Marta ha quattro anni e tre mesi ed il nome della malattia da cui è affetta fa spavento al solo sentirla o pronunciarla: leucomalacia cistica periventricolare bilaterale con quadro motorio di tetraparesi spastica. Non cammina, non parla e non riesce nemmeno a star seduta da sola. Paola Sivoccia, la sua mamma, ieri era a Roma per protestare, indossando la maglietta con la foto della sua piccolina, per far sì che venga riconosciuto il diritto alla sua bambina di potersi curare con il metodo Stamina. Una maglietta su cui campeggia il volto sorridente di una riccioluta bambina di quattro anni. In alto, una scritta: Sì alla vita. Perché è semplicemente questo che si chiede. La settimana prossima, infatti, anche il caso della piccola Marta Cupo approderà in un’aula di tribunale: sarà depositato il ricorso per ottenere l’ok e dare il via alle cure con il metodo dei professore Vannoni ed Andolina. Paola ha trent’anni, è del popoloso quartiere di Pastena, ha tanta grinta e vuole lottare per la sua Marta. «La paralisi cerebrale di mia figlia – racconta Paola – è scaturita da un caso di malasanità: la mia bambina è nata prematura di 33 settimane e, anziché farmi partorire con il cesareo, mi hanno fatto dare alla luce Marta dopo tre ore di travaglio». I primi mesi di vita della piccola non sembravano essere caratterizzati da grandi problemi, anzi i medici avevano rassicurato Paola Sivoccia che tutto andava per il meglio, ma «è stato al primo vaccino obbligatorio che è iniziato l’incubo. Marta ha reagito con spasmi, irrigidimenti. Ne sono seguiti vari ricoveri, che proseguono ancora oggi, insieme a terapie in centri specializzati e a domicilio, che costano un occhio della testa, ma per mia figlia farei di tutto. Quello che posso dire è che “fortunatamente”, la malattia che ha colpito Marta non è degenerativa, ma comunque non le consente di vivere una vita che dovrebbe essere vissuta da una bambina di quattro anni». Paola Sivoccia ha scoperto l’esistenza di Stamina già due anni fa, prima che scoppiasse il caso mediatico. Così decise di rivolgersi al dottore Marino Andolina: «Lo chiamai e posi alla sua attenzione il caso di mia figlia. Mi disse che avevano bisogno di lavorare ancora sul metodo. Nel frattempo io mi sono messa in moto, mi sono informata L’ho ricontattato in seguito, dopo la messa in onda del primo servizio delle Iene di Giulio Golia, e il dottor Andolina mi diede tutti i chiarimenti e le dritte necessarie per accedere alle cure con Stamina. La settimana prossima sarà pronto il ricorso al tribunale di Salerno per riuscire ad ottenere il via libera per curare mia figlia. Sono fiduciosa perché solo qualche giorno fa, sempre a Salerno, un’altra famiglia ha ottenuto l’ok da parte del giudice e la loro figlia è affetta dalla stessa patologia della mia Marta». Cosa chiede Paola Sivoccia? «Chiedo che venga riconosciuto alla mia bambina il diritto alla vita, il diritto a curarsi. Se il metodo Stamina può in qualsiasi modo donare a questi bambini una possibilità, può dar loro una mano, si faccia presto e non ci si perda in tutto questo caos».
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