Il Dossier: Scafati Sviluppo, la società che c'è, ma non si vede - Le Cronache
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Il Dossier: Scafati Sviluppo, la società che c’è, ma non si vede

Il Dossier: Scafati Sviluppo, la società che c’è, ma non si vede

Di Adriano Falanga

Scafati Sviluppo, la partecipata che c’è, ma non si vede. Nata nel febbraio 2005, ha un capitale sociale, interamente pubblico e detenuto dal Comune di Scafati, di 6,2 milioni di euro. La sua mission è la trasformazione urbana, ma in undici anni di gestione la società ha prodotto poco, molto poco, a fronte dei debiti accumulati. Non ha dipendenti, non ha mezzi, non ha operatori, non ha attrezzature, non dispone di beni immobili, ma ha sede presso la Casa Comunale. In organico 11 figure tra amministratori, collegio sindacale e revisori con un totale di retribuzione annuo di circa 80 mila euro. Una sola commessa: la riqualificazione dell’area industriale Ex Copmes, progetto di trenta milioni di euro, fortemente ridimensionato nel tempo, che ha visto ad oggi la realizzazione del solo lotto C di circa 2500 mq, è in fase di ultimazione il lotto B di quasi 7000 mq mentre gli oltre 4000 mq del lotto A sono stati stralciati e da realizzare in un progetto ex novo. Questo per rientrare nella disponibilità del mutuo che la banca erogatrice, la Bnl, ha ridimensionato. Dopo anni di gestione pressoché impalpabile nei risultati prodotti, che ha comportato però circa mezzo milione di euro di debiti di gestione (soprattutto verso i diversi professionisti che si sono succeduti negli organismi di controllo, e ancora non pagati) l’attuale cda risulta essere il più operativo. Restano però mille dubbi sulla trasparenza di questa società, e soprattutto sulla reale necessità di tenerla in piedi, considerato che il solo progetto Ex Copmes potrebbe essere anche gestito da un apposito settore organizzativo, così come viene gestito il Pip. Del resto, la società nei fatti è già un braccio operativo dell’Ente, più che struttura societaria autonoma, come magari lo è l’Acse. Non ha una sede fisica vera e propria, non ha uffici, non ha un sito web e di conseguenza non è possibile poter visionare gli atti che la legge sulla Trasparenza richiede essere pubblici. Nessun bilancio, nessun incarico, nessuna remunerazione, nessun curriculum, tutto sembra essere avvolto in un alone di mistero. E sì che si tratta di una società a capitale interamente pubblico. Accedere agli atti è difficile anche per un consigliere comunale, come ha denunciato il gruppo Fdi composto da Mario Santocchio e Cristoforo Salvati.

1-bilanci scafati sviluppoI due esponenti di minoranza avevano chiesto la trasmissione dei verbali delle assemblee ordinarie, dei cda, oltre che i pagamenti e contratti preliminari stipulati con le imprese acquirenti dei lotti in costruzione nell’area Ex Copmes, relativi al periodo giugno 2013-maggio 2016. Ai due consiglieri comunali sono stati consegnati solo i verbali delle assemblee dal 27 dicembre 2013 al 22 ottobre 2015. Mancano quelli non meno importanti del primo semestre 2016, dove si è avuta la revoca e rinomina dell’amministratore delegato Mario Ametrano, a seguito disposizione dell’Anac. “L’ulteriore documentazione richiesta non viene rilasciata perché non dovuta – ha motivato il presidente della Stu Antonio Mariniello – restiamo tuttavia disponibili a fornire ulteriori informazioni sul diniego”. Sempre il presidente chiarisce che ogni atto della società “viene regolarmente trasmesso al Comune – poi ammette – vero però che il sito non è aggiornato e funzionale, provvederemo immediatamente”. Se alla loro pubblicazione non provvede la società stessa, dovrebbe essere il Comune (socio unico) a farlo. Sul sito dell’ente però le cose non cambiano, la Stu è letteralmente un “fantasma”, viene citata sulla home, ma sulla pagina inerente non c’è scritto praticamente nulla. Sull’Albo on line c’è un’apposita sezione denominata “Atti Stu, programma riqualificazione ex Copmes” ma è del tutto priva di contenuti. Dovrebbe esserci un’apposita sezione in “amministrazione trasparente” allora, così come impone legge. Ed infatti alla sezione “società partecipate” troviamo la pagina “Scafati Sviluppo”. Inutile cliccare però, contenuto non caricato. Unici dati presenti sono i risultati di bilancio, che mostrano come la società è in perenne perdita. Fatto curioso è l’assenza di costi per materia prime, sussidiarie, di consumo e merci. Questo potrebbe dimostrare la totale assenza di struttura autonoma, niente uffici, niente telefoni, niente cancelleria. Avendo sede presso la Casa Comunale, è chiaro che queste voci di costo sono “caricate” indirettamente sui costi di gestione dell’Ente. Come se il tutto fosse un settore organizzativo interno, appunto. Restano però in piedi gli 80 mila euro necessari per tirare avanti una società per azioni.

LE CRITICITA’ SOLLEVATE DAL MEF E DAI REVISORI DEI CONTI

2- inaugurazione lotto cGli ispettori del Ministero delle Finanze che hanno verificato l’attività economico finanziaria dell’ente dal 2010 al 2014 hanno sollevato ben 24 punti di criticità, come oramai è noto, che hanno determinato gran parte dell’attuale situazione di instabilità politica. Tra questi anche un apposito capitolo relativo alle società partecipate. Relativamente alla Stu, che risulta in perdita negli ultimi tre esercizi, si evidenzia un altro elemento di criticità che potrebbe dare luogo per il comune di Scafati ad una possibile insussistenza di propri crediti vantati nei confronti proprio di questa partecipata: “Ci si riferisce in particolare al contratto di mutuo stipulato dalla Scafati sviluppo con istituto bancario Bnl che ha richiesto il versamento da parte del Comune di Scafati alla società, a titolo di finanziamento soci, di un importo di euro 400 mila non rimborsabile fine a conclusione dell’ammortamento del mutuo che garantisce l’istituto di credito in caso di inadempimento da parte del mutuatario”. Secondo i funzionari ministeriali esiste un potenziale rischio per l’ente di non vedersi restituire la somma versata qualora l’andamento gestionale della partecipata prosegue con l’andamento negativo registrato negli ultimi esercizi. Anche i Revisori di Palazzo Mayer, nel loro parere al Previsionale 2016, al voto giovedi sera, hanno sollevato riserve. La società che porta avanti la riqualificazione dell’area industriale Ex Copmes avrebbe obbligo di legge, fin dal gennaio 2015, di ridursi la retribuzione del 30%. Tutto ciò non è avvenuto, scrivono i revisori. Agli atti anche tre solleciti del responsabile settore finanziario (3 luglio e 30 dicembre 2015, 3 maggio 2016) in cui si invita il cda al rispetto di quanto imposto dalla legge (147/2013). Attualmente l’organigramma è così composto: Cda, presidente Antonio Mariniello (compenso 12 mila euro); amministratore delegato Mario Ametrano (15 mila); consiglieri sono il comandante della Polizia Municipale Alfredo D’Ambruoso, Emanuele De Vivo, Bartolomeo D’Aniello (7200 euro a testa); il collegio sindacale è composto dal presidente Massimiliano Granata (7 mila) e dai sindaci Assunta Tufano e Catello Casciello (6 mila euro a testa); Revisore è il ragionier Ferdinando Voccia (7 mila euro) mentre Laura Semplice è consulente legale (6 mila euro) e Raffaele De Luca consulente fiscale (5 mila). I compensi attuali furono stabiliti nell’assemblea dei soci del 30 luglio 2015, grazie ad una proposta predisposta dalla segretaria comunale Immacolata Di Saia, che attuò una “retribuzione meritocratica dei compensi a favore di coloro che si vedono maggiormente e quotidianamente impegnati nell’attività di gestione della Stu: Antonio Mariniello, Mario Ametrano, Laura Semplice e Raffaele De Luca”. I loro compensi furono rideterminati grazie al taglio dei gettoni di presenza percepiti fino a quel momento dai revisori. Pasquale Aliberti ha spiegato più volte che la società è formata, ed opera, esclusivamente con il solo cda, in quanto non ha dipendenti. Una situazione positiva per il sindaco, ma negativa per il collegio dei Revisori, che chiede (come da piano di razionalizzazione delle società partecipate) la soppressione delle società composte proprio da soli amministratori.