Il clarinetto e il quartetto d’archi - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Il clarinetto e il quartetto d’archi

Il clarinetto sarà la colonna sonora Giffoni Valle Piana. I riflettori della Chiesa del Complesso Monumentale di San Francesco illumineranno due giovani clarinettisti, gemme del magistero di Giovanni De Falco, docente del “G.Martucci” di Salerno, Marco Frasca e Simone Sorvillo. I due clarinettisti incontreranno il quartetto Hadimova, composto da Antonio Mazza e Carlo Coppola ai violini, Paolo Di Lorenzo alla viola e Nicola Dario Orabona al violoncello, per proporre due capolavori della letteratura cameristica dedicata al clarinetto con archi, il quintetto in La Maggiore K581 di Wolfgang Amadeus Mozart e il quintetto in Si Bemolle Maggiore op.34 di Carl Maria von Weber. La serata sarà inaugurata dall’opera di Mozart affidata al suono senza ombre di Marco Frasca. Il clarinetto è per Mozart, insieme alla viola, proprio per il timbro morbido e sfumato, uno dei più amati e assurge al rango di protagonista per le manifestazioni più delicate ed introspettive nell’ambito della ricerca espressiva. Il carattere distensivo e affabile della composizione si rivela sin dal primo tema dell’Allegro iniziale annunciato dagli archi e ripreso e sviluppato dal passaggio delle biscrome del clarinetto. Viene quindi il secondo tema, più nostalgico e meditativo che dagli archi rimbalza su un accompagnamento pizzicato del violoncello allo strumento a fiato, che modula con vellutato smalto melodico fino alla conclusione dell’esposizione. E’ uno dei momenti di pura poesia del K. 581, arricchita dagli arpeggi ascendenti e discendenti del clarinetto, prima di sfociare nella lieta cadenza conclusiva. Nel Larghetto in re maggiore emerge un canto elegiaco del clarinetto, sostenuto dagli archi in sordina; un nuovo tema viene annunciato dal primo violino e il discorso fra i vari strumenti si articola in un clima di estatica contemplazione. Un accento vagamente popolaresco e rustico ha il successivo Minuetto, interrotto dal trio in la minore riservato ai soli archi, prima della ripresa elegantemente ritmica della danza sospinta nella tonalità di la maggiore dal clarinetto. L’Allegretto finale è formato da un tema in tempo di marcia, cui seguono cinque variazioni in un fresco alternarsi di giochi timbrici tra gli archi e il clarinetto: quest’ultimo nella quarta variazione si lancia in vivaci e brillanti passaggi virtuosistici. La quinta variazione è un adagio variegato di teneri arabeschi strumentali, interrotto da una energica e risoluta coda, perfettamente consona allo spirito cordiale e amichevole. Il legame di Carl Maria von Weber con Mozart è un legame di parentela. Originario di una famiglia che vantava sia origini aristocratiche che trascorsi musicali, Weber aveva una cugina, Constanze, che nel 1782 sposerà Wolfgang Amadeus Mozart. Durante il suo primo periodo di permanenza a Vienna Mozart avrà agio di approfondire la conoscenza dell’intera famiglia della futura moglie.
Il cugino di Costanze un giorno avrebbe scritto un Quintetto per clarinetto sul modello di quello che Mozart aveva composto anni prima. Marco Frasca lascerà, quindi, la ribalta a Simone Sorvillo per il quintetto che Carl Maria von Weber compose dal 1811 al 1815 per Heinrich Barmann. L’opera è scritta essenzialmente per porre in luce le indubbie risorse di virtuoso del clarinettista, in particolare nel finale “strappa applausi”, mentre agli archi è affidato un ruolo di mero accompagnamento in una sorta di “pocket concert” scritto per deliziare il pubblico con i suoi effetti. Se questo giudizio è in parte condivisibile, non si può negare l’indubbio fascino esercitato da quest’opera, che è rimasta costantemente in repertorio, e che sapientemente mescola tratti preromantici, brillantezza Biedermeier e classicismo viennese. In questa pagina brilla la prestanza dello strumento a fiato, come si avverte fin dall’ avvio del primo movimento, con la lenta introduzione degli archi che preparano il brillante ingresso del clarinetto. Nel breve Adagio si compie una singolare metamorfosi, perché la Fantasia con cui intitola il movimento è una vera e propria aria da concerto. La malinconia si stempera nel Capriccio, terzo movimento che trasfigura l’ originario Minuetto in un gioco ironico dalle venature romantiche. Il finale è una girandola di virtuosismi, ben preparati dal quartetto di archi che ottemperano al ruolo, con classe ed eleganza.

Olga Chieffi