione quel far intravvedere le ambiguità passionali della sacerdotessa amante, nello svettare della voce all’acuto che rivela i due volti della donna, in questo pulsare melodico del lungo e articolato fraseggio belliniano, che ci fa ricordare “La sera del dì di festa” di leopardiana memoria “Dolce e chiara è la notte e senza vento,/ E questa sovra i tetti e in mezzo agli orti/Posa la luna e di lontan rivela/ Serena ogni montagna”, e con essa le serate del Ravello Festival. Sogno, assenza, poichè dopo la partecipazione del governatore De Luca alle riprese, con grandi promesse, di fare, di realizzare, di ri-cominciare, l’intenzione resta solo quella di salvare la LXVIII edizione del Festival, per continuità con un grande e prestigioso passato, spalmandola tra autunno e inverno e usando lo streaming. L’assenza, il sogno, diventano così reali, kafkiani, attingendo alle forti figure dell’indistinto, lasciandoci sospesi in un’ingannevole lucidità, galleggianti su di un oceano opaco, attraverso cui lasciano intravedere “paurosamente limpidi”, i mostri della più instabile tra le incertezze.