Non c’è stata nessuna truffa all’Ateneo - Le Cronache
Cronaca Giudiziaria

Non c’è stata nessuna truffa all’Ateneo

Non c’è stata nessuna truffa all’Ateneo

di Pina Ferro

Erano accusati di aver intascato soldi pubblici: tutti assolti per non aver commesso il fatto. Il professore Saverio Salerno, il docente Ciro D’Apice, il ricercatore Antonio Raia e il commercialista Carmine Capozzi, Salvatore Montefusco (segretario personale di Salerno e nell’organico del personale tecnico del Diem, il Dipartimento di ingegneria dell’informazione ed elettrica e matematica applicata), Carole Montefusco (assegnista al Diem), Luca Romanelli (dipendente tecnico del Diem) Simonetta Rotondi (moglie del commercialista Capozzi e sua collaboratrice) non hanno posto in atto alcun raggiro o truffa ai danni dell’Ateneo di Salerno. A stabilirlo i giudici del Tribunale di Salerno al termine del processo durante il quale sono stati sentiti numerosi test. Il pubblico ministero Rocco Alfano al termine della requisitoria aveva chiesto pene che andavano dai tre anni e sei mesi a due anni e cinque mesi ed un sequestro di beni per un valore di un milione e 668mila euro a carico degli otto imputati tra docenti universitari, professori e tecnici difesi da Giuseppe Della Monica.
Secondo quella che era l’accusa alcuni finanziamenti pubblici destinati alla ricerca sarebbero finiti nelle tasche di quelli che, per la Procura di Salerno, erano i componenti di una vera e propria associazione a delinquere. Gli imputati, secondo l’accusa, avrebbero intascato, in cinque anni un milione e 668 mila euro.
La posizione più grave è quella del professore Saverio Salerno, che per il sostituto procuratore Rocco Alfano sarebbe stato la mente del raggiro.
Intorno al Diem ruotava – secondo gli inquirenti – un nucleo di società di ricerca e consorzi che sarebbe riuscito a truffare lo Stato, l’Unione europea e la Regione Campania. I consorzi e le società erano state costituite con lo scopo statutario di sviluppare progetti di ricerca in grado di trovare applicazione nelle imprese, e che però sarebbero state utilizzate per interessi personali. Così il “Polo d’eccellenza” ideato dal professore Salerno (al vertice per anni dei maggiori centri di ricerca sull’applicazione delle scienze matematiche) sarebbe diventato una centrale della truffa, che drenava fondi pubblici, gonfiava le ore di lavoro e favoriva la vendita di prodotti informatici elaborati da società controllate da alcuni degli imputati.