Racket nel nome del clan Matrone Scelgono tutti il rito abbreviato - Le Cronache
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Racket nel nome del clan Matrone Scelgono tutti il rito abbreviato

di red. cro.

Estorsione ai commercianti e agli imprenditori, tutti gli imputati scelgono il processo breve con il rito abbreviato tentando uno sconto di pena. Si tratta di Peppe Buonocore, Pepp ‘e Scafati, genero di Franchino Matrone ‘a belva e altri 10 indagati: Francesco Berritto, Vincenzo Muollo, alias ‘o lallone, Pasquale Palma di Torre Annunziata, Nicola Patrone, residente a Giugliano in Campania, Elvira Improta, Vincenzo Nappo, detto ‘o nonno, Giovanni Barbato Crocetta), Antonio Palma di Boscoreale e Marcello e Pasquale Panariello, figli di Improta. Tra i difensori ci sono Massimo Autieri e Stella Criscuolo per Peppe Buonocore, Gennaro De Gennaro per Barbato Crocetta e Antonio Palma, Stefania Pierro per Francesco Berritto e Massimo Torre per Vincenzo Nappo. In aula si va il 29 novembre davanti al Gup del Tribunale di Salerno Marilena Albarano con la requisitoria dei pm. Il blitz è quello dello scorso 9 maggio quando ci furono 4 arresti in carcere (confermati dal Riesame che ha escluso l’aggravante mafioso) e due ai domiciliari. Per l’Antimafia rispondono di concorso in tentate estorsioni aggravate, reati in materia di armi e stupefacenti, danneggiamento e ricettazione, tutti commessi con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso e per agevolare sodalizio di tipo mafioso. L’operazione era scattata in seguito agli attentati ad attività commerciali commessi anche mediante l’utilizzo di ordigni esplosivi a Scafati a partire dal giugno 2017. Si era appurata la responsabilità degli indagati in riferimento a tre tentativi di estorsione avvenuti tra i mesi di agosto e dicembre dello scorso anno ai danni di un imprenditore dell’area scafatese. Avevano tentato il pizzo facendo riferimento all’appartenenza al clan Matrone di Scafati, ostentando la disponibilità e utilizzando armi e materiale esplosivo. Nel corso delle indagini erano state sequestrate armi da sparo e ordigni esplosivi di fattura artigianale classificati come micidiali nonché un chilo di sostanze stupefacenti. Tra i vari attentati contestati dai Pm Giancarlo Russo e Silvio Marco Guarriello, si fa riferimento a quello dell’estate 2017 tra cui nei confronti dell’insegna dei Roxe Legend Bar di via Melchiade di proprietà della famiglia Buonocore. Un altro davanti al centro scommesse di via Mariri d’Ungheria “Fly Play”. E ancora, colpi di pistola calibro 7,65 nei confronti del bar La Dolce Vita di Giuseppina Generali, moglie di Dario Spinelli (ora collaboratore di giustizia) per finire ad agosto 2017 quando finirono nei mirino la pescheria Acqua e Sale di Giorgio Vitiello (a commettere l’attentato furono per gli inquirenti i fratelli Panariello) il negozio di parruccheria Angri Nico Style di Nicola Tamburo. L’Antimafia nella sua richiesta di processo ha anche contestato la lettera dal carcere che Panariello spedì al fratello nella quale sarebbe emersa la volontà del detenuto di far scomparire la pistola servita per l’atttentato al ristorante pescheria. A dicembre, poi, l’estorsione al tabaccaio ad opera di Barbato. Secondo gli inquirenti le azioni criminose erano state ordinate da Peppe Buonocore il quale, proprio ai giudici del Riesame di Salerno, ribadì di non essere esponente di nessun clan. E quel Tribunale confermò che nelle azioni delittuose non c’era agevolazione mafiosa. Ma l’Antimafia continua a contestare l’aggravante camorristico.