L’emozione della rimpatriata - Le Cronache
Attualità

L’emozione della rimpatriata

L’emozione della rimpatriata

di Vincenzo Sica

Eravamo piccoli e tutti insieme e siamo diventati grandi e grandicelli. Venerdì sera vedervi felici a chiacchierare a ricordare il tempo passato il cuore si è riempito di gioia, in ogni vostro sguardo nei vostri occhi, in ogni piccolo ricordo che affiora, ma ti ricordi di Birra, come no, ma io e te siamo stati in V camerata, si ricordo tutti quei letti tutti in fila, ricordi il maestro Diavoletto chi? O’ scarpar, e certo c’erano alcuni che non ricordavano che stavano lì ad ascoltare poi è scattata la molla, la parte della nostra memoria che ha iniziato a mettere a fuoco momenti, episodi, azioni. Il film delle nostre vite è partito come un treno, fervido e chiaro. Alberto Moscariello dialogando con la moglie, ha posto un orecchio alle parole pronunciate dalla sua signora, l’altro a ciò che dicevamo circa nomi luoghi e personaggi, rimanendo entusiasta, di quanto stesse venendo fuori da certi racconti: alcuni ricordano i tempi bui come Fiorillo il decano di tutti noi che narrava degli stenti che si pativano negli anni ’40, ma sempre con il sorriso sulle labbra, poi i nostri momenti dopo gli anni Cinquanta. Momento bellissimo quello snocciolato da Tomei ex allievo che risiede in Germania da oltre quarant’anni, il quale ha raccontato quanto fosse stato importante per lui il momento vissuto in istituto, che lo ha aiutato tantissimo nella sua vita di emigrato, ed insieme a lui tantissimi altri a parlare del loro passato e del loro presente.

Con la venuta del presidente Menna, i convittori divennero circa seicento unità, e l’ istituto, ha segnato loro la strada sicura, creando scuole mestieri, scuole didattiche, la certezza del vitto, colazione, pranzo e cena completi e alla domenica e festivi spesso anche un piccolo dolce. Il Presidente aveva ricevuto in donazione per i ragazzi una fattoria a Monte d’Eboli dove tutto o quasi il fabbisogno giornaliero era fornito a noi, come il latte, le verdure le carni e altro e portando l’istituto ai grandi fasti. Come dimenticare la banda del 0rfanotrofio che era presente in quasi tutte le processioni cittadine e provinciali, come dimenticare la tipografia anch’essa ricca di storia qui si stampavano e pubblicavano libri, biglietti d’auguri di vista opuscoli. Oggi molti libri indicano la stampa avvenuta in istituto, la scuola d’arte, dove grandi ed eccelsi professionisti ne hanno continuato ed onorato i fasti ribadendo, sempre e con orgoglio, dove avessero imparato il mestiere. Diversi libri parlano di questo istituto ma sono molto personalizzati, uno solo vergato dal nostro amato presidente sviscera in modo completo l’istituto da lui stesso rifondato. “Una Istituzione allo specchio”, infatti, descrive momenti importanti della vita del complesso istituto Umberto Primo, dove la maggior parte dei Salernitani e non solo hanno vissuto dal 1800 fino alla sua chiusura nel 1994 un momento della loro vita bello meno bello ma sicuramente ricco di umanità dove piccolino entravi a sei anni e ne uscivi alla maggiore età, dove l’educazione i principi morali ai quali eravamo forgiati sono stati per tanti di noi esempio e consapevolezza e ci hanno aiutati a essere sempre noi stessi. Oggi sono rimaste solo le mura che lo ricordano come una grande ed imponete figura a tanti di noi e a chi ha coscienza di ricordare quanto è stato significativa questa istituzione, ora dimenticata. Ma, fin quando ci sarà un ex allievo questo istituto in vita, questo monumento avrà sempre la sua memoria sarà sempre lì a ricordare. Io come tutti, racconto la storia la tramando ai posteri ai nostri giovani, figli, nipoti, amici uomini e donne, che cosa rappresentano quelle mura, quei luoghi, perché la storia è una grande maestra di vita ma ha da sempre avuto cattivi allievi.