Mascagni, Puccini, Donizetti e Verdi per il 2020 del massimo cittadino - Le Cronache
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Mascagni, Puccini, Donizetti e Verdi per il 2020 del massimo cittadino

Mascagni, Puccini, Donizetti e Verdi per il 2020 del massimo cittadino

E’ già tototitoli per la nuova stagione lirica, dopo le ultime produzioni che hanno punteggiato l’anno appena archiviato. La Cavalleria Rusticana verrà accoppiata con il Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, dittico verdiano con Nabucco e Aida e gran drink per bere l’Elisir  di Dulcamara. Il conservatorio Martucci ha in progetto la Nona Sinfonia di Ludwig Van Beethoven

Di OLGA CHIEFFI

Anno celebrativo il 2020 per la musica, con il 250° anniversario della nascita di Ludwig Van Beethoven, a cui si associano diverse altre date importanti, da Bruno Maderna a Tchaikovsky e Paganini, Arturo Benedetti Michelangeli, Max Bruch, Alexander Arutjunjan, e ancora, Mahler, Bach, Offenbach, anno difficile per  le infinite idee che fioriscono nelle menti di direttori artistici e assistenti, le braccia che s’incrociano, tra tanto da studiare, suonare, ascoltare, realizzare, ma anche quest’anno non possiamo non lanciarci in quel “tototitoli” sulla stagione lirica del teatro Verdi, che tanto ci diverte e da sempre incuriosisce i nostri lettori. Anno di scadenze per il nostro “Immenso Fhtà” Daniel Oren, che crediamo non abbandonerà Salerno e firmerà ancora un cartellone prestigioso, che lo vedrà protagonista, insieme al suo braccio destro Antonio Marzullo e a quello sinistro, Rosalba Lo Iudice. Sbirri (sempre tre) sguinzagliati e, pare, che la novità dell’ annata sia la Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, nell’accoppiata certamente inedita, ma per il nostro massimo con il Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, un tassello del trittico, che da tanto tempo è in animo della direzione artistica tentare di produrre, ma è sempre sfumato, binomio questo che ricordiamo al Teatro di San Carlo con la regia di Roberto De Simone. Due opere diverse ma a forte connotazione geografica che le rende inseparabili dai luoghi in cui si svolgono: la Sicilia morbosa, omertosa e ombrosa, e la Toscana arguta, irriverente e dissacratoria i cui luoghi vengono continuamente evocati, nel Gianni Schicchi. Tornano Nabucco e Aida. La rappresentazione del Nabucco è naturalmente un po’ telefonata, visto che il teatro Verdi ne possiede scenografie e costumi firmati da Quirino Conti realizzate per l’esecuzione del 2009. Nabucco è l’opera del “Va’, pensiero, sull’ ali dorate; va’, ti posa sui clivi, sui colli, ove olezzano tepide e molli l’aure dolci del suolo natal!”, il più famoso coro del melodramma italiano, col suo salto musicale di ottava su “ali”, come a spiccare idealmente il volo verso una libertà agognata, un diritto umano (“chi è libero di pensiero è già libero nello spirito” diceva un noto rivoluzionario). E’ il lessico del melodramma più celebre tra quelli del giovane Verdi, avvalora senza dubbio l’asserzione che la sua musica sembra di una tal gagliarda forza illustrativa e comiziale da assumere una specie di ruolo di guida della coscienza civile dell’Italia da fondare, o, se si preferisce, di documento che testimonia di un’area sociale, culturale e linguistica, su cui tuttora ci si esercita come su un libro di storia patria. Si pensa anche all’Aida che  un’opera di tutto riposo, non è mai la cui valutazione si sia ormai cristallizzata in un giudizio definitivo. Nonostante la sua enorme popolarità, Aida è un’opera che si interroga ancora, e ad ogni ripresa ci si va con l’animo aperto alla possibilità di modificare le proprie opinioni, con l’intenzione di verificare impressioni di cui non si è sicurissimi. Di qui la speranza che si ripone sempre nel fattore esecutivo, che magari riesca talvolta ad arrestare lo sgretolamento di questo idolo di un’opera che insieme al Nabucco sono terreno fertilissimo per la bacchetta di Daniel Oren. Per l’opera buffa si continuerà con Gaetano Donizetti, del quale berremo “l’odontalgico mirabile liquore” del dottor Dulcamara. Qualche anno fa il desiderio di Lina Wertmuller di dirigere un’opera buffa, chissà se verrà accontentata, come pure l’Elisir d’amore è un’ opera in cui potrebbe cimentarsi comodamente il nostro conservatorio, che pare, però, abbia deciso di affrontare l’oneroso cimento di eseguire la nona sinfonia di Ludwig van Beethoven, omaggiando così il genio tedesco nel suo anno celebrativo. Ma le sorprese potrebbero non finire qui, poiché alla Cavalleria Rusticana con il primo tassello del trittico pucciniano, potrebbe (e speriamo) aggiungersi l’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo accoppiata con Suor Angelica. Il solo Tabarro resterebbe fuori dalla proposta lirica del massimo cittadino, ma come qualcuno sa, noi non lo faremo mancare tra gli stucchi e i velluti del teatro Verdi.