Quando "l'attesa" è parte del discorso: la Musica - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Quando “l’attesa” è parte del discorso: la Musica

Quando “l’attesa” è parte del discorso: la Musica

Di Luca Gaeta

L’incanto può essere definito l’attimo in cui avviene la trasformazione tra suono fisico udibile e la nascita di un nuovo sentimento ovvero un movimento in cui il suono in noi diventa qualcosa di inudibile. Tutto questo, però, non può accadere senza che ci sia un momento di attesa. Ma l’attesa è anch’esso un attimo di vita, del tutto simile a ciò che separa una inspirazione da una espirazione. Cage, con 4’ 33”, ha di fatto celebrato l’attesa prima dell’incanto. Ha fissato quell’attimo di sospensione, di silenzio fisico udibile, prolungandolo per 4 minuti e 33 secondi. Con questa composizione e performance, ricorda a tutti attraverso l’elemento artistico più immateriale, il suono, che tutto ciò che fruisce necessita di rallentare fino a fermarsi, necessita di scomparire per riapparire poi, più vivo di prima. “E’ giusto questo – rivela il M° Antonio Florio – quella mezz’ora che precede la partenza dal duomo della processione, in cui Salerno con il traffico chiuso è attanagliata da un silenzio irreale, ma c’è la chiara percezione della presenza di una grande massa di persone, il cui pensiero è rivolto pienamente all’evento. E’ un caos calmo in cui ognuno di noi cerca di intuire una voce, un suono: chi attende la campana, chi un canto, un altro le quattro note del pulicinelluzzo, o il rombo delle motociclette storiche della polizia municipale, chi il rullo di un tamburo o gli squilli della tromba. Da qualche anno, questa particolare sensazione di vuoto-pieno non la provo più, poiché insieme al percussionista Rosario Barbarulo, che ha ereditato lo Storico Gran Concerto Bandistico “Città di Salerno”, abbiamo ripreso la tradizione di proporre una marcia originale, per la festa del Santo Patrono. In questo giorno si rilegge la nostra storia, le nostre origini e quelle dei musicisti salernitani sono legate alla scuola di Musica dell’Orfanotrofio “Umberto I” il Serraglio, che sfilava dietro l’Evangelista, con entrambe le formazioni della scuola, quella dei “piccoli” appartenenti alle elementari e medie e quella dei “grandi”, vicini al diploma e avviati al professionismo. Al tempo si provava tutto, anche come si doveva sfilare, ben inquadrati, e ogni San Matteo veniva composta una marcia nuova, tenuta segretissima sino a pochi giorni prima della festa. Quest’anno potrete ascoltare la Olga’s March, ispirata al carattere della mia compagna di vita Olga Chieffi, critico musicale, cui calza bene il testo della cavatina della Norina donizettiana “Ho testa bizzarra, son pronta vivace, brillare mi piace, mi piace scherzar. Se monto in furore di rado sto al segno, ma in riso lo sdegno fo presto a cangiar”. Sentirete giusto questo nella marcia, un ritmo allegro, affidato agli “strumentini”, sovrastati dall’ottavino, il volto ombroso e severo schizzato alla voce bronzea degli ottoni, ma tutto si scioglie in un rassicurante sorriso.” “E’ una gioia e, credo, un dovere – continua il percussionista e docente liceale, Rosario Barbarulo, che applaudiamo nel golfo mistico nel nostro massimo – rispolverare e trasmettere ai più giovani le tradizioni musicali della nostra città. Ho iniziato a far musica in banda e oggi suono e insegno grazie a quella esperienza, che amo rivivere nel giorno del Santo Patrono. Facciamo i salti mortali per essere pronti per le 16, orario in cui proviamo la marcia del M° Antonio Florio dinanzi alla Questura, quindi attraversiamo l’intero centro storico per scendere ben inquadrati da piazza Abate Conforti ed eseguire diverse marce dinanzi al duomo. Era tradizione, infatti, ai tempi della Scuola di Musica dell’Orfanotrofio che dopo il matinée in villa comunale, la grande banda scendesse per via de’ Rienzi, fermandosi anche dinanzi alle carceri cosiddette di Sant’Antonio, che erano di strada, poiché lì erano rinchiusi delinquenti i quali pur erano passati dal Serraglio e che, magari, da piccoli avevano partecipato a quella processione. Un’aria di festa che all’epoca invadeva tutta la città, anche con il concerto dopo il solenne pontificale. Una proposta fatta all’amministrazione comunale ma puntualmente cestinata, e che andrebbe a riempire quel lungo lasso di tempo che intercorre dall’affidamento di Salerno a San Matteo ai fuochi, accogliendo la folla che confluisce in città anche dalla provincia, con un grande abbraccio musicale”.