La musica di Francesco Libetta attraversa anche le rocce - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

La musica di Francesco Libetta attraversa anche le rocce

La musica di Francesco Libetta attraversa anche le rocce

 

Il pianista salentino a Cava de’ Tirreni in occasione del trentennale della rassegna musicale “Le Corti dell’Arte”

Di ILARIA CAPALDO

Il mistico Chiostro scavato nella roccia incombente del grandioso complesso monumentale della Badia della SS. Trinità di Cava de’ Tirreni ha ospitato in occasione del festival “Le Corti dell’Arte”, il pianista leccese Francesco Libetta, il quale ha presentato al pubblico un programma insolito, di grande resistenza fisica e mentale, composto da opere di Liszt, Weber, Ravel, Beethoven, Stravinsky, da trascrizioni di pagine di compositori quali Richard  Strauss, Ildebrando  Pizzetti e, infine, anche da un famoso brano del cantautore italiano Franco Battiato, “La Cura”, di cui è stato proposto un arrangiamento inedito. Scelta ardua e singolare quella del pianista salentino di inaugurare la serata con i tre pezzi tratti dall’opera russa “Petrushka” di I. Stravinsky, di non semplice resa esecutiva data la sua complessità dovuta alla presenza di ritmi a volte irregolari e a volte regolarissimi, di frasi asimmetriche e al contempo simmetriche, nonché al diatonismo imperante che cede il posto, in alcuni passaggi, a un cromatismo che fa pensare a Rimskij-Korsakov, o addirittura a Skryabin. Eppure, l’eccelsa tecnica virtuosistica del pianista ha saputo controllare l’ardore e la difficoltà delle pagine russe, nonostante qualche defaillance dovuta, forse, a disturbi esterni che, in concerti di questo genere, non mancano mai. Dopo cotanta magniloquenza, ci si è spostati verso un’atmosfera soave, più rilassata, con la “Ständchen” (tr. Gieseking) Op.17 No. 2 di Richard Strauss, con cui il pianista ha messo in mostra le sue abilità espressive e musicali incantando il pubblico che è stato immerso in uno scenario surreale. A seguire, una musica teatrale e visiva, quella di “Le quai du port de Famagouste” (tr. Castelnuovo-Tedesco), tratta dall’opera “Pisanella” di Pizzetti, atta a musicare il dramma omonimo di G. D’Annunzio. Uno dei momenti tipici e salienti della brillante partitura pizzettiana scelto dal nostro pianista ha riguardato proprio quello destinato ad evocare pittorescamente il movimento del molo di Famagosta, dove si radunano mercanti e corsari di ogni specie sotto i dardi cocenti del sole che brucia l’isola di Cipro. Non c’è dubbio che, al di là di un certo decorativismo condizionato dalla scelta del testo dannunziano, il sinfonismo di Pizzetti si impone per il suo schietto e pungente lirismo e per l’immediatezza del discorso melodico, ben resi dall’esecutore. A metà serata, il sussurrare misterioso dell’incipit ha portato l’ascoltatore verso la turbinosa “Valse” di Ravel, capolavoro di gioiosa musicalità, a tratti irresistibile per la capacità di trascinarti nel vortice di un idealizzato ballo di corte viennese che ben si sposa con l’ambiente del chiostro benedettino cavense. A seguire, un brano non molto eseguito in concerto, ma che sposa bene l’ecletticità e l’ampio ventaglio sonoro del pianista, “Invitation à la danse”, scritto nella forma di rondò brillante, ma riconducibile ad un ritmo di valzer di Carl Maria von Weber. In un programma polimorfico come questo non poteva mancare Liszt con la sua “Au bord d’une source”, tratta dalla prima serie degli “Anni di Pellegrinaggio”: una nuova pagina ispirata alle acque, che si basa su effetti armonici e incroci tra le mani. Quasi giunti alla fine di questo variegato percorso musicale, il pianista salentino ha proposto la sua versione inedita del celeberrimo brano di Battiato, “La Cura”, molto attesa dal pubblico in sala e che non ha smentito le aspettative, in quanto ha immerso l’ascoltatore in un mondo onirico, quasi magico. Dulcis in fundo, si è passati da Battiato a Beethoven con la “Sonata op. 10 n. 3”, che, articolata in quattro movimenti, ha chiuso la seconda serie delle sonate beethoveniane, eseguita in maniera ineccepibile. Standing ovation per Francesco Libetta, che ha impressionato tutti per la sua potenza e il suo virtuosismo, ma soprattutto per la sua ricerca sonora e timbrica capace di sensibilizzare il cuore della gente.