- Il salernitano Enzo Maraio verso candidatura in Emilia RomagnaPubblicato 11 ore fa
- Aumento refezione scolastica, “scelta assurda da parte dell’amministrazione”Pubblicato 13 ore fa
- Ciambriello: “Fuorni primo carcere in Campania per Covid”Pubblicato 14 ore fa
- Agropoli, consiglio comunale fiume: sette ore di dibattimento. Ritirati due punti dell’odgPubblicato 15 ore fa
- Accelera la crescita dei prezzi del carrello della spesaPubblicato 22 ore fa
- Grimaldi: Superbonus 110%, Nuovo governo deve convocare un tavoloPubblicato 2 giorni fa
- Mons Scarano, le motivazioni della condannaPubblicato 4 giorni fa
- L’indecoroso 25 settembre di SalernoPubblicato 5 giorni fa
- Caso Brusca, un pentito ora pericolosoPubblicato 6 giorni fa
- Caso Coscioni, c’è la commissione d’inchiestaPubblicato 6 giorni fa
No alla Via, la proprietà: «Diniego pretestuoso»

Andrea Pellegrino
«Immediata rivisitazione del parere negativo espresso dalla Commissione Via – Vas». Le Fonderie Pisano tornano all’attacco dopo il provvedimento del settore ambiente della Regione Campania che sostanzialmente sbarrerebbe la strada, sotto il profilo amministrativo, all’opificio di Fratte. Così sono state presentate le controdeduzioni accompagnate anche da una nota a firma dell’avvocato Lorenzo Lentini per chiedere, tra l’altro, l’audizione in commissione di tecnici e legali prima della conclusione del procedimento. Lentini invita a “correggere le sviste”: «La Via delle Fonderie Pisano non investe l’intero processo produttivo dell’insediamento industriale, che essendo preesistente alla disciplina comunitaria, non è soggetto a Via, ma riguarda unicamente interventi migliorativi sugli impianti». «Le opere – si legge – non aumentano la capacità produttiva della società che ha l’unico obiettivo di fornire un ulteriore contributo al miglioramento dell’ambiente». Nell’atto di preavviso di diniego della Via la Regione Campania era stata abbastanza esplicita: «Le Fonderie creano problemi all’ambiente». Tradotto: inquinano. Una tesi che ora l’avvocato Lentini tenta di ribaltare: «L’attuale processo produttivo delle Fonderie rispetta i valori normativi minimi. Tale diniego – infatti, si legge – si traduce in una pretestuosa forzatura ed è fondato su motivazioni tecniche deboli ed assolutamente evanescenti». Ancora, sostiene l’amministrativista: «Il diniego ha conseguenze devastanti, esponendo le Fonderie Pisano al rischio di definitiva chiusura con impossibilità di delocalizzazione. Le unità lavorative sono ben oltre le 120 ed il fatturato oscilla tra i trenta e i quaranta milioni di euro. In tal modo è evidente la violazione di altri diritti costituzionalmente garantiti: il diritto al lavoro e all’iniziativa economica».