Il grido dei salernitani: "In piazza Mazzini non si costruisce". Ecco il ricorso al Tar - Le Cronache
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Il grido dei salernitani: “In piazza Mazzini non si costruisce”. Ecco il ricorso al Tar

Sono 57 e sono tutti contro l’ennesima cementificazione nel cuore della città di Salerno. La vittima designata, questa volta, è piazza Mazzini che dovrebbe essere soggetta all’ennesima operazione di costruzione di edifici e di box auto interrati. Sono 57 e sono tutti cittadini, siano essi imprenditori, politici, notai, avvocati, commercianti, che vivono o lavorano proprio nella zona della piazza o nelle immediate vicinanze. Hanno firmato loro il ricorso al Tar contro Comune di Salerno, Provincia di Salerno, Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici e Amministrazione del Fondo per il culto, affidandosi agli avvocati Paolo Stella Richter e Oreste Cantillo. Chiedono l’annullamento, e prima di esso la sospensione dell’efficacia, della variante parziale al Puc, approvata dal Consiglio comunale lo scorso 21 gennaio per ciò che concerne gli interventi su piazza Mazzini, della delibera di Giunta provinciale che attesta la “coerenza” del progetto e della delibera di Consiglio comunale dello scorso 18 marzo che inserisce il comparto di piazza Mazzini/piazza della Concordia nel piano municipale delle alienazioni.
Un corposo ricorso, di 12 pagine, nel quale vengono fatte “le pulci” ai provvedimenti adottati in primis dall’amministrazione comunale per quel che concerne l’area di piazza Mazzini. Tanti, troppi, i punti oscuri o illegittimi che gli avvocati Richter e Cantillo espongono nel documento.
Una questione di vincoli. La storia si ripete. Anche qui, come ad esempio in piazza Cavour, sussiste un vincolo paesaggistico «immotivatamente ignorato» – si legge nel testo del ricorso. Ma il punto cruciale consisterebbe nel fatto che, il Comune di Salerno all’atto dell’approvazione della variante, per gli uffici della Soprintendenza, si sarebbe ben guardato dal passarci. Il parere di Miccio non c’è. Eppure, si legge nel ricorso «la variante non attua una semplice conformazione del territorio, ma una regolazione puntuale della singola proprietà. La specificità della previsione di trasformazione – scrivono ancora i legali – imponeva la preventiva sottoposizione della variante al parere della Soprintendenza». Un parere che, ad onor del vero, è stato richiesto ma solo in «fase di progettazione del fabbricato da costruire sull’area».
La soppressione di piazza Mazzini e la violazione della normativa sugli standard. Il principio “ispiratore” del Puc enunciato in un rapporto preliminare denominato “documento di scoping” è sintetizzato, si legge nel ricorso, dall’affermazione che “la città è il suo spazio pubblico” e le finalità da perseguire sono “miglioramento della qualità esistente”, “riconfigurazione vuoti urbani quali spazi ad uso pubblico”, “miglioramento della fluidità del traffico e della qualità dell’aria”. Tra le osservazioni mosse (e tutte bocciate) alla variante approvata dalla Giunta comunale il 24 aprile 2012 era presente anche quella che sottolineava proprio la privazione degli standard con l’incremento del carico insediativo. Secondo i ricorrenti, con la variante al Puc «si sopprime un’area libera, finendo per sopprimere qualsiasi riserva di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi». Per il Comune, invece, gli standard, su calcolo complessivo, sarebbero addirittura raddoppiati, ma Palazzo di Città fa riferimento a spazi situati «alla periferia dell’abitato, in zone diverse e lontane da quella in questione».
Eccesso di potere e contraddittorietà. «Il Comune travisa il concetto di valorizzazione dei beni pubblici, che non è quello volgare di una maggior valore di mercato, ma quello tecnico di miglioramento della fruibilità pubblica. Valorizzare una piazza significa aumentarne la godibilità, renderla più facilmente accessibile, tenerla sempre aperta,n non costruirci sopra per fare cassa!». Queste le parole usate nel ricorso da Stella Richter e Cantillo. I due legali, infatti, richiamano anche le Norme tecniche di attuazione del Puc, in cui si legge che “l’edificato esistente nella città di Salerno è frutto di politiche territoriali – a volte fortemente speculative – per poco o nulla attente ai problemi dello spazio pubblico, del verde urbano e della mobilità”. Insomma, il Comune di Salerno darebbe torto a se stesso, rimproverandosi addirittura.
Impugnato anche l’ok della Provincia. La verifica di coerenza da parte della Giunta provinciale arriva il 21 dicembre 2012 ed è motivata così: “sono state valorizzate aree pubbliche, ovvero è stata data la capacità edificatoria con l’opportunità di conseguire nuove risorse finanziarie”. Non esattamente quello richiesto per legge (inattuabilità del piano originario o convenienza di migliorarlo).
Dal demanio al patrimonio: passaggio illegittimo. Un passaggio che deve essere oggetto di un provvedimento espresso da parte dell’amministrazione competente. Qui, secondo i ricorrenti, ci sarebbe anche un difetto di motivazione. «C’è la volontà di sottrarre la piazza alla sua destinazione all’uso pubblico e dunque una sdemanializzazione tacita, formalmente illegittima. E non basta invocare l’utilità economica, essendo invece necessario dimostrare l’inutilità dell’attuale destinazione». In effetti, se si pensa che la zona è già parecchio sofferente per la congestione del traffico e soprattutto gli spazi pubblici latitano, uno spazio come quello di piazza Mazzini è bene che non ospiti alcun edificio, a maggior ragione se si tratta di un centro commerciale. 
Piano alienazioni e l’illegittimità derivata. Il Comune non ha nemmeno atteso il termine per impugnare la variante ed ha approvato il nuovo piano delle alienazioni dove c’è anche piazza Mazzini.
Insomma, i cittadini, i residenti, scendono in campo e sottopongono un lungo elenco di criticità. Piazza Mazzini non si tocca, piazza Mazzini non si edifica.

 

3 aprile 2013