L'editoriale/ Aria di festa al Palazzo per l'arrivo di Iervolino - Le Cronache
Attualità Salerno

L’editoriale/ Aria di festa al Palazzo per l’arrivo di Iervolino

L’editoriale/ Aria di festa al Palazzo per l’arrivo di Iervolino

di Erika Noschese

Dai consiglieri agli assessori, tutti in festa per l’arrivo del presidente della Salernitana, Danilo Iervolino. C’erano (quasi) tutti ieri mattina a Palazzo Guerra, attendevano – vestiti di tutto punto – l’arrivo del presidente Iervolino che ha incontrato il sindaco Napoli prima di incontrare i giornalisti per la conferenza stampa. Sembrava quasi una giornata di festa, come se tutti avessero dimenticato che Salerno è una città in crisi, sotto tanti, troppi, punti di vista. Va bene il consigliere tifoso, è da apprezzare, indubbiamente, perché la Salernitana e la sua storia non possono finire nel dimenticatoio di una classe dirigente che, spesso, finge di non ricordare l’identità che appartiene a questa città. Va meno bene, per nulla, il consigliere tifoso che dimentica i tanti problemi del capoluogo di provincia e le tante difficoltà che vive la comunità. A cominciare dai dipendenti delle cooperative sociali che, dopo oltre tre mesi, sono ancora in attesa di un bando – il primo ancora in corso – caratterizzato da errori evidenziati dalle organizzazioni sindacali, e riconosciuti dall’amministrazione tanto da disporre la proroga. Una folta presenza al Comune ma – e qui nota di merito – nel rispetto del distanziamento sociale. Più o meno. Ci sarebbe piaciuto, alla cittadinanza più che a noi, vedere la stessa presenza per sostenere la battaglia degli ex dipendenti delle cooperative sociali, per la vertenza de La Fabbrica o, magari, quando alla stampa è stato interdetto l’accesso al Palazzo. Ma nulla se non i “soliti noti”, appartenenti a quella opposizione severa ma giusta che prova a portare Salerno agli antichi splendori. Eppure, non sono i voti della Salernitana ad averli portati in consiglio o in giunta. Sono i voti, tanti e in alcuni casi fin troppo, dei salernitani che oggi si sentono traditi, abbandonati, dimenticati. E no, non è un becero tentativo di “seminare odio sociale”, come qualcuno ama classificare la ferma posizione di quei pochi consiglieri che hanno scelto di sposare la battaglia e di far sentire la loro voce ma la triste, amara e deludente verità.