Caso Ideal Standard: Operaio denuncia: “Così maneggiavo sostanze nocive” - Le Cronache
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Caso Ideal Standard: Operaio denuncia: “Così maneggiavo sostanze nocive”

Caso Ideal Standard: Operaio denuncia: “Così maneggiavo sostanze nocive”

di Andrea Pellegrino

Per venti anni ha lavorato in uno dei reparti più esposti a prodotti pericolosi per la salute. Ed è uno che ha subito danni di salute, prima ancora che lavorativi. Enzo Apicella è uno degli operai del settore materie prime dell’Ideal Standard. Ed è uno degli ex dipendenti più anziani. Ma ad oggi, prima ancora delle sue condizioni di salute, ha la forza per contestare quanto avvenuto allora, all’atto della dismissione dello stabilimento. Lui ha seguito da vicino tutta la fase sindacale, in uno stabilimento industriale marchiato, però, solo del simbolo della Cgil. Ma questa è tutt’altra storia. Per venti anni, il signor Apicella ha preparato l’impasto, finito sul “banco degli imputati” per la sua composizione anche a base di amianto. Basti pensare che tra i componenti dell’impasto ceramico, c’era proprio il feldspato, materiale composto da amianto. Ma non solo. Apicella ha maneggiato anche la barbottina ed il talco, utilizzato anche nella sala della colatura. E proprio il talco ed il feldspato sarebbero gli elementi potenzialmente più pericolosi per l’organismo umano. «Eravamo tredici addetti alle materie prime – racconta Vincenzo Apicella – utilizzavamo prodotti per preparare l’impasto, tra cui la barbottina ed il talco. Con il talco si realizzavano anche i colori. Poi ricordo anche un materiale – il cobalto – che utilizzavamo come adesivo, ed aveva un colore roseo». La produzione avveniva così: «Un carrello passava sotto i silos e raccoglieva le varie materie prime che confluivano in una grossa vasca. Eravamo costretti anche noi ad intervenire con le nostre mani per completare l’impasto». Oppure, dice ancora Apicella: «Non sempre dai silos scendeva l’esatto contenuto della materia. Alcune volte capitava che molto materiale fuoriuscisse dal vagone e noi eravamo costretti poi a raccogliere il tutto, tra il fumo. Così come al termine della produzione, tutti i residui venivano raccolti da noi addetti alle materie prime. Ed in questo caso si respirava la quantità maggiore delle varie componenti disperse anche nell’aria». «Una volta mi sono sentito male – racconta ancora il signor Apicella – ma non so certamente se fosse collegato a ciò che respiravo. Di sicuro quel talco e la barbottina non avevano un buon odore». Alcune persone decedute per malattie tumorali provenivano proprio da quel reparto dell’Ideal Standard ed anche il signor Vincenzo non nasconde i suoi problemi e la sua malattia. «Era un reparto esposto, tant’è – dice – che venivamo visitati ogni sei mesi». Ma naturalmente, più che la visita medica, il problema principale era ciò che maneggiavano ogni giorno. Sostanze che oggi sono al vaglio di esperti ed anche al centro di procedimenti penali che riguardano alcuni stabilimenti viterbesi. Ma il rimpianto più grosso del signor Apicella è quello di aver visto “la sua fabbrica” strappata dalle mani e chiusa. «Non dovevamo consentire tutto questo. Sei mesi prima ci avevano avvisati che la proprietà avrebbe chiuso lo stabilimento e noi non ci siamo opposti abbastanza». Era il 10 luglio 1998, quando in bacheca apparve l’annuncio: «Da allora doveva partire la nostra azione forte. Ed invece ci siamo piegati e siamo stati mandati via».