Il 25 ottobre del ‘54: iniziò l’apocalisse salernitana - Le Cronache
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Il 25 ottobre del ‘54: iniziò l’apocalisse salernitana

La chiamarono “l’apocalisse salernitana”, 316 morti, 350 feriti, più di 7.000 senza tetto per oltre 40 miliardi di danni: l’alluvione del 1954 cambiò il volto di Salerno. Erano le 18:00 di un grigio pomeriggio, lunedì 25 ottobre, quando un temporale di eccezionale violenza imperversò sulla città di Salerno, colpendo anche gran parte della costiera amalfitana. «Il 1954 iniziò molto bene per noi salernitani, con i festeggiamenti del millenario della traslazione delle reliquie di San Matteo. Finì male per la disastrosa alluvione del 25 e 26 ottobre. Già nel pomeriggio del 25 la pioggia fu copiosa perché, la sera alle ore 20:00, uscendo con degli amici dal cinema Capitol per raggiungere casa decidemmo di toglierci le scarpe ed arrotolare i pantaloni fino alle ginocchia, ricordo che il corso Vittorio Emanuele appariva come un fiume in piena – racconta il professore Ugo Pecoraro, in un sentito aneddoto di quel giorno». Quello che, sin da subito, sembrava qualcosa di spaventoso si è poi rivelato un vero inferno per tutto il territorio salernitano. Un impressionante susseguirsi di tuoni e fulmini svegliò la città in quel 54’, li definirono tanto paurosi da dare subito la misura dell’uragano che stava per colpire il nostro territorio. Il telefono dei vigili del fuoco squillava in continuazione, i militari rafforzarono le squadre dei pompieri pronte a dare soccorso. Le scariche elettriche che arrivano dal cielo bruciarono le reti aeree filoviarie, rendendo impossibile il passaggio delle filovie. Si bloccò il “ponte di ferro”, si spezzò la linea 1 che saliva al “serraglio”, così come la linea 2 che portava nella zona balneare della città, dove si trovavano tutti i noti stabilimenti. Le azioni dei vigili del fuoco si fecero sempre più intense e precarie, le case si allagarono, alcune crollarono e vennero sepolte dal fango. «Le comunicazioni stradali fra Salerno e gli altri centri urbani sono impossibili – fecero sapere gli uomini delle forze dell’ordine». La città rimase isolata e dal cielo la pioggia torrenziale non si fermò, neanche per un attimo. “Visioni apocalittiche”, così i giornali dell’epoca commentarono la tragedia, si parlava di 40 miliardi di danni con aziende distrutte e 2.500 salernitani che persero il proprio lavoro. Medici, infermieri, parrocchiani, dipendenti del Comune di Salerno e forze dell’ordine, diventarono tutti soccorritori per salvare più vite possibili. Alfonso Gatto la definì “La mala notte di Salerno”, sei terribili ore in cui l’uragano sprigionò tutta la sua violenza, negli occhi dei sopravvissuti restano le immagini di quell’inferno ed un particolare: le lancette dell’orologio della chiesa dell’Annunziata, incrostate dal fango e ferme alle 2:00 del mattino. Piazza Amendola divenne il centro dei soccorsi, lì c’erano le camionette della croce rossa e delle forze dell’ordine dove venivano portati gli alluvionati in difficoltà. Via Ligea sommersa dal fango, così come tutto il quartiere Canalone, macerie che arrivarono sin sulle spiagge del porto di Salerno. Il 26 ottobre 1954 Salerno scopre tutta la violenza dell’alluvione, intanto cresce la polemica su come si poteva prevenire questo disastro con una maggiore opera di prevenzione sul territorio. L’alba del giorno dopo i salernitani scoprono il grigio delle strade e il nero dei loro cuori, oltre 300 morti e tutto da ricostruire. Centinaia di cittadini, armati di pala, alzarono fango e detriti lungo via Roma per farsi largo, liberarono gli ingressi dalle botteghe in piazza Flavio Gioia, mentre a pochi metri si continuava a scavare per sperare di ritrovare sopravvissuti. È il 27 ottobre quando a Salerno arriva il Presidente del Consiglio Mario Scelba che visitò le zone più devastate della città, con lui anche il  Ministro dei Lavori Pubblici Giuseppe Romita.
Successivamente arrivò in città anche il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, accompagnato dalla moglie Ida. Per giorni i salernitani scavarono, anche a mani nude, tra le macerie. Da Canalone a via Monti, passando per via Spinosa, ai margini del torrente Fusandola che seppellì sotto metri di acqua e fango decine di case e negozi in tutto il rione.