I musicisti fanno parte del mondo dello spettacolo? - Le Cronache
Spettacolo e Cultura Musica

I musicisti fanno parte del mondo dello spettacolo?

I musicisti fanno parte del mondo dello spettacolo?

Riflessioni a bocce ferme circa la manifestazione  che ha visto il mondo dello spettacolo presidiare teatri, piazze e sale da concerto

Penso che il mondo della musica e che dello spettacolo debba partire da questa  domanda “I musicisti fanno parte del mondo dello spettacolo sì o no?”, per cercare di capire perché alla manifestazione del 30 ottobre a Napoli, in  Piazza del Gesù, sì quella che doveva mostrare il nerbo del mondo dello spettacolo, la sua volontà di resistere al virus e alla chiusura delle sale, ho contato solo quattro o cinque musicisti, tra un totale di due-trecento persone. La prima osservazione da fare è: di quali musicisti parliamo? Esistono categorie di musicisti? Certamente, come è giusto che sia. La musica è un mondo che, a sua volta, racchiude mondi spesso diametralmente opposti. Io mi riferisco al mondo della musica colta, definizione autoreferenziale, lo so, forse perché chi studia anni e anni poi ci tiene a farlo sapere in giro, come rivalsa e compiacimento. E’ colta, però, anche perché si occupa del repertorio storico e non di quello attuale, ma di questo parleremo dopo. Eppure, si suppone che tra i vari mondi della musica debbano esserci denominatori comuni e varianti. Vediamoli. Il primo è suonare. Il secondo è suonare in pubblico o a casa propria. Il terzo è suonare per piacere o per lavoro, da questo ne deriva  il quarto:   cioè essere pagati o farlo gratis. Nel mondo di cui faccio parte esistono musicisti che non suonano. Potrebbe risultare un controsenso e invece è così. In taluni casi succede che non abbiano mai suonato, tranne che durante il loro iter di studi. Poi, si sono dati all’insegnamento. Scelta plausibile. Non tutti se la sentono di calcare un palco. Costoro non fanno parte del mondo dello spettacolo. Nel mondo di cui faccio parte suonare in pubblico, in concerti organizzati non da te stesso, è difficilissimo e, col passare del tempo, lo è sempre più. Questo è uno dei motivi per cui molti scelgono di smettere di suonare o, semplicemente, di farlo a casa propria, per piacere, trovandosi ovviamente un altro lavoro per sostenersi. Anche costoro, dunque, non fanno parte del mondo dello spettacolo. Tra i pochissimi che riescono a entrare in stagioni organizzate c’è una grande fetta (suppongo sia la stragrande maggioranza) che si esibisce per cachet non elevati che, per giunta, scendono sempre di più, e dunque sono costretti a guadagnarsi da vivere accostando agli spettacoli, altre attività, vedi l’insegnamento (io faccio parte di questo gruppo).  Costoro sono lavoratori ibridi e fanno parte del mondo dello spettacolo a metà avendo un posto fisso di altra sorta. Infine, ci sono i lavoratori a tempo indeterminato e le star pagate con cachet alti, molto alti e altissimi. Sono pochi e non hanno bisogno di manifestare. Se lo fanno, ora, è per essere carini verso quelli più sfortunati, qualche volta perché hanno ideali forti e rari. Penso che abbiamo la risposta al mio primo quesito. Cosa avrei dovuto aspettarmi alla manifestazione di sabato? Quali folle di quali individui che difendono la propria esistenza in quanto donne / uomini di spettacolo? Per giunta in una realtà, come quella del Sud, che sconta come sempre la subalternità rispetto a una direzione nordcentrica che lascia le briciole ai nostri territori? Ecco perché eravamo in 4/5. Perché c’era da difendere ben poco. Non sono pessimista di natura ma credo che la mia categoria debba porsi quesiti che vanno molto oltre l’emergenza contingente, il primo è: siamo musicisti o rischiamo di diventare manichini da museo?

 

Dario Candela pianista e docente