Lo scat della “Fille du feu”, Leila Duclos - Le Cronache
Spettacolo e Cultura Musica

Lo scat della “Fille du feu”, Leila Duclos

Lo scat della “Fille du feu”, Leila Duclos

E’ la vocalist francese il Premio Emidio Cecchini 2022, che le verrà consegnato questa sera, alle ore 21, nell’area Etrusco-sannitica di Fratte che ospita la XXV edizione dei Concerti d’Estate di Villa Guariglia, nell’ambito del suo concerto con il Max Barrella Gipsy Quartet

 Di Olga Chieffi

Quarto appuntamento, oggi, alle ore 21, nell’area archeologica etrusco-sannitica di Fratte, del cartellone de’ I concerti d’Estate di Villa Guariglia in tour.  Torna in questa particolare serata, il Premio delle Arti in memoria di Emidio Cecchini dopo due anni, promosso da ACLI sede provinciale Salerno – APS. A sei anni dalla salita al cielo, nel corso dei Concerti d’estate di Villa Guariglia si tornerà a ricordare il credo e l’operato dell’amico, Emidio Cecchini, Presidente nazionale Acli Arte e Spettacolo. Il direttivo ha scelto, infatti, di conferire il Premio a Leila Duclos, uno dei nuovi talenti emergenti della scena musicale di Parigi, da anni ormai una delle capitali del jazz europeo, che stasera si esibirà con il Max Barrella Gipsy Quartet, che schiera la leader alla voce e chitarra, Max Barrella – chitarra, Rocco Zaccagnino – fisarmonica e Marco de Tilla – contrabbasso, impegnati in uno spettacolo dal titolo “Django Moods”. I musicisti proporranno un viaggio sulle tracce della mano sinistra del diavolo Django Reinhardt e dello swing francese degli anni ’30. Il quartetto è dedito alla musica gipsy europea e in particolar modo al “jazz manouche”, genere musicale che trae la sua origine dalla fusione tra l’antica tradizione musicale zingara del ceppo dei Manouches ed il jazz americano. Il quartetto è dedito alla musica gipsy europea e in particolar modo al “jazz manouche”, genere musicale che trae la sua origine dalla fusione tra l’antica tradizione musicale zingara del ceppo dei Manouches ed il jazz americano. I nomadi Manouches sono i discendenti del ceppo zingaro più antico. Giunti in Europa occidentale tra il XV e il XVI secolo, dopo un viaggio durato circa un millennio, hanno scelto come sede di permanenza la Francia, l’Olanda, la Germania e il Belgio. La loro origine indiana trova conferma nel nome “manus”, appartenente al ceppo linguistico indoeuropeo. E’ entrato nel linguaggio corrente francese come manouches che dall’antico Hindi deriva dal termine “manusa”: essere umano. Un contributo significativo allo sviluppo dello stile musicale Manouche fu apportato negli Anni Trenta dal chitarrista e compositore Django Reinhardt, anch’egli manouche. Nel 1934, Django creò con il violinista Stéphane Grappelli il Quintetto a corde dell’Hot Club de France. Django, fu definito la mano sinistra del diavolo, a causa di un incidente che in qualche modo fu parte del suo successo. A seguito di un grave incendio perse l’uso di tre dita della mano sinistra e nonostante questa grave menomazione riuscì a reinventare una tecnica chitarristica che lo ha reso celebre ed immortale “inventandosi” necessariamente nuove diteggiature, con l’indice e il medio che scorreva la tastiera aumentando velocità e precisione, con l’anulare e il mignolo, parzialmente paralizzati, diventò precursore dell’uso delle ottave (poi divenute il “marchio di fabbrica” di Wes Montgomery) e prendendo dei semibarrè che arricchivano gli accordi di none e tredicesime e sui quali la portentosa mano destra eseguiva dei “rullii” secchi ed energici similari proprio a quelli di un rullante di batteria, rivoluzionando la chitarra jazz. Ascoltando la musica che arrivava dagli Stati Uniti negli anni 30’ a Parigi, attraverso Simenon, Sidney Bechet, e tanti grandissimi nomi in tournée, egli seppe coniugare libertà di espressione, improvvisazione e il ritmo tipici dello swing, con il virtuosismo e la personalità della tradizione musicale zigana. Leïla Duclos, presenterà anche  il suo album “Fille du feu”, un primo opus di canzoni originali dove rivela la sua personalità musicale, in particolare nel virtuosismo del suo scat. Questo progetto di grande ecletticità musicale, rivela attraverso i suoi diversi colori, la singolarità artistica della vocalist, una vero funambola del pentagramma che sa sfoderare un timing prodigioso e naturale che, accoppiandosi ad una intensa ricerca musicale, le permette di avventurarsi lungo rapide progressioni armoniche, creando luminose e giocose improvvisazioni in scat,  parafrasi e digressioni a sorpresa e di confrontarsi con ogni genere di song, conservando, pur nel suo fine perlage, l’aplomb e il dinamismo del suo fraseggio, la nitida e aggraziata fluidità della sua enunciazione. Scopriamo il fuoco della sua energia, in un topos primordiale offerto all’ispirazione e all’improvvisazione, ma anche nei temi dei testi, sia sentimentali che poetici, che parlano dell’amore, della rabbia, dell’ideale, dei sogni, di tutte quelle cose che, alla fine, possono sia consumarci che animarci.