Gerlando Iorio: «No al dissesto», «per il Puc altissime aspettative», «necessari gli accorpamenti con Alba». E sul Fdg: «Non so se si costituirà» - Le Cronache
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Gerlando Iorio: «No al dissesto», «per il Puc altissime aspettative», «necessari gli accorpamenti con Alba». E sul Fdg: «Non so se si costituirà»

Gerlando Iorio: «No al dissesto», «per il Puc altissime aspettative», «necessari gli accorpamenti con Alba». E sul Fdg: «Non so se si costituirà»

di Carmine LANDI

BATTIPAGLIA. In città c’è un uomo che, da un po’ di mesi a questa parte, riesce a godere del consenso di buona parte dei battipagliesi: si tratta di Gerlando Iorio, presidente della commissione straordinaria – di cui fanno parte anche Ada Ferrara e Carlo Picone – che regge le sorti dell’azione amministrativa cittadina.

E dire che quando, lo scorso 22 aprile, la triade varcò per la prima volta la soglia d’ingresso di Palazzo di Città, i battipagliesi erano tutt’altro che entusiasti: il loro approdo in città, infatti, fu una diretta conseguenza del decreto di scioglimento del consiglio comunale a causa di infiltrazioni camorristiche. I commissari, però, si rimboccarono le maniche e, in mezzo a tanta sfiducia, decisero di mettersi al lavoro per smentire coi fatti i più lesti pessimismi.

Iorio s’è concesso ai nostri taccuini, regalandoci una lunghissima intervista – durata più di un’ora, tanto che i dirigenti comunali che avevano appuntamento con lui per un summit staranno ancora maledicendo il sottoscritto a causa della lunga attesa – in cui ha cercato di leggere a 360 gradi la realtà battipagliese.

– Il recupero del fiaschello battipagliese, la kermesse natalizia “Serre d’Inverno”, gli orti sociali, le trattative per portare i prodotti all’interno dei padiglioni di “Expo 2015”: si sta davvero innamorando di Battipaglia?

«Bisogna sempre innamorarsi del lavoro che si fa. Quando iniziai, alla Prefettura di Alessandria, mi occupavo delle patenti, ossia di una delle attività più noiose che ci sia nel nostro campo. Eppure, anche le patenti sono un servizio per i cittadini: può essere noioso, ma dall’altra parte c’è chi attende. Inizialmente, allora, cercavo di smaltire un po’ di lavoro. Poi realizzammo un ufficio che nel giro di tre giorni consegnava le patenti. Non c’è nulla di più gratificante della soddisfazione che si prova nel fare bene un servizio. Battipaglia, poi, è una città che entusiasma, perché c’è tanta energia. Ciononostante, c’è anche tanto individualismo: questa città fa tutto nell’individualità, raggiungendo vertici notevolissimi, ma quando si tratta di identità collettiva, si ingolfa un po’ la macchina, e forse ciò è dovuto alla giovane età del comune. Ad ogni modo, soprattutto quando il lavoro è pubblico, bisogna spendere il massimo delle forze, perché i soldi pubblici sono sacri».

– A proposito di individualismi, di collettività e di lavoro pubblico, meglio lavorare da soli o in terna?

«Siamo molto fortunati, perché io ho già lavorato con Picone in passato, e con la Ferrara s’è creato subito un forte affiatamento. Il clima, dunque, ci consente di realizzare tutto più facilmente. Tutti e tre, poi, abbiamo impostato il discorso su una questione di estrema trasparenza e correttezza, cercando, ad esempio, di mantenere un’assoluta equidistanza tra tutte le forze politiche in campo: a ragion di tutto ciò, mi sento di dire che lavorare in gruppo è molto costruttivo».

– Dovreste terminare il mandato a Ottobre: come vede la città fino ad allora?

«Sul piano sociale, da qui ad ottobre pensare di poter fare delle ipotesi è molto difficile, essendo il lasso temporale particolarmente ristretto. Pare, però, che a livello generale si stiano creando delle congiunture molto favorevoli: ciò potrebbe essere d’ausilio a Battipaglia. Dal punto di vista amministrativo, credo che sia in corso un’attività di dibattito nell’ambito della cittadinanza, e questo è un elemento favorevole, eppure la priorità resta quella di dover fare una riflessione seria sui problemi che ha avuto questa città, anche per quel che riguarda le questioni che hanno portato allo scioglimento dell’ente, che non vanno affatto ritenuti irrilevanti. Qui, purtroppo, ci si chiede ancora “perché a noi?”, ma accade anche nel milanese che i comuni siano sciolti per infiltrazioni camorristiche. Bisogna capire che un vulnus è qualcosa si cui bisogna riflettere, e non un motivo per piangersi addosso. Talvolta, invece pare di trovarsi in una famiglia dove si crede che trascurare i crucci sia un modo per esorcizzare. Questa critica, ovviamente, va calata anche sul contesto politico: se ci sono dei nomi da fare, vanno fatti. Se in città, ad esempio, ci sono state delle avvisaglie nei confronti dei beni confiscati, come accaduto con l’incendio a via Catania, non bisogna minimizzare, dal momento che il rogo è comunque doloso. Sul bar di via Gonzaga (confiscato all’imprenditore Antonio Campione perché ritenuto locale della camorra, NdA), l’altro giorno, c’era un manifesto che diceva “Battipaglia non è città di camorra”: si tratta di un bar confiscato per camorra! Una presa di coscienza forte ci deve essere, perché altrimenti o si è inconsapevoli o si ha paura».

– Abbiamo saputo da fonti particolarmente attendibili che a impedire l’insediamento del Forum dei Giovani sarebbe stato proprio un malcontento dell’amministrazione comunale circa delle modalità di elezione quanto meno sospette. Ci può dire qualcosa in più?

«Lì c’è stato un vizio nella procedura amministrativa: si tratta, dunque, di capire se questa debolezza nel procedimento– con minori che sono stati accompagnati da maggiorenni che non erano i genitori – può interferire sull’insediamento del Forum. D’altronde, se il punto è quello di fare progetti per i giovani, le porte sono aperte. Qual è la necessità di questo tavolo formale?»

– Cos’è cambiato da ottobre a oggi? Perché prima c’era l’esigenza del tavolo formale e oggi no? Il Forum si insedierà?

«Attendiamo gli esiti della verifica sulle procedure. Non so se il Forum si costituirà: vorrei parlarne insieme agli eletti. Discutiamo sul metodo quanto vogliamo, ma il merito delle iniziative per i giovani deve andare avanti. So di non aver detto nulla, ma per ora preferisco parlare così».

– Il 3 gennaio scorso, durante una conferenza stampa, Cecilia Francese, leader di Etica per il buon governo, disse di aver saputo da lei che siamo sull’orlo del dissesto: quanto c’è di vero?

«Di vero c’è che siamo sempre su un fil di lana. La procedura di riequilibrio è partita tra giugno e luglio, in seguito all’approvazione da parte della Corte dei conti. Ora c’è ancora un lungo e complesso percorso da fare: ad ogni modo, noi pensiamo che si debba comunque cercare di rientrare da questo deficit sulla base del piano di riequilibrio. Alla fine, tra il piano di riequilibrio e il dissesto non ci passa molta differenza: avremmo solo le mani un po’ più legate. Per la deresponsabilizzazione della commissione, dichiarare il dissesto sarebbe più agevole, perché ci scaricherebbe di un fardello che assumerebbero altri commissari. Quando ci insediammo, trovammo un discorso aperto con la Corte dei conti e con il Ministero degli Interni, e quest’ultimo si rivelò scettico a riguardo: d’altronde, finché non ci sarà una forte virata, le perplessità rimarranno sempre. Eppure, il dissesto avrebbe rappresentato un ulteriore commissariamento».

– Eppure avrebbe potuto rendere non candidabili dei vecchi amministratori…

«Per quel che riguarda questo aspetto, il dissesto avrebbe potuto provocare queste situazioni, ma io non potrei mai accettare di utilizzare la scure del dissesto per fare piazza pulita. Dovrebbero essere la classe politica e la cittadinanza a rivelarsi mature per fare delle riflessioni simili. Preferiamo dare fiducia alla città con il riequilibrio. Si tratta di stare un’ora in più al municipio? Ok, ci stiamo, tanto dicono che qui di notte ci divertiamo pure sui siti internet (il commissario ride: l’allusione ironica è alle parole pronunciate da Giuseppe D’Elia, “l’uomo del popolo”, che nel corso del comizio di venerdì scorso aveva parlato delle aule municipali che di notte farebbero da scenario a video erotici che sono sul web, NdA): l’importante è dare alla città un senso di reazione». 

– Qualche testata ha parlato dell’assorbimento da parte di Alba dell’azienda speciale “Ferrara – Pignatelli”: conferma?

«Su questo punto, abbiamo anticipato il legislatore, che solo da qualche mese ha iniziato a parlare di accorpamenti nella pubblica amministrazione: noi abbiamo cercato di partire in anticipo per eliminare le società inutili, così da risparmiare sui costi. Da un lato, quindi, abbiamo cercato di recuperare Nuova, che rischiava la dissoluzione e, dunque, il licenziamento di molte persone: abbiamo spiegato alla Corte che certi servizi vanno comunque mantenuti e che le esternalizzazioni comporterebbero costi maggiori. Abbiamo, allora, mantenuto una società, pur inglobandola. Abbiamo eliminato, però, due società. La Veicolo srl, che era nata per vendere i beni, ma che non v’era riuscita, è dovuta sparire: adesso inizieremo una nuova procedura con l’Anci attraverso una struttura del Ministero delle Finanze, per cercare di attrarre più vasti investimenti. Se avessimo chiuso Veicolo e trasmesso tutti i beni al Comune, però, avremmo dovuto pagare inverosimili tasse di successione, ed è per questo che abbiamo preferito inglobare gli immobili comunali in Alba. La Ferrara-Pignatelli, poi, è una società speciale, che negli anni ha fatto un ottimo lavoro: il Piano di Zona, tuttavia, ci impedisce di creare doppioni, per cui abbiamo comunque lasciato accompagnamenti e altri servizi a latere dell’Ambito sociale, ma abbiamo pensato di arrivare alla liquidazione della Pignatelli, con la conseguente estinzione dei debiti dell’azienda, pur lasciando comunque la funzione tra le braccia del Comune attraverso Alba, perché non sappiamo quali cambiamenti potrebbero arrivare in futuro».

– PUC: quali sono le vostre aspettative?

«Abbiamo aspettative elevatissime: stiamo cercando di creare un piano innovativo, affidandoci a un gruppo di lavoro super partes. Speriamo, in questa prima fase, di riuscire a tracciare almeno le linee strategiche, così da favorire un intervento con un impatto di grande novità, non soltanto a livello urbanistico, ma anche in prospettiva per la gestione dei beni comuni. Vi dò una notizia in anteprima: siamo in contatto con la Luiss, che, nell’ambito di un progetto denominato “Territori e nuove forme di legalità”, parlerà degli esperimenti fatti a Bologna, a Mantova, a Palermo e a Battipaglia, parlando di quanto si sta mettendo in atto a proposito di politiche urbanistiche nella nostra città come di un patto di collaborazione per la legalità organizzata. Al convegno ci saranno anche PaolaSeverino, ex-ministro della Giustizia, Gian Carlo Caselli, che è un magistrato che si occupa di ecomafie, e Antonella Manzione, che è il Capo del Dipartimento di Affari Giuridici e Legislativi di Palazzo Chigi: ogni atto del Governo passa sulla sua scrivania».

Il team di Alvisi s’incontrerà all’interno di un edificio che un’amministrazione del passato aveva bollato come inagibile, ossia la struttura che ospitò la scuola “E. De Amiciis”. Lei, poi, l’ha aperto nuovamente al pubblico. È chiaro che le domande del perché vanno fatte a chi decretò l’inagibilità, ma lei che idea s’è fatto?

«Per quel che riguarda le “De Amiciis” , io credo che siano state dichiarate inagibili come edificio scolastico. La struttura è stabile, ma chiaramente il problema si pone quando si parla di cosa volerne fare. Ad ogni modo, mi ha piacevolmente colpito il senso di attaccamento dei cittadini nei confronti di questa scuola. “Era un luogo di mia mamma, di mio padre, dei miei nonni, e quindi appartiene anche a me”: è bellissimo».

– Lei è stato accusato per aver preso all’incirca 1.100 euro come rimborso spese per i viaggi in un mese da casa sua, Caserta, a Battipaglia. Tuttavia, sull’albo pretorio, c’è l’elenco dettagliato della richiesta di rimborso: ha commenti a riguardo?

«È tutto sotto gli occhi della gente, per cui il commento lo lascio a voi. Ho già detto che per me i soldi pubblici sono sacri. Pertanto, lascio che siano gli altri a vedere come li spendiamo».

– Cosa le piace di più in questa città?

«A Battipaglia c’è una bravura nel fare tutto: sono squisiti perfino i confetti. Dalle attenzioni che ci sono nella lavorazione d’ogni cosa, si capisce come mai questa città sia diventata ciò che è diventata. Ci sono, poi, tantissime tipologie di prodotti locali: ho chiesto a molti battipagliesi se ne fossero a conoscenza, e tanti non ne sapevano nulla.Qui c’è un livello altissimo di professionalità, e il bello è che il discorso tocca tutti, e non soltanto qualcuno: pasticcerie, pizzerie, mozzarelle, aziende agricole. Sono tutti molto bravi. C’è poi questa voglia di ricercare a tutti i costi il collegamento con la città e con le tradizioni: un attaccamento del genere in una città dai natali così recenti mi ha sorpreso. Vi dirò di più: tutto ciò dà energia per andare avanti, perché quando vedi queste persone che ti spingono, capisci che investi bene il tuo tempo».

– Un messaggio per chi auspica un prolungamento della fase commissariale?

«Dobbiamo sperare che il commissariamento duri il necessario e che crei le condizioni affinché la classe politica trovi dei buoni punti di partenza. Non dobbiamo star qui per sempre, perché altrimenti ci sarebbe qualcosa di cui preoccuparsi. Questa è una città che è venuta da un commissariamento dopo l’altro, e, come se non bastasse, rischiava di essere commissariata per tre anni. È chiaro che noi, in veste di funzionari dello Stato, non abbiamo le possibilità per fare tutto ciò che invece potrebbe fare la classe politica; tuttavia, come burocrati attenti a quello che ci gira attorno, possiamo captare le esigenze della collettività e creare le condizioni per fare bene il nostro lavoro. Un commissario, d’altronde, è come un arbitro di calcio: se se ne parla poco, vuol dire che ha fatto un buon lavoro».

Troppo presto per fare le pagelle, ci mancherebbe altro. Tuttavia, c’è da dire che la terna “arbitrale” si sta comportando davvero alla grande. Sperando che, diversamente da quanto si vede troppo spesso sui campi di calcio, al termine della partita gli spettatori e i giocatori non s’azzuffino per non aver visto sul tabellone il risultato sperato.