Il Gioachino Rossini di Donato Renzetti - Le Cronache
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Il Gioachino Rossini di Donato Renzetti

Il Gioachino Rossini di Donato Renzetti

Vince la musica comunicativa del cigno di Pesaro eseguita dalla Filarmonica che porta il suo nome, al Ravello Festival. Onori per archi e percussioni, delusione per la performance dei flauti

 di Luca Gaeta

Il penultimo appuntamento sinfonico per il Ravello Festival 2019 ha visto protagonista l’Orchestra Filarmonica “Gioacchino Rossini” di Pesaro diretta da Donato Renzetti. Il programma musicale del concerto è risultato un omaggio alla figura del musicista pesarese, di cui da poco si sono concluse le celebrazioni per i 150 anni dalla morte. Il primo brano in programma è di Ottorino Respighi, grande estimatore e orchestratore di Rossini, a cui dedica, fra l’altro, una Suite ed un Balletto sulla rielaborazione di temi rossiniani. Proprio questa grande capacità di rilettura e di orchestrazione è presente in diverse composizioni di Ottorino Respighi, fra cui i Tre Corali P.167, interpretazione orchestrale dai Choralvorspiele di J. S. Bach, brano che ha aperto il concerto, per passare, poi, a due composizioni di Benjamin Britten, Matinées musicales, seconda Suite in cinque movimenti da Rossini, Op.24 e Soirées musicales, Suite in cinque movimenti da Rossini, Op.9. Infine, una serie di Sinfonie dello stesso Rossini, Il Signor Bruschino, Sigismondo, La gazza ladra e Guglielmo Tell.  Il palco di Ravello, seppur estremamente suggestivo, costituisce un banco di prova notevole per i diversi esecutori. Questo soprattutto per l’ampiezza degli spazi, privi di una acustica naturale, capace di amalgamare i suoni e generare quella compattezza fra strumenti di diversa natura. Nonostante questo rischio, il suono dell’orchestra, nel suo complesso, è risultato caldo e ben amalgamato, soprattutto nella sezione degli archi, in particolar modo la fila dei violoncelli. La lettura che Renzetti ha proposto per i tre brani di Respighi, ha rimandato tutta la solennità insita nella partitura. Precisa la “pronuncia” musicale da parte dei violini, gestiti con grande tecnica dalla spalla. Le due Suite di Britten non hanno convinto del tutto. La amalgama fra le diverse sezioni dell’orchestra non ha trovato da subito il giusto equilibrio, ma le percussioni si sono svelate di estrema precisione, con un plauso particolare al timpanista, dal suono sempre “giusto” e dalla perfetta aderenza ritmica, che si è esibito anche alla celesta (purtroppo campionata e troppo “presente” rispetto al suo suono naturale). In generale, le sonorità si sono rivelate poco cangianti, questo dovuto, in parte, ai limiti che la location pone. Ben calibrata la scelta degli andamenti da parte del direttore, dal gesto chiaro, sempre rispettoso della partitura. Nel viaggio a ritroso, proposto dal programma di questo concerto, la grande attesa è stata riservata alla parte conclusiva del concerto, le Sinfonie di Rossini. Ad inaugurare questa sezione conclusiva del concerto la Sinfonia da Il signor Bruschino, tipica per l’impiego inusuale degli archetti, ribattuti sul leggio a tempo di musica, con la simpatica aggiunta del direttore, che partecipa anch’egli all’effetto, battendo la bacchetta sul passamano del podio. A seguire, la Sinfonia da Sigismondo, opera di rara esecuzione, per concludere con due titoli di repertorio la Sinfonia da La Gazza ladra e Guglielmo Tell. Nel suo complesso la compagine è risultata più sicura nell’esecuzione rossiniana. Eccellente la prova da parte del primo violoncello e dell’intera sezione per la Sinfonia da Guglielmo Tell, poco incisiva, invece, quella dei flauti,  soprattutto nel famoso Andantino. L’espediente, ormai “di tradizione”, del doppio rullante nella Sinfonia da La Gazza ladra, ha perso il suo effetto stereofonico per l’eccessiva vicinanza dei due esecutori. Ottima l’intonazione da parte degli archi (messi a dura prova dal vento), come pure l’assieme. Pubblico numeroso e plaudente, che ha richiamato più volte a gran voce il Maestro Renzetti sul podio per il bis, il quale, nel prendere la parola, ha definito “eroi” i suoi musicisti, per aver suonato in un’acustica così inusuale.