Il Caminetto: ritorno alla normalità - Le Cronache
Salerno Cucina

Il Caminetto: ritorno alla normalità

Il Caminetto: ritorno alla normalità

Lo storico ristorante di Via Roma che lo scorso anno ha festeggiato i cinquant’anni di attività ha riaperto solo in questo week-end, con tutti i crismi dettati dalle nuove ordinanze. Tutto invariato dal menù, ai prezzi, alla rinomata accoglienza dello staff

Di OLGA CHIEFFI

Cinquantuno anni di esperienza nel campo della ristorazione non possono certo dissolversi dinanzi ad un fermo forzato dettato dalla pandemia. Il Caminetto, storico ristorante-pizzeria sito nel centro di Salerno, sulla via Roma, difronte al Palazzo di Città, ha riaperto solo lo scorso week-end, saltando a piè pari, il periodo dell’asporto e prevedendo che, di ordinanza in ordinanza, si sarebbe ritornati quasi alla normalità. Dehors senza tende laterali, tavoli alla giusta distanza, misurazione della temperatura all’ingresso e schedatura del cliente, poi, tutto è rimasto uguale, anche se si può godere della vista del sorriso dei componenti dello staff, solo attraverso lo sguardo, essendo tutti “mascherati”. “C’è ottimismo – ha affermato il più comunicativo della squadra Corrado Benincasa, cuore italiano, ammaliato dalle atmosfere dell’isola della musica, che racconta la vita attraverso il ritmo del corpo Cuba – in questo week-end abbiamo incominciato a lavoricchiare e dobbiamo far prendere fiducia al pubblico, che seguendo le giuste regole si può far tutto, riappropriandosi piano piano della normalità. E’ proprio per questo che nulla è cambiato nel ricco menù che proponiamo abitualmente, tantomeno nel conto, mentre qualche battuta in più si deve fare col cliente, poichè tutti usciamo da tunnel pieno di ombre. Devo confessare però, che il ritorno in sala si è fatto sentire fisicamente, eravamo tutti disabituati a certi ritmi di lavoro”. In questo cinquantennio tanti vip sono passati dal Caminetto, un po’ tutte le compagnie di scena al vicino teatro Verdi, per consumare il momento più bello e atteso che è il dopo-spettacolo, in cui possono nascere sempre nuove idee, progetti sogni. Un forte amore per la propria terra fa rilucere lo sguardo dei patron Guido Avallone e Sandra Pannaci, affiancati dal maestro di sala, Salvatore Tamburrino, in inappuntabile parannanza nera, qualsiasi temperatura segni il termometro, e dalla cassiera Loredana Avallone. In cucina impera lo chef Michela Gripi, sempre dietro i fornelli a “giocare”, inventare, creare nuovi piatti, ma nel segno stretto della cucina povera che stupiscono il pubblico, sempre coccolato  nei loro ricchi menù, sapientemente ed abilmente variati, totalmente ispirati dai nostri migliori prodotti delle nostre terre, senza lasciarsi tentare da infedeltà alla tradizione. Sulle tavole imbandite con semplicità non verranno offerti piatti troppo ricercati o necessariamente innovativi: la carta o lo stesso affabile dire di Corrado, Salvatore e Giorgio Galòn, proporranno gustose ricette popolari, approntate al momento, con sincerità e cura. Le pietanze ricordano la cucina semplice inventata dal nostro popolo, base di una gastronomia povera di ingredienti, ma ricca di sapori e di profumi, senza artifizi, gradita a principi, dive e gente comune, il cui  segreto è racchiuso nell’umiltà. Il fiore all’occhiello della cucina  sono le preparazioni che utilizzano la preziosa biodiversità di ortaggi, e verdura presenti nel territorio: la pasta è il trait d’union tra passato e presente ma rigorosamente fresca o di Gragnano,  proposta in maniera tradizionale come la pasta, fagioli e cozze, o alle vongole, i polipetti alla luciana, il famoso baccalà con patate, e tutti i piatti della tradizione marinara, con il pesce, freschissimo, proposto in tutte le “salse”, ma sempre rispettando ed esaltando il profumo del mare. Non si può scampare alle delizie del friggitore, e per chiudere, i dolci casalinghi, fatti secondo le tradizioni familiari, quali il gustoso tiramisù, profiteroles, torta al limone, scomposte, secondo il cimento e l’invenzione del momento. Ma la chiusura è dedicata alla nascita della pizza del Caminetto, il cui artefice è Francesco Capace. Il mistero non lo conosceremo mai: a Francesco la pizza puoi ordinarla nelle sue varianti di prammatica o affidarti al suo estro, al suo cimento, alla sua invenzione e vedervela davanti, sulla tavola, fumante, splendida, nel suo cerchio perfetto sollevato ai bordi di un anello più cupo, più scuro, con il suo alone di sottile magia con cui ci si nutre come cantando, come ridendo, cullandosi, ermetica e orfica, pitagorica e surrealista come un cibo elargito dagli dei, anzi, da amici di vecchia data, in un momento di generoso affetto.

Olga Chieffi