L’arrivo della prima rata del piano di ripresa e resilienza di 25 miliardi di euro da parte dell’Unione Europea mette ora in moto un meccanismo di attuazione concreta degli obiettivi di rilancio dell’Italia più unico che raro. Adesso però c’è bisogno che si mettano in pratica tutti i progetti messi in campo per rendere competitivo il paese. Ne è fortemente convinto Andrea Prete, fresco di elezione per acclamazione lo scorso 21 luglio a presidente di Unioncamere, l’Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. «Siamo davanti ad una grossa opportunità che non va sprecata – commenta Prete – la speranza è che questi soldi siano utilizzati presto e bene. Questo è un paese che ha un gravame burocratico esagerato del quale ovviamente ci dobbiamo sbarazzare. Significa dare fiducia ma anche controllare che i lavori non si blocchino per inezie. Il fatto che oggi un ricorso al Tar non fermi tutto mi pare già una buona iniziativa. Queste risorse possono dare forte ossigeno all’economia e mettere in moto un circolo virtuoso per la ripresa economica. Registro un forte fermento anche nella ricerca di posti di lavoro, le aziende sono a caccia di personale anche se, per la verità non riescono a colmare le proprie esigenze. Indubbiamente il reddito di cittadinanza sta creando delle anomalie in tutta Italia, per esempio, nel settore stagionale del comparto conserviero, in quello turistico dove non si trovano più lavoratori disponibili. Quella del reddito di cittadinanza è una misura che indubbiamente va rivista». Con l’attuazione del piano di ripresa e resilienza c’è particolare attenzione all’effettiva sburocratizzazione del paese che resta sempre una palla al piede per le imprese ed i professionisti. «Non possiamo andare a tre chilometri orari mentre gli altri vanno a cento – sostiene Prete – c’è bisogno di snellire procedure e parametri. In questo paese ogni procedura ha avuto come punto di riferimento solo il sospetto, ora è il momento di passare alle responsabilità. Basterebbe attuare con maggiore incisività anche l’autocertificazione e poi effettuare dei controlli puntuali e profondi, così almeno si consente a chi è corretto nel suo percorso di essere premiato e non penalizzato. Questo vale per tutti i settori, non solo quello dell’impresa. L’iter burocratico ed i tempi di realizzazione del ponte Morandi a Genova dimostrano che è possibile fare le cose per bene e velocemente. Bisogna introdurre la premialità, anche tra i dipendenti pubblici, dare tempi certi e precisi nelle procedure e sfruttare la digitalizzazione. Non è più pensabile attendere che una carta si sposti da una parte all’altra della pubblica amministrazione quando oggi basta un click. I tempi vanno decisamente ridotti. Mi pare che il ministro Brunetta sia particolarmente attivo su questo». Per l’Italia, dunque, una grande opportunità. «Indubbiamente, siamo sulla strada giusta ma tanta ancora ne dobbiamo fare. La nostra crescita resta sempre bassa rispetto a quella degli altri paesi, della Germania in particolare. Il fatto che quest’anno abbiamo un ottimo risultato di sviluppo non deve ingannare perché è comunque riferito a quello dello scorso anno. Teniamo presente che dobbiamo ancora recuperare il Pil del 2008. I segnali che stiamo dando sono però di grande fiducia perché arrivano anche in un momento in cui le cose stanno cambiando nel mondo. Stiamo lavorando mentre le materie prime scarseggiano, anche e soprattutto per speculazione. Prendiamo la Cina, prima ha abbassato i prezzi per accaparrarsi quote di mercato ed ora mette i dazi alle sue esportazioni perché il fabbisogno interno lo richiede. Questo sta mettendo in crisi gli approvigionamenti degli altri paesi, compreso il nostro. Dovremmo essere capaci di affrontare anche questa criticità che non è l’unica. Va benissimo la transizione ecologica, siamo convinti che è la via giusta ma se i paesi che producono più emissioni di CO² in atmosfera, tipo Cina e Stati Uniti, non si adeguano rischiamo di essere messi in crisi anche noi». Intanto siamo alle prese con la pandemia. «Dobbiamo capire che siamo in pericolo, il nostro paese ha pagato un prezzo carissimo. Ci sono stati ben centotrentamila morti, è come se la città di Salerno scomparisse di colpo… una tragedia. Forse non tutti hanno vissuto la pandemia con la giusta consapevolezza. Manzoni, quando parlava della peste del 1690 a Milano, ne descriveva gli effetti devastanti. Oggi a raccontarci tutto sono i media ma tanti sono ancora vivi, per fortuna. Dobbiamo convincerci che il vaccino è una soluzione che va praticata senza remore anche se comprendo che non c’è stata chiarezza nella comunicazione. Anche il Green Pass assume un ruolo controverso ma è inevitabile per dare maggiore sicurezza a tutti». Antonio Abate
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