Parla don Michele: «Sant'Anna non è un ghetto: sì allo sportello per stranieri» - Le Cronache
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Parla don Michele: «Sant’Anna non è un ghetto: sì allo sportello per stranieri»

Parla don Michele: «Sant’Anna non è un ghetto: sì allo sportello per stranieri»

di Carmine LANDI

BATTIPAGLIA. Il quartiere sant’Anna non va etichettato. Parola di don Michele Olivieri, curato della parrocchia “S. Gregorio VII”, cuore pulsante del popoloso rione; dopo esser stato di frequente sollecitato, infatti, il sacerdote ha espresso qualche considerazione su “Passepartout”, il progetto comunale – fortemente voluto dall’ex-sindaco, Giovanni Santomauro, e dal suo assessore alle Politiche Sociali, Francesco Della Corte – finanziato con le risorse comunitarie provenienti dal PON 2007/2013 “Sicurezza per lo Sviluppo – Obiettivo Convergenza” – che ai principi di maggio porterà all’inaugurazione di un centro polifunzionale per immigrati in un locale di via Leopardi – proprio nel quartiere Sant’Anna –  confiscato alla criminalità organizzata.

«Senza entrare nel merito delle questioni amministrative – dichiara il sacerdote – ritengo che

parlare di centro polifunzionale sia alquanto esagerato, perché un centro erogatore di servizi di certo non può soddisfare determinate progettualità in un sito come quello di via Leopardi; è più giusto, pertanto, parlare di uno sportello per immigrati regolari».

La diversa nomenclatura non muta la sostanza? Tutt’altro: «effettivamente – spiega il presule – l’ente locale ha il dovere di garantire questo servizio agli stranieri regolarmente residenti nel nostro territorio; la confusione che si fa, aprendo dibattiti inutili e fuorvianti, dunque, è anche frutto di una non adeguata conoscenza delle politiche in materia di migrazione».

Anche il parroco del quartiere Sant’Anna, dunque, parla di qualcosa che è poco più di uno sportello: «l’aver chiesto alle associazioni del terzo settore una cooperazione, sotto forma di volontariato, che possa favorire i processi di integrazione è un di più che lo “sportello” propone agli utenti stranieri regolari; ma, se la collaborazione volontaria delle Associazioni può essere considerata a tempo determinato, il servizio al cittadino straniero è un impegno ed un dovere ineludibile che va reso sempre, per cui non può essere considerato un “progetto a termine”».

Ad ogni modo, don Michele ci tiene a far chiarezza su un punto in particolare: «non capisco e non capiamo – afferma il prete – perché qualcuno stigmatizzi con estrema leggerezza aree urbane come quella del quartiere S. Anna, segnate da degrado e criticità sociali, arrivando persino ad utilizzare espressioni come “bomba sociologica”: chi fa dichiarazioni del genere, conosce la gente del quartiere S. Anna?».

Il quadro che il sacerdote ha delle anime che è stato chiamato a evangelizzare, infatti, è completamente differente: «in tutti questi anni vissuti a servizio di questo popoloso quartiere – racconta il don – ho avuto e ho continuamente modo di apprezzare lo sperimento, la bontà, la genuinità, la generosità e le molteplici potenzialità delle persone che vi abitano».

Tutto rose e fiori, allora? «Niente affatto: le problematiche ci sono, ma stigmatizzarle con un cerchiaggio rosso, a significare rischio e pericolo, è un crimine».

Gli oltre 16mila abitanti del rione, infatti, non hanno nulla a che fare con le descrizioni che spesso di essi vengono tratteggiate: «Io ho apprezzato da queste persone, sia italiane che straniere, il profondo senso di onestà e dignità nell’affrontare le problematiche che si affacciano alla porta; ho imparato a incontrare le persone e a non considerarle anonime; di moltissimi conosco nome, volto e storia. È da qui che comincia l’integrazione».

Una riflessione ancorata anche in certe visioni storiche: «non dimentichiamo – spiega padre Olivieri –  che, nei confronti dei paesi un po’ più a sud, noi europei abbiamo ancora un debito morale ed economico molto alto: li abbiamo sfruttati, abbiamo bloccato i processi di sviluppo, abbiamo impedito l’utilizzo delle risorse per l’emancipazione sociale ed economica».

Infine, un ulteriore accenno al discorso sociologico: «facendo riferimento alla famigerata “bomba sociale” – chiosa il parroco –, noi cari bravi cittadini italiani le facciamo esplodere ogni giorno, attraverso i proprietari di appartamenti che infilano nei propri stabili decine e decine di immigrati, regolari e non, pretendendo fitti da capogiro, oppure impiegando molti stranieri in agricoltura a nero, creando così dei veri e propri sistemi di evasione a danno sia dello Stato italiano e sia di queste povere persone che hanno sperato, in una terra lontana, un futuro migliore».