Il suono del corpo secondo Pietro Polotti e Sarah Taylor - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Il suono del corpo secondo Pietro Polotti e Sarah Taylor

Il suono del corpo secondo Pietro Polotti e Sarah Taylor

Il Conservatorio Statale di musica “G.Martucci” ha ospitato la masterclass del compositore e della danzatrice offrendo uno spettacolo finale di grande intensità

 Rooney

Grande successo per l’ultimo stage promosso dal Dipartimento di Nuove tecnologie e Linguaggi musicali, coordinato da Silvia Lanzalone che, dopo aver ospitato i compositori Johan Van Kreij, e Curtis Road, ha affidato il preludio del VI Festival di Musica Elettronica “AumentAzioni”, che verrà inaugurato il 5 ottobre, a Pietro Polotti, il quale, unitamente alla ballerina e coreografa Sarah Taylor, nota al pubblico salernitano poiché da circa un ventennio anni è docente ospite del New Space of Dance di Francesco Boccia, ha tenuto nella Sala Concerti del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno, una masterclass dal titolo “Musica, Tecnologia ed Embodiment- sonificazione come rappresentazione del gesto coreografico”. Dallo sviluppo del Live Electronics nell’ambito della tradizione della musica elettroacustica, si è appreso come uno dei principali problemi della produzione musicale legata alle nuove tecnologie riguardi la capacità di controllo in tempo reale e la conseguente espressività del suono prodotto. L’opera fa parte di un progetto più ampio denominato EGGS, realizzato da Pietro Polotti, docente di Informatica Musicale presso il Conservatorio “G. Tartini” di Trieste. In EGGS, il suono è inteso come un effetto anziché come la base per una coreografia. Più precisamente il sistema è concepito come una sorta di “coreofono”: una rappresentazione acustica dell’azione coreografica. “Il progetto EGGS – ha affermato il M° Polotti- nasce nel 2008 e solo ora, qui in questa sala, io e Sarah lo abbiamo consegnato a degli allievi, quindi abbiamo avuto la prova non solo di aver codificato il sistema, ma della sua applicazione. I ragazzi, gli allievi del Conservatorio e i due ballerini, Vittoria Caneva e Yuri Locci del Balletto di Roma, si sono incontrati solo in questa masterclass senza conoscere il mio sistema e siamo riusciti a montare questa performance. Vittoria ha incontrato la creatività di Anacleto Vitolo, mentre Andrea Secondulfo ha fatto coppia con Yuri i quali hanno eseguito due movimenti dell’opera “Un-pLugged pLoden, a Ligament Lento”, di Maurizio Goina. Agli allievi abbiamo riservato i brani più semplici, in cui il computer andava a riconoscere ed elaborare i gesti ben scanditi e decisi, mentre Sarah ed io abbiamo eseguito gli altri più complessi dove i gesti sono legati alla scelta dei suoni, coreografie e partiture che non possono essere montate in due giornate”. “Torno sempre con molto piacere qui a Salerno – ha continuato Sarah Taylor – non solo per ritrovare il mio amico Francesco. Tutti i ragazzi sono stati bravissimi e molto ricettivi. Con Pietro e questi allievi, il passo successivo, cui aspiriamo, è quello di riuscire a montare un intero balletto con questo sistema e raggiungere un pubblico più ampio”. Le sensazioni sono state molteplici ed emozionanti, pur trovandoci in una semplice aula del Conservatorio, purtroppo non perfettamente al buio, né insonorizzata (un pianoforte vicino strimpellava un blues), per poter godere a pieno dell’enorme sforzo profuso dai ragazzi, una squadra che oltre alle coppie esecutori e ballerini, ha schierato Antonio Russo in regia del suono, e Marco Martino, Ludovico Marino, Kiara Amici, Antonio D’Amato e Fabio Carlino quali assistenti tecnici e partecipanti attivi al progetto. I danzatori partono da un punto, da una luce, per comporre le loro linee, i loro profili, la loro icnografia, per dirla con Michel Serres, nel suo procedere senza limiti, attraverso la molteplicità degli spazi e dei tempi annullante ogni nostro possibile sforzo teorico, racchiudendo in sé, all’infinito, tutte le chances per una sua decodificazione. Il quadro schizzato da tutti gli esecutori, scoperto alla fine del loro racconto è l’icnografia: non un’opera, non una rappresentazione, ma il capo, il pozzo, la scatola nera che comprende, implica, avvolge tutti i profili, le apparenze, le rappresentazioni, il loro puro sentire musicale e coreutico, in cui ci siamo immersi, come perduti, partecipando alla composizione dell’opera, con il nostro gioco di associazioni, di nascite, di pensieri felici.