di Marta Naddei Le fondamenta del Crescent potrebbero cominciare a cedere da un momento all’altro. Quanto meno, potrebbero scricchiolare quelle su cui si fondano le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dal Comune di Salerno il 6 novembre del 2014. In buona sostanza, è tutta una questione di conti che non tornano. O meglio, di centimetri. I famosi 33 centimetri che il Comune di Salerno ha ritenuto opportuno eliminare dall’emiciclo firmato da Ricardo Bofill per rimetterlo in pari con l’altezza del Municipio. Qualcosa non quadrerebbe nel caos di altezze che ha caratterizzato parere della Soprintendenza e autorizzazioni comunali. Numeri sballati di cui il soprintendente Gennaro Miccio pare essersi accorto soltanto lo scorso 20 febbraio – a circa tre mesi e mezzo dal rilascio del via libera paesaggistico da parte del Comune di Salerno – quando presso gli uffici di via Roma – è giunta una nota, indirizzata al servizio trasformazioni edilizie del settore urbanistica, guidato da colei che ha apposto la firma alle autorizzazioni, ovvero l’architetto Maria Maddalena Cantisani, con la richiesta di trasmissione della perizia topografica e altimetrica citata nella documentazione del Comune di Salerno e, a quanto pare, mai uscita da quelle mura. La perizia topografico-altimetrica (la numero 175585 del 6-11-2014) è quella in cui sono presenti i rilievi effettuati dai tecnici comunali sulle altezze del Crescent e del Municipio, da cui è poi scaturita la decisione finale di procedere ad una limatura dell’altezza del palazzo semicircolare di 33 centimetri rispetto al progetto originario. Ma cosa dice la perizia che, per inciso, è stata acquisita agli atti nel giorno stesso dell’emissione dell’autorizzazione dell’architetto Cantisani? Dice che l’altezza sul livello del mare di Palazzo di Città è di 32,62 metri, quella assoluta di 29,28 metri; il Crescent, invece, ha un’altezza assoluta di 27,84 metri con un piano di posa di 5,11 metri sul livello del mare per un totale di 32,95 metri: misurazioni da cui è poi scaturito il taglio d’altezza di 33 centimetri che consenta al mastodontico edificio di non superare l’altezza del Municipio. Ma, stando a quanto afferma Miccio, ci sarebbero delle seppur sensibili differenze: un motivo comunque sufficiente a chiedere la documentazione per chiarire la faccenda. «Le altezze riportate nelle autorizzazioni paesaggistiche – si legge nella nota – risultano essere sensibilmente differenti da quelle riportate nei pareri di questo ufficio». E, nel richiedere la trasmissione della perizia, il soprintendente tiene a sottolineare un aspetto significativo, quasi un consiglio o un avvertimento: quello di «verificare ogni rispondenza alle prescrizioni imposte nei pareri, il cui rispetto rappresenta il requisito essenziale dell’atto autorizzativo». Insomma, se c’è difformità a rischio, per l’amministrazione comunale, ci sarebbe l’intero iter del nuovo Pua di Santa Teresa che, seppur vero che debba ancora passare al vaglio del Consiglio comunale, è stato approvato dalla giunta con netta bocciatura di tutte le osservazioni presentate ma potrebbe tornare al punto di partenza. Ad incuriosire, in questo nuovo capitolo della saga Crescent, c’è più di un aspetto; a partire da quello della tempistica con cui il soprintendente Gennaro Miccio si è accorto che i funzionari comunali incaricati hanno disposto un taglio della mezzaluna di soli 33 centimetri per rimettere in pari i due palazzi. Probabilmente, la costituzione in giudizio quale parte lesa del Ministero dei Beni culturali, alle cui dipendenze Miccio si trova, nel maxi processo penale sul Crescent ha giocato la sua parte. Così come le sempre più insistenti voci di un suo imminente trasferimento ad altri lidi, che avrebbero potuto dargli il sufficiente coraggio per chiedere di far luce su di un’anomalia.
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