La Merkel e l’Europa come comunità di destino - Le Cronache
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La Merkel e l’Europa come comunità di destino

La Merkel e l’Europa come comunità di destino

Le attuali posizioni del cancelliere tedesco sono in funzione di una politica economica che abbia come priorità la tenuta dell’Unione.

Di Alessia Potecchi

In Europa è stato fatto un passo in avanti. Al di là delle polemiche i Paesi europei sono obbligati a trovare una soluzione. Senza la quale ne risentirebbero fortemente tutti: economie deboli ed economie forti. Non c’è alternativa. Per dirla in latino: simul stabunt vel simul cadent (insieme staranno oppure insieme cadranno, ndr). Naturalmente parliamo di un accordo, di un compromesso. Sullo scacchiere europeo abbiamo un parterre di donne che occupano ruoli di primissimo piano dal punto di vista istituzionale ed economico e si dimostrano decise, competenti, pragmatiche. Mi ha molto colpito l’atteggiamento della Merkel. Il discorso che ha tenuto davanti al Bundestag prima dell’incontro del Consiglio europeo ha orientato la trattativa. Come ha sostenuto la stessa Merkel, per la Germania l’Unione Europea è una comunità di destino. La cancelliera ha mediato tra le opposte strategie per rispondere alla crisi mitigando l’intransigenza dei Paesi del Nord Europa e si è detta disponibile ad aumentare i contributi al bilancio pluriennale dell’Ue. Non solo: ha sollecitato a fare in fretta. Il primo luglio la presidenza del Consiglio europeo passa alla Germania. Credo, dunque, che le attuali posizioni della Merkel siano in funzione di una politica economica che abbia come priorità la tenuta dell’Unione. Ha sostenuto, inoltre, che per il bene dell’Europa occorre mettere insieme le risorse condividendo anche le modalità di spesa e di tassazione. Ciò significa due cose: la prima, che i soldi dell’Europa non vanno sprecati ma utilizzati per favorire lo sviluppo; la seconda, che finalmente ci si sta incamminando sulla strada di una politica fiscale comune. I tempi non saranno brevi perché si debbono uniformare i sistemi fiscali di ventisette Paesi, ma non potranno neanche essere lunghissimi. Non c’è altra strada. E anche l’Italia dovrà adeguarsi. Quello che è stato fin qui deciso in Europa è un pacchetto di provvedimenti importanti e sostanziosi, 540 miliardi di euro così articolati: Il MES (Meccanismo Economico Salvastati) può erogare crediti fino a 240 miliardi. Gli Stati potranno ottenere prestiti fino al 2% del loro Pil (35 miliardi per l’Italia) con l’unico vincolo dell’impiego per i costi sanitari diretti o indiretti del Coronavirus, c’è l’accordo, non ci sarà sorveglianza rafforzata sugli stati che chiederanno questi crediti ma solo il rispetto sulla destinazione delle spese. La  BEI (Banca europea per gli investimenti) ricevuti dagli Stati membri 25 miliardi potrà fornire garanzie sui prestiti chiesti alle banche per erogare denaro alle aziende colpite dagli effetti del Coronavirus con una mobilitazione di risorse supplementari fino a 200 miliardi di euro. Il fondo SURE(fondo per la disoccupazione europea) finanzierà sino a 100 miliardi le casse integrazioni nazionali salvaguardando i posti di lavoro.  Il compromesso oltre a stabilire questo pacchetto di 540 miliardi ha fatto una apertura importante con la progettazione del Ricovery Fund per realizzare un fondo speciale per il rilancio dell’economia nella Unione Europea sulla base di un debito comune.  I 27 hanno poi dato mandato a Bruxelles di mettere a punto il Fondo per il rilancio economico, si tratterà di permettere alla Commissione Europea di prendere denaro a prestito sui mercati finanziari, aumentando la quota delle risorse nel bilancio comunitario dall’1,2% al 2% circa di tutto il totale. La Presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen ha detto che la cifra dipenderà da diversi fattori : la taglia che avrà il bilancio e dall’uso che si farà del denaro, prestiti o sovvenzioni. Paesi come l’Italia, la Francia, la Spagna sostengono che questo nuovo strumento debba avere una liquidità di 1000 – 1500 miliardi di euro e debba essere utilizzato per sovvenzioni. Altri stati quali la Svezia e l’Olanda optano per strumenti meno generosi e preferiscono prestiti piuttosto che sussidi. Si pensa ad un mix delle due opzioni ma il tutto è ancora da negoziare. Importante la proposta  che la Merkel ha concordato con Macron di dare il via ai fondi del Ricovery Fund con una dotazione di 500 miliardi per affrontare i problemi dell’epidemia senza indebitamento, all’Italia ne dovrebbero arrivare 100 miliardi. Evidentemente il lavoro di squadra fatto dalle diverse istituzioni è stato efficace, si tratterebbe di aiuti a fondo perduto che non vanno ad incidere sul bilancio dei singoli paesi e che verrebbero utilizzati per rilanciare l’economia a tutti i livelli in questo frangente di forte crisi. E’ rilevante che questa proposta venga dalla Merkel e che può e deve favorevolmente influenzare anche quei paesi cosiddetti frugali e meno propensi a questo tipo di aiuti. In sostanza, per fare qualche considerazione, quello che è stato deciso rappresenta comunque un passo in avanti sostanzioso e comunitario, i 27 paesi hanno accettato di introdurre uno strumento innovativo come chiedeva la lettera firmata dall’Italia con altri 8 paesi, questo renderà la risposta europea più solida e coesa per fare fronte a questa crisi di carattere simmetrico che investe tutti gli stati e che non dipende da situazioni economiche pregresse. Si tratta comunque di una emissione di titoli europei che non saranno Eurobond nello specifico ma si avvicinano di molto alla richiesta dell’Italia. La strategia del  Governo ha ottenuto, anche grazie ad un’ abile costruzione di alleanze con altri otto paesi dell’Unione Europea tra cui la Francia la Spagna e il Portogallo di sospendere il fiscal compact. Ha avuto assist importanti con gli interventi recenti di Mario Draghi e dell’ex cancelliere della Germania Gerhard Schroeder. In particolare poi la nuova presidente della BCE Christine Lagarde ha fatto marcia indietro sulle sue iniziali infelici dichiarazioni sullo spread e ha annunciato la disponibilità della BCE ad acquistare i titoli sotto l’investment grade cioè non ritenuti affidabili dal mercato, i cosiddetti titoli spazzatura. Da sottolineare ancora che Ursula Von Der Leyen ha respinto con molta nettezza e chiarezza la sentenza della Corte Costituzionale della Germania sulle decisioni prese dalla BCE sottolineando che la Commissione Europea conferma tre principi chiave: la politica monetaria è una questione di competenza esclusiva; il primato delle norme UE sul diritto nazionale; l’obbligo per i giudizi nazionali di rispettare le sentenze della Corte UE. Insomma l’ultima parola sulle norme UE viene sempre detta in Lussemburgo e non da un’altra parte, è una presa di posizione perentoria che chiarisce l’infondatezza della Corte Costituzionale tedesca. La partita si gioca nei prossimi 6 mesi sotto la presidenza tedesca, l’Italia in questo dibattito non si deve presentare come è avvenuto negli ultimi anni come un accattone per strappare dei margini di flessibilità dello 0,2%, dello 0,5% o dello 0,8% L’Italia deve fare valere nella trattativa che  è uno dei 7 paesi maggiormente industrializzati nel mondo , è ai primi posti nella classifica delle esportazioni,  ha 10 trilioni di euro tra risorse delle imprese e risparmi delle famiglie. 

Alessia Potecchi ((Responsabile Dipartimento Banche, Fisco e Finanza del PD Milano Metropolitana)