Dopo Fantasmi a Spaccanapoli il Verdi chiude con Due - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Dopo Fantasmi a Spaccanapoli il Verdi chiude con Due

Dopo Fantasmi a Spaccanapoli il Verdi chiude con Due

Raoul Bova recupera domani sera, alle ore 21, lo spettacolo che lo vede protagonista con Chiara Francini

Di OLGA CHIEFFI

Non bisogna esser schiavi delle proprie tradizioni, della passione dei propri remoti sentieri, dei propri amati spazi, suole ripetere il principe di Serramezzana, Ruggero Cappuccio, è necessario aprire i cassetti, lasciar andare i ricordi le emozioni, in modo che possano vivere per sempre. Ma lui, figlio dell’ombra, dell’oscurità, dell’assenza-presenza, vi ritorna per prendersi cura di una nascita, tra segreti da mantenere e incognite da dissolvere. Quest’anno negli antichi palazzi napoletani vi è tornato con il “Sogno di una notte di mezza estate” e con questa meravigliosa “Spaccanapoli Times”, che ha chiuso la stagione di prosa del teatro Verdi. Tutto può avvenire, tutto è possibile e probabile. Tempo e spazio non esistono; su una base minima di realtà, l’immaginazione disegna motivi nuovi: un misto di ricordi, esperienze, invenzioni, assurdità e improvvisazioni: nell’antico palazzo di famiglia i fratelli Acquaviva si rincontrano nel loro salotto che “si mantiene” su migliaia di bottiglie d’acqua d’annata, simbolo del loro cognome, per attendere la visita del neuropsichiatra dell’Asl per la conferma della pensione di invalidità. Il teatro di Ruggero Cappuccio non è mai esclusivamente un teatro parlato, ma un magico equilibrio tra parola, immagine, movimento e suono, elementi combinatori e intercambiabili, capaci di acquistare un ritmo particolare, realistico o stilizzato, immaginario, andando a formare un organismo vivente e preciso, razionale e sensibile, illuminato e rigoroso. Nella casa degli Acquaviva viene rappresentata una ghirlanda di appena sfuocati microdrammi di vita quotidiana, coins di realtà e di natura, se si vuole tranches-de-vie di varia tonalità, musicalmente costruiti come una sinfonia, fugata qua e là con il leitmotiv che ritorna in continuazione, ripetuto e variato dalle diverse voci. Una costruzione sinfonica che si modella principalmente sulla metafisica dell’esistenza caratterizzata dalla ripetizione, per la quale il destino umano (incipit de’ “La forza del destino”) è intessuto di motivi, ricorrenze, abitudini e fatali simmetrie (bottiglie d’acqua). In stretta relazione con quest’idea si passa in rassegna alla vita della famiglia, l’abbronzatura da salotto, la scelta del santo da pregare, il caffè delle cinque, gli spasimanti, le occasioni perdute, la cultura musicale e teatrale della famiglia, che porta i fratelli a rappresentare il finale della Tosca di Giacomo Puccini. Plausi per tutti a cominciare da Ruggero Cappuccio, che si è riservato il ruolo del suo alter ego Giuseppe Acquaviva, scrittore che detta i suoi romanzi al telefono ad un tal Giosuè che poi li pubblicherà anonimi, Gianni Esposito, nel “costume” di Romualdo,  pittore che distrugge le sue tele un attimo prima di completarle, strepitoso nella scenetta del caffè, una esilarante Gea Martire nella parte della svampita retrò Gabriella vittima dei ricordi dei suoi  evanescenti fidanzati, Marina Sorrenti una Gennara vedova  siciliana da anni, ma incapace di darsi il permesso di vivere un nuovo amore col suo spasimante, Norberto Boito, interpretato da Giulio Cancelli, sino al dottor Lorenzi, un integerrimo Ciro Damiano che nega ai quattro folli la pensione d’invalidità. Ciò che non è detto, ma resta sottinteso è che la morte è il risveglio finale, che ci libera dall’angoscia, di una società in crisi, in cui nulla ha più valore, neanche i sentimenti, del sogno stesso, della realtà illusoria che ci avvolge. Applausi a scena aperta, per Ruggero mentre domani alle ore 21, chiusura con Raoul Bova e Chiara Francini protagonisti dello spettacolo “Due”, scritto da Miniero e Smeriglia. Una scelta significativa per Bova, che ritorna al palcoscenico dopo quasi vent’anni, dedicati al cinema e alla televisione. Regista è lo stesso Luca Miniero, al suo esordio teatrale, dopo i successi sul grande schermo. “La scena – racconta Miniero – è una stanza vuota. L’occasione è l’inizio della convivenza che per tutti gli essere umani, sani di mente, è un momento molto delicato. Che siano sposati o meno, etero oppure omo. Marco è alle prese con il montaggio di un letto matrimoniale, Paola lo interroga sul loro futuro di coppia. Sapere oggi come sarà Marco fra 20 anni, questa è la sua pretesa. O forse la sua illusione.