Il fascino della Paris Chantante - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Il fascino della Paris Chantante

Il fascino della Paris Chantante

Stasera,alle ore 20, nella chiesa di Santa Apollonia, quarto appuntamento della V edizione del Festival di musica da camera promosso dal dipartimento di Musica d’insieme del Conservatorio “G.Martucci” di Salerno

Di OLGA CHIEFFI

Giro di boastasera,per laV edizione del Festival di Musica da Camera Sant’Apollonia. Un evento, nato dalla sinergia del Conservatorio di Musica “G.Martucci” di Salerno, promotore di un progetto del Dipartimento di Musica d’Insieme, presieduto da Francesca Taviani, con la Bottega San Lazzaro di Chiara Natella che nella Chiesa di Santa Apolloniaoffre di ospitare la rassegna. Alle ore 20, le luci si accenderanno sulle voci, protagoniste di Paris Chantante, una serata dedicata all’Impressionismo francese.  La Parigi di fine Ottocento e inizio Novecento era il cuore delle grandi rivoluzioni estetiche: ricerche che guardavano senza paura verso il futuro. I simbolisti cercavano una strada che sostituisse il suggerire al dire. Gli impressionisti provavano a prediligere il colore alla forma. I cubisti riflettevano sulla risorsa del molteplice, intesa come lente di ingrandimento da applicare all’interiorità delle cose. C’era, però, anche una corrente espressiva che provava a dire qualcosa di nuovo, rievocando oggetti e immagini del passato, come le vecchie maschere della Commedia dell’Arte. Gli artisti cercavano con tutte le loro forze una via di fuga dalla realtà; c’era chi preferiva rifugiarsi negli oscuri significati delle culture esotiche, o chi sceglieva di andare a scavare nelle proprie tradizioni, sperimentando nuovi significati per le parole di sempre. Verlaine fu uno dei primi. Le sue Fêtes galantes nel 1868 proponevano un’evasione nella fantasticheria preziosa, l’abolizione del tempo e la trasformazione del testo poetico in partitura musicale. Quella raccolta di poesie era destinata a lasciare un segno profondo nell’immaginazione dei musicisti. Il duo, composto da Doroty Manzo, soprano, con la pianista Angelina Bartiromo, donerà un gruppo di tre brani di Gabriel Fauré(l’antiwagneriano per eccellenza), tutta musica del suo periodo giovanile, “Au bord de l’eau”con il celeberrimo “Après un rêve”,“Le Berceau” e“Mai”. La linea vocale galleggia con leggerezza su un movimento quasi perpetuo e ipnotico della parte pianistica che si arresta su un impianto di solidi accordi, sfiorando la Ninna-Nanna in Le Berceau, e chiudendo la  performance con Mai.  La voce femminile lascerà il palcoscenico al tenore Daniele Lettieri,il quale si cimenterà con il Claude Debussydelle Deux romancesdatate 1891, due liriche da Les Aveux di Paul Borget. Breve e con pochi sviluppi, di forma chiara e liliale Romance( L’àme évaporée), oscillante sulla vaporosa incertezza tra il tono di Si minore e il Re maggiore, continuamente eluso e sottinteso, simbolo di pace e beatitudine. Di simile mistica atarassia è Les clochesche, nel perpetuo ritmo di quartine di crome, imita il suono rasserenante delle campane, per rinverdire i ricordi sepolti. Daniele Lettieri affronterà, quindi, il Francis Poulencdel Valzer cantato Le Chemin de l’amourdedicato a una delle più famose cantanti parigine di night club dell’epoca, Yvonne Printemps. Cocteau e Poulenc cominciarono a collaborare nel 1918 all’interno del famoso gruppo dei “Sei”, in una Parigi dove frequentavano Picasso, Apollinaire, Coco Chanel, Colette… frutto del loro lavoro insieme: Toreador, canzone ispano-italiana, di grande impatto anche teatrale. Ribalta, poi, per il bassobaritonNicola Ciancioin duo con la pianista Tatiana Sapeshko, che sigillerà la serata, aprendo il suo intervento con Chanson de la mortedi Jacques Ibert, scritta per un film del 1932 sulla storia di Don Chisciotte, diretto da Georg W. Pabst e interpretato dal grande contrabbasso russo, Feodor Chaliapin. Le Quatre Chansons di Ibert furono scritte su poesie francesi del sedicesimo secolo di Ronsard e Alexandre Arnoux, ma l’uso di asimmetrie metriche conferisce loro un sapore spiccatamente spagnolo. Insieme, fanno un notevole lavoro nel catturare la storia e lo spirito di Don Chisciotte, che è la “voce” in prima persona di tutte e quattro le canzoni. Nicola Ciancio proporrà “Chanson de la mort”,nello stile di recitativo libero e parlante, il tenero addio di Chisciotte al suo fedele compagno, Sancho; sebbene morente, don Chisciotte sta andando da qualche parte puro e senza bugie. Si continuerà col “Claire de lune”dalle Melodie di Claude Debussy. E’ questo un moonlight dallo stile salottiero, ottocentesco, che serve per dare all’evocazione parnassiana delle maschere, un’impronta di tenerezza e lieve malinconia. A seguire, Le faune, con il suo ghigno inquietante, lancia tristi presagi e, con la fissità del suo pedale di Si bemolle, frena ogni fiduciosa effusione delle armonie. Finale affidato al Gabriel Faurèdi Automne, op.18 n°3, in cui i ricordi si ripetono e riafforano come  flashback cinematografici. Infiniti, a volte inquietanti, le interiezioni emergono dalla linea del basso del pianoforte, creando un suono pieno e denso. A chiudere la serata sarà il sopranoIlaria Sicignano, insieme aTatiana Sapeshko al pianofortecon cinque chansons che racchiudono per intero il sentire del movimento musicale francese d’inizio Novecento. Il soprano evocherà la celeberrima “Chanson d’amour”di Gabriel Faurè, passando per Le Colibrìdi Ernest Chaussons, Je te veuxdi Erik Satie, lirismi di diverso respiro. Né mancano aspetti dove l’espressione diventa misteriosa migrando spesso da zone oscure a più luminose anche in ragione di repentini cambi di relazione, distillati in un percorso rarefatto, nutrito di semplicità e di sommessa, quanto suggestiva espressione melica “Il pleure dans mon coeur” di Claude Debussy,propone, invece un continuum di quartine di semicrome di chopiniana fluidità, a imitazione della pioggia che cade, affidata alle distensioni vocali e alla mutevolezza delle armonie, esaltato dal gioco contrappuntistico voce-strumento. Finale con Violondi Francis Poulenc, in cui si attua quell’espansione calorosa del canto (di gusto nobile e popolare ad un tempo) che è la cifra più commovente del genio francese

Il clarinetto in trio con diversi strumenti accoglierà il pubblico domani sera. Si inizierà con le note del “Kegelstatt” Trio di Wolfgang Amadeus Mozart, musica destinata ad un circolo “familiare”, dal lessico giovane, melodico e innovativo, come gli strumentisti chiamati ad interpretarlo, passando per il Trio n°4, op.11 in Si Bemolle Maggiore di Ludwig Van Beethoven,  pagina serena e scorrevole, articolata nei canonici tre movimenti che pongono in luce la perfezione delle forme esteriori e la piacevole naturalezza melodica, per chiudere con i 5 pezzi di Dimitrij Sostakovich nella trascrizione per violino, clarinetto (che sostituisce il secondo violino) e pianoforte, con Preludio, Gavotta, Elegia, Valzer, Polka costituiscono brevissimi brani, gradevoli ma di poco impegno e spessore, quasi un divertimento.