"Per non dimenticare" negli spazi del Moa - Le Cronache
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“Per non dimenticare” negli spazi del Moa

“Per non dimenticare” negli spazi del Moa

Al Museo di Eboli Luigi Nobile ha inaugurati ieri sera la rassegna “Persecutions” con ShowUp, che ci accompagnerà fino al 9 febbraio

Di GAETANO DEL GAISO

«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati[…]». Così gli articoli 1 e 2 della legge 20 luglio 2000 n. 211 si pronunciarono nei riguardi di una delle tragedie più terrificanti e deplorevoli della storia dell’uomo, esibendo il proprio lasciapassare per quella sarà poi, infine, la risoluzione finale delle Nazioni Unite, che il giorno 1 Novembre 2005, nel corso della 42° riunione plenaria, stabilirà che il giorno 27 Gennaio, di ogni anno, celebrazioni, commemorazioni, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessioni riportino alla memoria un memento così infaustamente scomodo e turpe, gravoso oltre ogni misura. Ridondante oggi, forse, più che allora. La morte in proscenio. Pochi uomini in buca a dirigerne la grottesca pantomima. Danze scomposte, urla strazianti che squarciano quel velo di Maya che, con gesto meccanico, adagiamo intenzionalmente sul nostro capo per non vedere, per non sentire, per non sentirci in dovere di agire, per non sentirci in dovere di ricordare. Indifferenti, smarriti, sopescenti agglomerati di grigie ceneri che la sola forza di un debole soffio asperge su un terreno arido e infecondo, nella speranza che questi, un giorno, potrà, di nuovo, portare frutto. E chissà che magari proprio questa rassegna organizzata dal Museo dell’Operazione Avalanche di Eboli (SA), rappresentato dall’eccellente persona del suo direttore artistico, Luigi Nobile, Sophis, Mo’Art, MV Dance Factory, Associazione Campania Danza e Start’Mo, col patrocinio del Comune di Eboli e della Comunità Ebraica di Napoli non ci fornisca gli strumenti necessari a renderci più consapevoli dell’incidenza del nostro operato sul naturale percorso del mondo. Tre gli appuntamenti. Il primo si è svolto proprio ieri con ‘Showup’, spettacolo di teatro-danza organizzato da MV Dance Factory per la regia di Eirene Campagna e le coreografie di Simone Liguori, ispirata al volume della regista Racconti che sopravvivono.Ottant’anni fa, le leggi razziali. L’Italia cacciava i ragazzini ebrei dalle scuole e si attrezzava a sostenere l’alleato nazista nella soluzione finale. Crescono i collaborazionisti, i delatori, i carnefici, la zona grigia si rafforza e fioriscono anche da noi i primi campi che servono da trampolino verso lo sterminio delle camere a gas. Per fortuna in questa storia terribile e non ancora elaborata, ci furono delle eccezioni. E da una di queste prende l’avvio questo libro: si parte dallo straordinario incontro tra la popolazione di Campagna, un piccolo paese in provincia di Salerno, nei pressi di Eboli, dove un vecchio convento fu adibito a campo di smistamento, e gli internati ebrei. E procede alimentandosi di molte più storie tutte intrecciate tra loro – da quelle che hanno come protagonisti i “grandi” testimoni come Primo Levi, ma anche quelle piccole e minime. Il Museo della memoria e della pace permette di ricostruire quanto la popolazione di Campagna fece per salvare persone che erano uguali a loro ma condannate solo per l’impalpabile e invisibile motivo della “razza”, per dare poi la parola direttamente ai testimoni, come si dice, di seconda generazione. Il secondo appuntamento è previsto per sabato 1 Febbraio alle ore 20,30, con ‘Un pallone finito ad Auschwitz’, spettacolo teatrale di e con Sergio Mari, la storia di uno degli allenatori più importanti che il calcio italiano abbia avuto: Arpad Weisz. L’allenatore più giovane che in Italia sia riuscito a vincere uno scudetto, record ancora imbattuto; allenatore rivoluzionario purtroppo finito nel campo di sterminio. Uno spettacolo  scritto dall’ex calciatore Sergio Mari e da egli stesso interpretato. Una pièce intensa, ricca di notizie, aneddoti, informazioni, che indagano sul periodo infausto che l’Italia attraversò, ma anche la storia dei calciatori del Bologna, campioni dell’epoca con un bottino di due scudetti vinti oltre a una Coppa delle Esposizioni portata a casa da Parigi contro i maestri del Chelsea. Chiuderà la rassegna domenica 9 febbraio alle ore 19, “Noi pupazzi”, spettacolo teatrale con Marco De Simone. Qui, il burattinaio Saul fa sognare gli abitanti del suo paese con le favole che inventa e mette in scena per loro. L’avvento delle Leggi razziali del ’38 sconvolge la sua vita, come quella di migliaia di altre persone, ma non sopprime la necessità di dare voce ai suoi pupazzi. Continuerà a raccontare le sue storie alle persone che fuggono e si nascondono con lui, offrendo loro l’occasione per distrarsi, commuoversi, sorridere, nonostante la realtà inaccettabile che li circonda. Lo spettacolo denuncia l’orrore della discriminazione e della persecuzione in senso universale. La vicenda narrata è ambientata alla fine degli anni ’30 in un probabile paese della provincia italiana, quindi ha un riferimento storico ben preciso; tuttavia, non si tratta di uno spettacolo sulla Shoah o sulle deportazioni – in scena non si parla mai di campi di concentramento, gas, sangue. La storia di Saul, piena di passione e speranza, vuole essere un inno alla vita, un monito a valorizzare l’esistenza nel rispetto di coloro a cui è stata strappata senza motivo.