Omicidio: la verità di Matteo Vaccaro, l'alibi di Guido - Le Cronache
Cronaca

Omicidio: la verità di Matteo Vaccaro, l’alibi di Guido

Omicidio: la verità di Matteo Vaccaro, l’alibi di Guido

“Sì ho litigato quella mattina con Antonio Procida. Mi ha dato anche uno schiaffo ma non sono il mandate dell’omicidio”. Non è bastato al boss Matteo Vaccaro chiarire la sua posizione, in oltre mezz’ora di interrogatorio davanti al Gip Emiliana Ascoli, per evitare il carcere. Per il magistrato ci sono elementi sufficienti a confermare a disporre di misura cautelare in carcere. Restano dietro le sbarre, oltre il boss di Ogliara, anche il figlio Guido e Roberto Esposito. Quest’ultimo, difeso dall’avvocato Anna Lisa Buonadonna, è stato l’unico ad avvalerse della facoltà di non rispondere. Diversa la posizione assunta da Matteo Vaccaro, difeso da Massimo ed Emiliano Torre, che ha deciso di chiarire la sua posizione ricostruendo la giornata di martedì culminati con il duplice omicidio di via Magna Grecia. L’uomo non ha megato di aver discusso la mattina davanti al Bar Vintage per la questione dei manifesti elettorali. Del resto c’erano diversi testimonianze ad inchiodarlo. “Ho avuto un’accesso discussione con il Procida perché non aveva rispettato gli accordi presi”. Il riferimento è alla questione dell’attacchinaggio dei manifesti elettorali per i quali il cinquantasettenne boss di Ogliara avrebbe concesso una sorta di “subappalto” ad Antonio Procida ed Angelo Rinaldi. “L’intesa era questa ma le cose sono andate diversamente. Si muovevano per conto loro e per tale movito chiesi chiarimenti”.  Di rimando Procida rispose, a denti stretti, che Vaccaro non “contava niente”. Affermazioni seguite da uno schiaffo. Il boss di Ogliara ha sottolineato che la questione dei manifestati riguardava soltanto il candidato al consiglio regionale Romano Lello Ciccone e non per altri esponenti politici. “L’accordo era per l’affisione dei manifesti per Ciccone”. Non sarebbe emersi nomi di altri politici coinvolti nell’affaire dei manifesti. Vaccaro ha negato di aver ordinato al figlio, e ad altre persone, di uccidere Procida e Rinaldi. Una versione che non ha convinto il Gip Emiliana Ascoli che ha convalidato gli arresti dei tre indagati per i gravi elementi indiziari a loro carico. Ma i legali annunciano battaglia. Dai filmati non emergerebbe elementi tali da inchiodare i tre principali indiziati dell’omicidio di via Magna Grecia. Un altro tassello sarà aggiunto nelle prossime ore con le risultanze della prova dello stub. “Sì ho litigato quella mattina con Antonio Procida. Mi ha dato anche uno schiaffo ma non sono il mandate dell’omicidio”. Non è bastato al boss Matteo Vaccaro chiarire la sua posizione, in oltre mezz’ora di interrogatorio davanti al Gip Emiliana Ascoli, per evitare il carcere. Per il magistrato ci sono elementi sufficienti a confermare a disporre di misura cautelare in carcere. Restano dietro le sbarre, oltre il boss di Ogliara, anche il figlio Guido e Roberto Esposito. Quest’ultimo, difeso dall’avvocato Anna Lisa Buonadonna, è stato l’unico ad avvalerse della facoltà di non rispondere. Diversa la posizione assunta da Matteo Vaccaro, difeso da Massimo ed Emiliano Torre, che ha deciso di chiarire la sua posizione ricostruendo la giornata di martedì culminati con il duplice omicidio di via Magna Grecia. L’uomo non ha megato di aver discusso la mattina davanti al Bar Vintage per la questione dei manifesti elettorali. Del resto c’erano diversi testimonianze ad inchiodarlo. “Ho avuto un’accesso discussione con il Procida perché non aveva rispettato gli accordi presi”. Il riferimento è alla questione dell’attacchinaggio dei manifesti elettorali per i quali il cinquantasettenne boss di Ogliara avrebbe concesso una sorta di “subappalto” ad Antonio Procida ed Angelo Rinaldi. “L’intesa era questa ma le cose sono andate diversamente. Si muovevano per conto loro e per tale movito chiesi chiarimenti”.  Di rimando Procida rispose, a denti stretti, che Vaccaro non “contava niente”. Affermazioni seguite da uno schiaffo. Il boss di Ogliara ha sottolineato che la questione dei manifestati riguardava soltanto il candidato al consiglio regionale Romano Lello Ciccone e non per altri esponenti politici. “L’accordo era per l’affisione dei manifesti per Ciccone”. Non sarebbe emersi nomi di altri politici coinvolti nell’affaire dei manifesti. Vaccaro ha negato di aver ordinato al figlio, e ad altre persone, di uccidere Procida e Rinaldi. Una versione che non ha convinto il Gip Emiliana Ascoli che ha convalidato gli arresti dei tre indagati per i gravi elementi indiziari a loro carico. Ma i legali annunciano battaglia. Dai filmati non emergerebbe elementi tali da inchiodare i tre principali indiziati dell’omicidio di via Magna Grecia. Un altro tassello sarà aggiunto nelle prossime ore con le risultanze della prova dello stub.

 

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