Estorsione alla farmacia, chiesti 33 anni di carcere - Le Cronache
Provincia Bellizzi

Estorsione alla farmacia, chiesti 33 anni di carcere

Estorsione alla farmacia, chiesti 33 anni di carcere

di Pina Ferro

Utilizzando il peso criminale del clan avrebbero provato ad estorcere un posto di lavoro per un loro congiunto al titolare di una farmacia di Bellizzi. Il pubblico ministero, al termine della requisitoria ha chiesto la condanna a 12 anni ciascuno per Enrico e Michele Bisogni e a 9 anni per Aldo Antonio Bisogni, difesi tra gli altri dagli avvocati Luigi Gargiulo e Luigi Capaldo.
La sentenza dovrebbe essere emessa all’inizio del mese di luglio.
Secondo l’impianto accusatorio i tre avrebbero utilizzato il peso criminale dei Pecoraro Renna per estorcere un posto di lavoro ad una farmacia di Bellizzi. A dover essere assunto, secondo l’accusa doveva essere Giovanni Bisogni, altro componente della famiglia Bisogni. Il collegio, presieduto da Diograzia, nel corso del dibattimento a carico dei tre, ha sentito, quali teste, il dottor Nicola Pellegrino e Michele Volpe i quali avrebbero affermato che non vi sarebbe stata alcuna “bussata in nome del clan” per l’assunzione di Giovanni Bisogni e che il tutto sarebbe stato effettuato nella piena regolarità. Quindi hanno escluso tassativamente l’ipotesi dell’estorsione finalizzata all’assunzione del congiunto dei Bisogni. Nell’ordinanza di custodia cautelare (due in carcere ed una ai domiciliari), emesse a suo tempo, ed eseguite dai carabinieri della compagnia di Battipaglia, veniva evidenziato che a dettare le mosse da fare dal carcere sarebbe stato Enrico Bisogni che avrebbe segnalato quali imprenditori dovevano essere avvicinati per le richieste con finalità estorsive. Una delle vittime era stata individuata nel farmacista al quale, però, i Bisogni non chiesero denaro ma posti di lavoro. Assunzioni obbligate di loro familiari.
A farsi portavoce delle richieste dal carcere, sempre secondo gli inquirenti, erano il fratello Michele e il nipote Aldo Antonio.
Sarebbero stati loro ad avvicinare il farmacista e il suo collaboratore per portare il messaggio intimidatorio del boss.
Tesi, questa, smentita dalle testimonianze del medico e del collaboratore.