Lavoro extra a sbafo Così i dirigenti davano il nulla osta - Le Cronache
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Lavoro extra a sbafo Così i dirigenti davano il nulla osta

Lavoro extra a sbafo Così i dirigenti davano il nulla osta

Vincenzo Senatore

E’ il 14 luglio del 2017 quando la responsabile del Psaut 118 di via Vernieri, dottoressa Raffaella Angrisani, riceve una mail rubricata “turni luglio 2017 – cambio turno”. La c o m u n i c a – zione, sempre a mezzo posta elettronica, arriva anche al direttore sanitario, dottor V i n c e n z o D’Amato, e alla dirigente del settore amministrativo, dottoressa Luciana Mazziotti. “A seguito della comunicazione per le vie brevi della Direzione distrettuale – si legge nel testo – che al 30 giugno u.s. la Ip (…) ha effettuato 256 ore di lavoro straordinario e la Ip (…) n. 235, si dispone che il turno del giorno 16 luglio c.a. in orario antimeridiano sia effettuato dall’Ip (…), di cui si è acquisita la disponibilità, al posto della Ip (…)”. Alcuni chiarimenti. Posto che l’acronimo Ip sta per infermiere professionale i nomi, che sono citati nel documento in nostro possesso, evitiamo di citarli per non scatenare una caccia alle streghe che, di questi tempi, è il lato negativo di ogni denuncia pubblica. Le carte, però, parlano chiaro. Questa comunicazione, ci dice una fonte interna all’Asl, fa seguito a una comunicazione inviata al Distretto 66 in merito al tetto massimo di lavoro straordinario effettuato da alcune infermiere. Secondo la normativa vigente non è possibile superare le 250 ore annuali di lavoro extra, un tetto che a luglio, cinque mesi prima della fine dell’anno, una delle infermiere in questione ha già superato (l’altra è a un passo). Problema risolto? Macché. Il 17 luglio, tre giorni dopo la comunicazione di cui abbiamo dato notizia, dalla posta della dottoressa Angrisani parte un’altra mail. “Si rappresenta a tutto il personale paramedico Psaut – è scritto – che il Direttore del Distretto da pochi minuti (la comunicazione è delle ore 17.49, nda) ha comunicato per le vie brevi alla scrivente di aver ottenuto la deroga all’effettuazione del lavoro straordinario per coloro che hanno superato il tetto stabilito. Pertanto, si chiede a ciascuno di voi – prosegue la mail della Angrisani – anche a coloro che non hanno superato tale tetto, di far pervenire in tempi brevi alla scrivente, siglando con firma, la disponibilità a effettuare lavoro straordinario”. Qui sorgono due domande: chi ha autorizzato lo sforamento del tetto di straordinario? E, soprattutto, visto che dalla documentazione, oggi come allora, è possibile verificare come esista un consistente sforamento del tetto massimo da parte solo di alcuni dipendenti, perché nessuno ha effettuato del controlli? E perché non si è chiesto conto ai dirigenti del Psaut 118 della situazione? Cronache, come già evidenziato nel primo articolo su questa inchiesta, è a disposizione di dirigenti e personale coinvolto per qualsiasi chiarimento vogliano fornire, l’importante è che si arrivi alla verità e si accerti la regolarità di tutte le procedure. Abbiamo detto della comunicazione del 14 luglio e di quella del 17, che arriva nel pomeriggio. Dal registro dei turni del mese di luglio del 2017 risulta che proprio una delle infermiere bloccate appena tre giorni prima e poi di fatto riabilitate per il lavoro extra, sia segnata nel turno 19.50/8.10 con un asterisco di fianco al nome. Il che significa, se non leggiamo male la copia in nostro possesso, straordinario. L’altra infermiera interessata, invece, risulta in ferie nel giorni dal 19 al 22, quando viene “coperta”, in cinque fasce orarie su sette, sempre da due colleghe che rientrano in quel famoso gruppo ristretto di addette protagoniste di questo giro di giorni di ferie combinati con straordinario di cui abbiamo parlato qualche giorno fa. Un giro che, a leggere le carte (ma qualcuno dell’Asl o del Distretto 66 può sempre correggerci o aiutarci a capire meglio), sembra produrre come effetto il conteggio delle ferie nel monte orario. Il che rappresenterebbe una violazione di legge poiché le ferie non possono essere monetizzate. Una storia tutta da chiarire che, nella peggiore delle ipotesi, ha creato un danno di svariate migliaia di euro alle casse dell’Azienda sanitaria locale di Salerno.