Il canottaggio per far ripartire le donne colpite da tumore al seno - Le Cronache
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Il canottaggio per far ripartire le donne colpite da tumore al seno

Il canottaggio per far ripartire le donne colpite da tumore al seno

di Monica De Santis

E’ stato presentato ieri mattina al Circolo Canottieri Irno, il progetto “Trotula” che punta attraverso il canottaggio ad aiutare le donne operate di tumore al seno. Un’iniziativa che vuole associare lo sport al tumore al seno. Un percorso messo in atto per accompagnare le donne nel percorso di ripresa e di rinascita dopo essere riuscite a vincere la battaglia contro il tumore al seno. Un’iniziativa che vedrà offrire loro corsi di canottaggio gratuiti, che dovranno avere una funzione di terapia post traumatica dopo la battaglia contro il tumore al seno. Un modo, questo, per accelerare la riabilitazione, sfruttando i benefici che lo sport può dare. “Stando ai trial clinici, questo tipo di attività è molto utile sia per la riabilitazione post intervento, che come prevenzione verso complicanze che queste pazienti potrebbero avere dopo appunto l’intervento alla mammella. – spiega Giovanni Ricco, presidente Circolo Canottieri Irno – Purtroppo i numeri sono altissimi. In Italia oltre 50mila donne, ogni anno, subiscono questo tipo di intervento. E quindi diventa molto importante non solo l’aspetto terapeutico riabilitativo in senso stretto ma anche l’aspetto psicologico. Ecco perchè i trial ai quali mi riferivo prima, dimostrano proprio un miglioramento della situazione psicologica. – prosegue ancora Ricco – Ecco perchè il nostro progetto, rientrerà in un programma molto più ampio che si chiama ‘Sport terapia integrata’, che viene promosso dalla Federazione Italiana Canottaggio, è un programma nazionale che intende proprio divulgare lo sport ed il canottaggio in particolare come un elemento di terapia per le donne che hanno subito l’asportazione della mammella”. “Una bella iniziativa che ci fa capire che non siamo sole – racconta Veronica Carratù, una delle prime donne che parteciperà al progetto – e che possiamo ricominciare anche attraverso lo sport. Perché la malattia non limita ma può essere un punto di forza, soprattutto se si lavora in squadra”.