«De Luca condannato? Sarebbe un fannullone passivo» - Le Cronache
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«De Luca condannato? Sarebbe un fannullone passivo»

«De Luca condannato? Sarebbe un fannullone passivo»

Brigida Vicinanza

Non ci sarebbero prove per condannare Vincenzo De Luca, attuale governatore della Campania ed ex sindaco di Salerno, nel processo Crescent. Sono gli avvocati della difesa, che dopo le dichiarazioni spontanee dello stesso presidente di venerdì, provano a giocarsi il tutto per tutto, nella fase delle arringhe difensive prima della sentenza. Un’udienza durata due giorni, dove per consentire all’avvocato Castaldo, di terminare il suo intervento è stato necessario anche il sabato mattina. Nonostante De Luca, venerdì sia stato il miglior “avvocato di se stesso”, i legali del presidente della Regione Campania, hanno continuato nella difesa, provando a convincere il collegio giudicante della totale estraneità dei fatti dell’ex primo cittadino e mantenendo la linea da sempre portata avanti, ovvero che la Procura avrebbe forzato le accuse e non ci sarebbero prove effettive del coinvolgimento di De Luca, per i reati contestati. «Quella compiuta dal presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, è un’istigazione metafisica», in cui il governatore «rappresenta un ologramma». E’ la metafora utilizzata, durante la discussione al processo Crescent di ieri mattina, dall’avvocato dell’ex sindaco di Salerno, Andrea Castaldo, per sostenere la sua tesi secondo cui, non avendo De Luca incontrato e conosciuto alcuni esponenti della Soprintendenza, non avrebbe potuto certamente istigarli. «Tant’è vero – ha sottolineato il legale napoletano – che al termine delle dichiarazioni spontanee rese dal presidente De Luca, la Affanni, si è avvicinata a lui per presentarsi. Quindi abbiamo un istigatore che non conosce l’istigato. Ma, al di là di questo, ci sono prove di un incontro? Si sono mai incontrati? No». La vicenda giudiziaria, che si concluderà con l’udienza del prossimo 28 settembre, è legata alla sdemanializzazione, in favore del Comune, dell’area a Nord del lungomare cittadino, con successiva allocazione della struttura, la costruzione residenziale a forma di mezzaluna firmata dall’archistar Riccardo Bofill e i relativi permessi di costruire rilasciati. Tra gli imputati, oltre al presidente della Giunta regionale campana, implicato per falso ideologico, abuso d’ufficio e reati urbanistici, ci sono altre 21 persone, tra cui gli esponenti della giunta comunale dell’epoca, imprenditori, dipendenti comunali ed ex esponenti della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici. Castaldo ha sottolineato come l’accusa abbia messo su «una caccia alle streghe, figlia di un sospetto di corruzione. Di che parliamo? Di una mega associazione per delinquere?». Poi, l’avvocato ha concluso: «In caso di condanna da parte del tribunale, si consegnerà, dell’amministratore pubblico, un atteggiamento di fannullone passivo». Dunque, adesso si dovrà attendere soltanto la fine di settembre per capire le sorti anche di altri esponenti dell’attuale giunta regionale, che rischierebbero la sospensione dall’incarico.