«Mio padre, abbandonato dai medici morto dopo una settimana di calvario» - Le Cronache
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«Mio padre, abbandonato dai medici morto dopo una settimana di calvario»

«Mio padre, abbandonato dai medici morto dopo una settimana di calvario»

di Erika Noschese

Ancora un caso di malasanità nell’agro nocerino sarnese. A denunciarlo la famiglia di un malato oncologico, Domenico Simonetti, che in piena emergenza Coronavirus si è visto abbandonato dagli ospedali dove lui era in cura, Napoli e Pagani e rifiutato più volte il soccorso di nocera inferiore. «Due anni fa a mio padre viene diagnosticato un tumore al pancreas – racconta la figlia Rosita – E’ stato necessario andare a Modena per capire che nostro padre stava davvero male: al Ruggi, infatti, ci hanno parlato di una pesante forma di stress, nulla di più»anche dopo aver fatto privatamente tutti gli accertamenti con tac e altro. Ed è proprio da lì che inizia il calvario di Domenico, costretto a girare in lungo e largo l’Italia per provare a lenire il dolore che quel brutto male gli causava. Dopo una prima cura che sembrava funzionare, Domenico – in cura a Verona – era pronto a subire l’operazione per l’asportazione del tumore ma, quella cura che sembrava aver fatto effetto, altro non era che un’illusione: in sala operatoria, infatti, i medici non hanno potuto far altro che constatare come il tumore fosse ancora presente, inoperabile, anche qui i tempi non sono stati regolarizzati bene perché dalla dagnostica all operazione dovevano passari pochi mesi e no un anno.(questi mali non aspettano!!!) A quel punto torna a casa, fa altre chemioterapie ritorna a pagani ma la dottoressa che lo aveva in cura era assente: la famiglia a quel punto si rivolge alla casa di cura Tortorella. «La terapia non funzionava, mio padre sembrava sereno, si fidava del medico ma io notavo che qualcosa non andava», racconta ancora la figlia che chiede di conoscere la verità. Suo padre, inevitabilmente, sarebbe morto ma forse non in quel modo, non tra dolori allucinanti e soprattutto non abbandonato al suo destino, rifiutato dai medici del pronto soccorso perchè, in quel momento, la priorità era il Coronavirus. Una serie di errori, forse negligenza, alla base di quella sofferenza. «Abbiamo chiesto un ricovero d urgenza sia a napoli che a pagani, ma ci hanno sempre detti che mio padre non era terminale, non era una persona che stava cosi male da poter attuare un ricovero». Una sofferenza che ha portato la famiglia Simonetti a rivolgersi a diversi medici e ad attiversi personalmente anche solo per il posizionamento del port. Un passaggio mai avvenuto, da Pagani ad altri ospedali della provincia di Salerno, nonostante varie rassicurazioni. «Era necessario procedere con il posizionamento del port, a Pagani non era possibile ragion per cui avrei dovuto portare mio padre ad Eboli o ad Oliveto Citra – racconta ancora la figlia dell’uomo – Abbiamo aspettato settimane ma nulla. A quel punto, ho contattato i presidi ospedalieri in questione personalmente e da entrambi mi è stato risposto che mio padre non era in lista d’attesa semplicemente perchè non c’era mai stata comunicazione ufficiale». Nel frattempo, le condizioni di salute dell’uomo continuano a peggiorare tanto da chiedere di metterci un drenaggio e esportarci 10litri di liquidi… Il giorno 22maggio l’ultima chemioterapia, senza alcuna protezione. «A mio padre hanno letteralmente spaccato lo stomaco, gli hanno fatto una chemio senza alcuna protezione», racconta poi la famiglia. Intanto, il tubo del drenaggio fuoriesce: «Un’ambulanza del 118 porta mio padre al pronto soccorso dell’Umberto I, lì all’inizio rifiutano di farlo entrare poiché secondo loro dovevamo recarci da chi incoscientemente aveva messo un drenaggio senza alcun punto fermo. Dopo tre ore, il corpo di mio padre era invaso dai liquidi, gli hanno messo un punto, senza alcuna anestesia e senza pulire la zona – denuncia ancora la famiglia – Temiamo che quel punto, messo così male, possa aver fatto infezione, dato che la notte siamo ritornati al pronto soccorso dicendoci che i liquidi ormai erano entrati nel sottocutaneo». Una settimana di calvario: Domenico, il 25 maggio – giorno prima della sua morte – chiede alla figlia di scrivere alla dottoressa di Pagani: voleva essere ricoverato, non sopportava più quei dolori. Il ricovero secondo i dottori di Pagani non poteva essere fatto perché non c’erano posti, la dottoressa, successivamente alla morte del 57enne, spiega ai familiari che l’ospedale nulla avrebbe potuto fare per Domenico. Il 26 maggio l’uomo muore, tra le braccia delle sue figlie. «Non si sarebbe salvato, lo sappiamo ma meritava una vita più dignitosa, si è sentito abbandonato dai medici – racconta infine la figlia – Solo il nostro medico di base è rimasto accanto a lui fino alla fine, ogni giorno lo visitava e provava a capire perchè, negli ospedali dell’Agro, non c’era posto per lui. Vorrei solo conoscere la verità, capire se c’è qualche responsabile, perchè mio padre ha dovuto soffrire così?».