Il ritorno in Italia di Federica Tranzillo - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Il ritorno in Italia di Federica Tranzillo

Il ritorno in Italia di Federica Tranzillo

Solo qualche giorno fa il master degree ottenuto dalla violinista di Castel San Giorgio a Universität Mozarteum di Salisburgo, un progetto “Napoli velata”, realizzato con il pianista Lorenzo Pone, dedicato a Longo e Martucci, la speranza nel tour primaverile dell’EUYO

Di Olga Chieffi
Il master degree all’ Universität Mozarteum di Salisburgo, solo qualche giorno per la violinista Federica Tranzillo, in cui ha omaggiato la sua terra con il raffinato lirismo della Sonata op.22 di un giovanissimo Giuseppe Martucci, la sonata in la maggiore di Cèsar Frank, uno dei capolavori della musica strumentale francese del secondo Ottocento, opera emblematica di un’intera epoca della musica francese, dove convivono e si intrecciano intensità, elegante nitore della scrittura, culto e rigore della forma, pronunciato gusto neoclassico, ispirato dal cromatismo wagneriano nonché da ripensamenti modali, anelito all’organicità compositiva e la “Fantasia dalla Carmen” op.25 di Pablo de Sarasate simbolo di un violinismo che si basa essenzialmente sul virtuosismo estemporaneo, sulla brillantezza sensoriale che trascina all’applauso, l’ha riportata in Italia, nella sua Castel San Giorgio, dove l’abbiamo raggiunta.

Dall’Italia a Salisburgo, cose belle e cose che non ti hanno convinto. L’emozione italiana sposa l’ “inquadramento mitteleuropeo”
“Partire non è mai facile, soprattutto se non sai quello che ti aspetta. Nuovo paese, nuova lingua, nuove persone. All’inizio devo ammettere che non è stato per nulla facile, così lontana da casa, dalla famiglia, dalla mia comfort zone. Ma pian piano mi sono ambientata ed affacciata a questa nuova realtà. Ad oggi sono contenta di aver intrapreso quel viaggio e lo rifarei assolutamente”.

Presentaci il disco Napoli Velata. Il titolo, penso sia legato ad autori considerati minori, in particolare Achille Longo (jr.) e Giuseppe Martucci che hanno voluto dedicarsi esclusivamente alla musica strumentale, pur essendo nati nel paese del melodramma e formatisi nel melodismo napoletano.
“Il disco Napoli velata nasce dal mio desiderio di voler omaggiare compositori della mia terra e che mi rappresentassero. Dopo accurate ricerche, la mia scelta è ricaduta su Giuseppe Martucci ed Achille Longo. Due autori molto diversi tra loro ma con un filo conduttore ben delineato: le loro origini napoletane. La scelta del titolo, invece, è ispirata ad un recente film diretto da Ferzan Özpetek e dal tema del velo che ricorre spesso nella cultura napoletana: basti pensare al Cristo Velato nella Cappella dei Principi di San Severo, oppure all’estremo rito popolare arcaico nominato “figliata” legato alla cultura degli omosessuali e transgender, dove la nascita maschile è inscenata su piazza pubblica, con un velo che separa la scena dal pubblico. Come dichiara lo stesso Özpetek: “[…] per capire meglio […], si dovrebbe intravedere piuttosto che guardare”.

Come è nato il Duo con Lorenzo Pone e la scelta di queste due pagine che immagino abbiano riaperto anche il discorso finemente musicologico?
“Avevo un’idea molto precisa riguardo questo cd: lo desideravo completamente napoletano. Di conseguenza anche il pianista che mi avrebbe affiancata in questo progetto. Lorenzo era la persona perfetta e non poteva essere diversamente perché aveva tutte le caratteristiche che stavo cercando: ottimo pianista, grande musicalità, napoletano, volenteroso e amante del repertorio. È stato fin da subito entusiasta di poter collaborare e mi ha aiutata tantissimo nella realizzazione e nella resa finale”

Che violino suona Federica Tranzillo?
“Il mio violino è anonimo. Si pensa sia un tedesco degli inizi del ‘900, ma nessuno ne ha la certezza. Comunque, non è il violino definitivo, infatti sono già alla ricerca di quello che lo andrà a sostituire e che mi accompagnerà negli anni a seguire. Spero di poterlo trovare al più presto”.

Con quale autore Federica si sente veramente “a casa”.
“È una bella domanda… e la risposta è molto difficile. Non credo di essere in grado di rispondere ora, ho bisogno di allargare il mio repertorio e di scoprire nuovi autori per avere un quadro più generale. Ma ad oggi i compositori del periodo romantico sono quelli con cui mi trovo più a mio agio”.

Che consigli daresti a chi intende avvicinare il violino.
“Di non mollare mai e di perseverare sempre. Perché solo con i sacrifici si ottengono i risultati. Di non badare alla competizione che inevitabilmente si viene a creare in questo ambito, perché la musica è anche espressione di sè e ognuno di noi ha emozioni e sensazioni diverse da trasmettere. Il mio consiglio personale è quello di valorizzare i propri punti di forza e rafforzare le proprie debolezze”.

Considererebbe oggi di affiancare alla carriera concertistica anche l’insegnamento?
“Assolutamente. Si impara tanto anche dagli allievi. Più dai, più ricevi. Non tutti sono portarti per l’insegnamento, bisogna avere molta pazienza, determinazione e responsabilità alle spalle, bisogna saper trasmettere e io spero tanto di esserne in grado. Vorrei che i miei allievi trovassero in me il punto di riferimento proprio come io l’ho trovato nei miei insegnanti”.

Dietro un talento ci sono sempre i maestri lei ne ha avuto diversi, cosa le hanno donato, un termine per definirli.
“L’insegnante è la parte fondamentale per la formazione di ognuno. Io mi reputo molto fortunata a riguardo. Ho incontrato degli insegnanti eccezionali fin da piccola. Ho iniziato all’età di 4 anni con Matteo Gigantino, a lui devo tutto. Da piccolina ero un terremoto e lui con la sua pazienza mi è sempre stato accanto, spronandomi e supportandomi in qualsiasi circostanza. È stato lui a presentarmi Dejan Bogdanovich, un violinista serbo che teneva masterclass annuali a Chioggia. Mio padre mi accompagnava ogni mese con la macchina per fare lezione con lui. Un vero professionista che mi ha insegnato le basi della scuola russa. Ricordo ancora le sue bellissime lezioni. Poi ho conosciuto Felice Cusano, una scoperta incredibile, che mi ha aperto un mondo. Il suo suono è uno dei più belli mai sentiti, e ogni volta che suona mi fa venire i brividi. Cusano mi segue ancora tutt’oggi, è il mio punto di riferimento, l’insegnante di cui non posso fare a meno. Al Conservatorio di Salerno mi sono invece diplomata con Vincenzo de Sena, una persona molto disponibile che mi ha aiutata in questo percorso. Ho frequentato, poi, l’Accademia Santa Cecilia di Roma con Sonig Tchakerian, un’esperienza che consiglio a tutti di fare perché è molto formativa. Successivamente, sono stata ammessa all’Accademia Stauffer e alla Chigiana, con Salvatore Accardo. Siamo sempre andati molto d’accordo, forse a causa dello stesso sangue partenopeo, e le sue lezioni mi arricchivano giorno dopo giorno. I suoi insegnamenti sono sempre stati preziosi per me, infatti non a caso è uno dei pilastri della scuola violinistica italiana. All’età di 19 anni ho vinto l’audizione alla Universität Mozarteum di Salisburgo, ove pochi giorni fa ho conseguito il mio Master degree. A seguirmi in questi anni sono stati Harald Herzl e la sua assistente Bozena Angelova. Il primo molto diplomatico e esigente, voleva sempre il massimo da ogni allievo. Carattere forte ed austero. Mentre la seconda è stata come una sorella maggiore per me, mi è sempre stata accanto, supportandomi, aiutandomi nei momenti di difficoltà e consigliandomi quando ne avevo bisogno. È una persona ed insegnante eccezionale. Quella di Salisburgo è una delle esperienze, sotto tutti i punti di vista, più belle e formative della mia vita. Non posso però non citare gli altri miei insegnanti che, anche se non per molto tempo, hanno comunque fatto parte della mia crescita violinistica come: Fabrizio Von Arx, Francesco De Angelis e Stefano Pagliani. Non li ringrazierò mai abbastanza”.

Da questo lockdown è uscita rafforzata nello studio, sicuramente, ma sente che le ha ritardato qualche progetto che magari aveva in nuce?
“Purtroppo questo non è un periodo facile per nessuno. E noi musicisti ne abbiamo e ne stiamo soffrendo molto. È come se si fosse fermato tutto. Niente più concerti, concorsi, audizioni. Personalmente avevo in programma un tour con l’Euyo, concerti con varie orchestre e concerti da solista. Tutti cancellati o rimandati. E ancora oggi il futuro è molto incerto”.

Ritornata in Italia la su prima “uscita” ufficiale in pubblico (quando si potrà) è stata già fissata? Un concerto per lanciare il disco?
“Era nei programmi ma ancora non ufficializzato purtroppo. Ci stiamo lavorando su. Nel frattempo, sono stati confermati concerti con l’Accademia dei Cameristi a Bari, Fasano e Parigi, un recital a Mantova il 5 giugno e si spera il tour primaverile dell’EUYO. Gli altri concerti sono ancora in stand-by”.

Il sogno nel cassetto?
“Vedere i teatri sempre più pieni rispetto agli stadi. Sempre più gente che ci applaude e che si avvicina alla musica classica. Mi piacerebbe girare il mondo e suonare nelle più belle sale da concerto, avendo una stabilità economica e una solida famiglia alle spalle”.