I Vitelloni: doppio omaggio a Federico Fellini e Alberto Sordi - Le Cronache
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I Vitelloni: doppio omaggio a Federico Fellini e Alberto Sordi

I Vitelloni: doppio omaggio a Federico Fellini e Alberto Sordi

Terzo appuntamento, questa sera, al teatro delle Arti, alle ore 20, con la rassegna cinematografica che donata dal Premio Charlot

Di OLGA CHIEFFI

Ma chi sono “I Vitelloni”? E’ il primo termine inventato da Federico Fellini, prima del più celebre “paparazzo”, essenza della “Dolce Vita”. Questa sera e domani, infatti, il terzo appuntamento con la mini rassegna cinematografica organizzata nell’ambito della XXXII edizione del Premio Charlot e dedicata al regista italiano Federico Fellini, al cinema teatro Delle Arti di Salerno, alle ore 20, prevede la proiezione de’ “I Vitelloni”, datato 1953. E’ questo un doppio omaggio, poichè tra i “Vitelloni”, Alberto è interpretato da Alberto Sordi, del quale come per Federico ricorre il centenario della nascita. Il film come tutte i capolavori di Federico Fellini, nasce  dal sogno e dall’ intimo divertimento di “farli”, con amici quali Ennio Flaiano, Tullio Pinelli, e l’ “amico Magico” Nino Rota per le musiche. infatti non portano la parola fine nei titoli di coda. Vitellone è un termine inventato o accettato dal regista per designare il giovane perdigiorno, già abbastanza stagionato, che ha qualcuno che lo mantiene. Io direi lo “sfessato”. Nessuno di loro sa bene che cosa vorrebbe fare: i piccoli lavori, le piccole occupazioni che la cittadina di provincia potrebbe offrire alla loro scarsa preparazione, vengono sistematicamente disdegnati. Ed eccoli i Vitelloni, Moraldo (Franco Interlenghi) è il più inquieto e sensibile del gruppo, Riccardo (Riccardo Fellini) è un fanciullone con una bella voce da cantante, Leopoldo (Leopoldo Trieste) è un sognatore che insegue una irraggiungibile gloria letteraria, Alberto (Alberto Sordi) ama la burla, non manca di piccole vigliaccherie ed è attaccato alla madre, infine c’è Fausto (Franco Fabrizi) che si considera il più affascinante del gruppo, è il latin lover non privo di infantilismi. I cinque trascorrono gran parte della giornata al caffè , giuocano al biliardo, non sanno che organizzare scherzi e beffe, parlare di donne, sognare viaggi e avventure. Poi, a notte avanzata, dopo aver fatto a spinte e saltato i colonnini della piazzetta, non riescono  a far altro che tornare a casa, un po’ divertiti, un po’ immalinconiti come tutte le sere. Tutto è destinato a cambiare quando l’asprezza della vita si paleserà loro sotto forma di una famiglia allargata stanca di portarseli appresso, tra alti e bassi i cinque verranno catapultati nella vita vera, con tutto quel che ne consegue nel bene e nel male. L’unico che parte davvero è però Moraldo, l’alter ego di Federico Fellini: se ne va una mattina alla stazione, senza di niente, col cuore pieno di speranze e di rimpianti. Tra le sequenze indimenticabili quella del veglione di Carnevale, le maschere, l’ubriacatura, i tentativi di approccio sentimentale, la conclusione squallida con un grandissimo Alberto Sordi piagnucolante, che ha per un momento la lucidità dei suoi fallimenti.