Fonderie, la difficile collocazione e le responsabilità del sindacato - Le Cronache
Editoriale

Fonderie, la difficile collocazione e le responsabilità del sindacato

Fonderie, la difficile collocazione e le responsabilità del sindacato

di Andrea Pellegrino

La trafila è la stessa del termovalorizzatore o delle discariche ai tempi dell’emergenza rifiuti. In tutta la Campania non si trovò un buco per costruire un nuovo impianto di trattamento dei rifiuti. Uno scenario identico, o quasi, per le Fonderie Pisano che allo stato, per la delocalizzazione, hanno ottenuto porte chiuse dalle varie amministrazioni comunali. Ad eccezione di un annuncio di Ernesto Sica, sindaco di Pontecagnano Faiano, che ha provato a tendere la mano alla famiglia Pisano, sollevando, però, come prevedibile, polemiche feroci nel suo comune. Stessa cosa a Giffoni Valle Piana, dove pende un giudizio al Consiglio di Stato ed a Buccino. Come è prevedibile che accada, tra l’altro, in qualsiasi altro posto che verrà proposto in provincia di Salerno. Insomma si è arrivati troppo tardi ad affrontare il reale problema. O forse si è voluti arrivare a ciò per un disegno ben preciso da mettere in atto. D’altronde sono anni ed anni che la Procura della Repubblica indaga sullo stabilimento di Fratte, così come è da tempo che si parla di delocalizzazione e del problema inquinamento legato all’impianto.
Non volendo andare troppo lontano a Palazzo Sant’Agostino, fu istituita una commissione consiliare ad hoc (presieduta dall’allora consigliere provinciale Antonio Cammarota) per trovare un sito idoneo ad ospitare le Fonderie, all’epoca non così esposte mediaticamente e, quindi, di più facile collocazione. Ed invece si è preso tempo, fino all’arrivo di Gianni Letteri (lo sconfitto candidato sindaco di Napoli, amico di Vincenzo De Luca) con il suo mega centro commerciale, al posto delle Mcm, e fino alla coraggiosa protesta di Martina Marraffa che non si è smossa dalla tenda per oltre un mese. Altro che le proteste part time dei lavoratori delle Pisano che, sotto i timidi consigli dei sindacati (che hanno sul groppone la responsabilità maggiore di una eventuale chiusura della fabbrica), con mogli e figli cercano di stuzzicare le istituzioni che, per l’occasione, lasciano addirittura i Palazzi vuoti.
Per loro il film è già visto. Basti pensare alle Mcm di Lettieri, alla più clamorosa chiusura dell’Ideal Standard, alla Marzotto, Pennitalia e così via. Alcune delle quali hanno storie accomunate da una sigla sindacale ben definita: la Cgil, rea di posizioni troppo morbide con le istituzioni ed anche con i padroni. Loro si sono sempre salvati, così come accadrà, certamente, per i Pisano.