Il ricordo di Peppino Soglia e la sua lezione sull'unità - Le Cronache
Salernitana

Il ricordo di Peppino Soglia e la sua lezione sull’unità

Il  ricordo di Peppino Soglia e la sua lezione sull’unità

di Enzo Sica

Il tempo passa inesorabile e ricordare un grande presidente della Salernitana a sette anni dalla sua scomparsa quale è stato don Peppino Soglia ci riesce facile. Facile perchè erano, forse, altri tempi in cui il calcio era, forse, diverso da quello moderno ma anche perchè prima di essere proprietari e presidenti si era tifosi della gloriosa maglia granata. E lui, il presidente come venne subito affettuosamente chiamato Peppino Soglia da tutta la tifoseria salernitana all’indomani dell’insediamento (parliamo dell’anno 1987) quando rilevò la società dalla Fi.Sa: che faceva capo ad Augusto Strianese era forse già un predestinato a far arrivare lontano la sua <creatura>, in questo caso la Salernitana. Erano tempi difficili all’epoca vissuti da una squadra granata che non riusciva ad uscire da una specie di <tagliola> che era il campionato di serie C, l’infuocato girone meridionale, dove si barcamenava da ben 25 anni non riuscendo a fare l salto di qualità che era, naturalmente, rappresentato dalla promozione in serie B. Peppino Soglia, costruttore di Castel San Giorgio ma soprattutto tifoso, cercò proprio arrivando alla presidenza, di regalare quel qualcosa in più ad una città che viveva tanto di calcio ma che anche con alterne vicende societarie aveva sempre mancato quell’obiettivo che la generazione di quel tempo, che faceva capo a Piazza Casalbore e allo stadio Vestuti, sperava potesse un giorno arrivare. Don Peppino nel giro di un paio d’anni ci riuscì. L’arrivo a Salerno di un grande campione come Agostino Di Bartolomei che era stato calciatore grandissimo nella Roma, prima di trasferirsi a Cesena, fu un colpo sensazionale che lui mise a segno. Il resto, nella stagione 1989 1990 quando la squadra fu promossa in serie B, fu per merito dell’allenatore GIancarlo Ansaloni e del direttore generale dell’epoca Franco Manni che riuscirono anche con l’ingaggio di calciatori di spessore a vincere il campionato di terza serie. Non possiamo certamente non ricordare anche le tante contestazioni quasi fisiologiche che anche il buon Peppino Soglia fu oggetto dai tifosi dell’epoca ma il suo amore per il colore granata era davvero tanto e lui cercava sempre con la sua calma, che trasferiva all’intera squadra, di guardare sempre avanti in maniera positiva tanto i risultati sarebbero prima o poi arrivati. Quasi un trasferimento a quello che sta accadendo oggi, in questo campionato di serie A, a sette anni di distanza. La squadra dovrebbe essere più pragmatica e soprattutto non abbattersi visto l’inizio di campionato disastroso con il penultimo posto in classifica dopo dodici giornate. Forse con un presidente come Soglia che con quel suo calore sempre costante trasmetteva tranquillità ad ambiente e tifoseria la ripresa sarebbe stata ancora più facile. Ma noi vogliamo ricordare, sette anni senza di lui, quel Giuseppe Soglia dell’epoca che con quel suo sorriso sempre presente, con quell’abbraccio al compianto e mai dimenticato Agostino Di Bartolomei che era stato il vero mentore di quella Salernitana e l’aveva trascinata nel campionato cadetto dopo anni di purgatorio in serie C. E se l’addio alla presidenza di Peppino Soglia fu abbastanza traumatico dopo quattro anni (marzo del 1991 con la cessione al gruppo Casillo) il suo ricordo rimarrà sempre nel cuore dei veri tifosi e sportivi granata. <Era innanzitutto uno di noi, un tifoso eccezionale – dice a distanza di anni Salvatore Orilia. Ricordo con orgoglio il giorno della promozione in B ed il trionfo che ha avuto don Peppino allo stadio Vestuti. Lo abbiamo portato in trionfo ed era il minimo che si potesse fare per questo grande uomo che con quella storica promozione conquistata in serie B ridiede tanta credibilità al calcio nella nostra città. Soglia è stato un presidente eccezionale”.