Lavori a Scafati: le accuse dei casalesi. 15 indagati anche fra impiegati comunali - Le Cronache
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Lavori a Scafati: le accuse dei casalesi. 15 indagati anche fra impiegati comunali

di red. cro.

I verbali dei pentiti nominati testimoni della Procura per Sarastra finiscono nell’inchiesta di Napoli sugli appalti dei casalesi a Scafati. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Luigi Cassandra, ex sindaco di Tremola Ducenta e fedelissimo di Michele Zagaria resi ai pm della Procura Antimafia di Salerno sono stati trasferiti alla Dda partenopea per aprire un fascicolo che vede indagate circa 15 persone. Tra questi ci sono lo stesso collaboratore di giustizia, insieme ad altri due “colleghi”, una decina di imprenditori dell’area casertana che hanno operato nella città dell’Agro e diversi ex o attuali dipendenti dell’amministrazione comunale di Palazzo Mayer. Tutto ha preso corpo dopo le dichiarazioni di Cassandra al pm Vincenzo Montemurro, titolare dell’inchiesta ‘ Sarastra” sul presunto voto di scambio in favore di appalti pubblici a Scafati, in merito a un vero e proprio cartello della mala casalese nella città. Ma non solo Cassandra, perché agli atti ci sono anche le dichiarazioni di Antonio Iovine e Nicola Schiavone. Tutti compariranno nel processo Sarastra e tutti sono nei verbali della procura partenopea. A loro si aggiungono anche altri cllaboratori di giustizia che compaiono a Nocera sul voto di scambio. A Montemurro avevano spiegato come le imprese legate alla camorra casertana hanno lavorato per il Comune di Scafati. Alcune hanno sede a Casapesenna e sono note nella comunità dell’Agro per aver realizzato i lavori della variante di via Oberdan. Gli imprenditori citati dai pentiti sarebbero legati a Michele Zagaria, Antonio lovine e Francesco “Sandokan” Schiavone. Appalti che, secondo igli stessi collaboratori di giustizia, sarebbero stati aggiudicati con un metodo studiato a tavolino per favorire le imprese amiche dei clan. Tutto veniva programmato, eliminando ogni problema. A partire da quelli legati agli ambienti criminali. Secondo Cassandra, ad esempio, i casalesi tenevano buoni anche i clan Loreto-Ridosso e Matrone, vogliosi di partecipare alla spartizione degli appalti. Quando sorgevano questi intoppi a imtervenire secondo il pentito. lo stesso Michele Zagaria. Il boss affrontava ogni questione perché aveva paura che la presenza dei clan locali avrebbero potuto creare problemi alle aziende a lui collegate. «Evitava che le cosche di Scafati potessero creare problemi, perché se fosse accaduto un diverbio si sarebbero potuti perdere i lavori con l’intervento dell’autorità giudiziaria», aveva spiegato Cassandra al magistrato della Dda d Salerno. Non ci doveva essere nessuna interferenza e per questo Zagaria inviava nell’Agro nocerino gli emissari della famiglia. “Faceva fare le imbasciate per dire che qui ci stiamo noi non dotate dare fastidio su quel lavoro. Lui è molto più avanti degli altri’». Ognuno era accontentato con l’invio di denaro per evitare ogni intromissione nelle fasi successive dell ’appalto. A Scafati, per Cassandra, il lavoro di mediazione toccava a Massimiliano Caterino, cassiere di Zagaria, anche lui collaboratore di giustizia. Poi, una volta terminata la fase preparatoria, i casalesi si occupavano della parte amministrativa, già manipolata sul nascere. Secondo i collaboratori di giustizia, a Scafati il clan era arrivato attraverso la parte politica grazie a Nicola Cosentino.