"La Tenda", operatori a nero. Ipotesi chiusura - Le Cronache
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“La Tenda”, operatori a nero. Ipotesi chiusura

“La Tenda”, operatori a nero. Ipotesi chiusura

di Andrea Pellegrino

La situazione sarebbe complicata a “La Tenda”. Talmente complicata che pare che tra le ipotesi ci sia anche la chiusura. Non si esclude che l’intervento di Monsignor Moretti possa, alla fine, trovare la giusta soluzione per salvare le strutture collegate all’associazione di Salerno. Il Centro di recupero e solidarietà conta anche una struttura a Bracciano, oltre a quella di San Severino finita sotto attenzione dell’Arcivescovo e di Luigi Bove che per conto della Curia pare che stia preparando, o abbia già concluso la sua relazione. Seppur lo stesso Bove, si legge nei documenti e nella corrispondenza con don Nicola Bari (presidente dell’associazione), denuncia il mancato accesso a documenti che sarebbero fondamentali per capire la reale situazione in cui versa l’associazione. Su Mercato San Severino (la comunità si chiama Pace e Bene), Bove non nasconde: «E’ evidente che si tratta di una realtà in condizioni disastrose». Ma ancora Bove tratta con severità il sistema riguardante i compensi dei collaboratori del centro: «Il risultato, stando alle informazioni che ho raccolto dagli interessati, è di una gravità che supera ogni immaginazione. All’interno del Centro esistono una varietà di situazioni, per quanto riguarda il trattamento economico, molto diverse da un punto di vista quantitativo e qualitativo». Ad esempio – si legge nella relazione sullo stato di salute del centro “La Tenda” di Bove: «E’ possibile ricevere 3.000 euro o solo 300 euro: tra i due estremi di 300 e 3.000 euro, con una varietà interessante, si collocano tutti i compensi e le diverse formule di pagamento. Parte di questi sarebbero corrisposti senza alcun contratto, parte attraverso il lavoro prestato alle Cooperative costituite e solo qualcuno, stando alle mie informazioni – scrive appunto Bove – da qualche mese con contratto diretto. I contratti a tempo indeterminato sono rari e si utilizzano, eventualmente, contratti a progetto». Ma la relazione di Bove si baserebbe solo su dichiarazioni raccolte all’interno dei centri, in considerazione della già annunciata difficoltà di ricevere i documenti. Infine, tra le considerazioni conclusive per l’eventuale riassetto del centro, il vicepresidente auspica il coinvolgimento dell’azione cattolica diocesana che «ritornando alla sua funzione di socio fondatore, non dovrebbe avere difficoltà ad impegnare se stessa attraverso la presenza di uno o più soci qualificati».